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Tor Sapienza e dispositivi mediali: chi soffia sul fuoco?

Si parla di rigurgito, in fondo, perchè è chiaro che cinquanta persone non sono un numero passibile di poter rappresentare decine di migliaia di persone di un quartiere.
Nella vicenda, la seconda della stessa portata in due giorni nello stesso angolo di città, alcuni caratteri che possono stimolare un primo abbozzo di riflessione sul fenomeno si possono cogliere.
Colpisce, in primo luogo, la morbosa dedizione giornalistica alle ragioni della protesta: con tanto di dichiarazioni, di prese di parola virgolettate dei protagonisti; sarebbero cittadini “normali”, ma “forse appartenenti a gruppi organizzati”.. un mix un po’ contraddittorio..

 

Dunque gli episodi di rabbia e le forme di contestazione e aggressione ai centri di accoglienza sono, per il mainstream, ampiamente giustificabili: “si è ormai giunti all’esasperazione, il limite è ormai colmo..”, e la giustificazione non sta tanto nel fatto che la povertà e lo smantellamento dei servizi riducono le speranze di tutti (su questo aspetto nessun accenno:esiste solo lo ‘scontro’ orizzontale, non una questione di differenze tra ceti nella retorica degli articoli giornalistici e dei servizi del piccolo schermo di oggi), ma tutto è fatto incanalare nell’aumento di sensazione di insicurezza portato dal “fattore esterno”, le comunità migranti che aumentano nel territorio..
Passiamo dunque a un secondo aspetto (non secondario) che occorre sottolineare: la modalità di giustificazione delle pratiche per mezzo stampa.

 

Da tempo si é abituati al fatto che una manifestazione di contestazione annunciata, con rivendicazioni politiche precise e tangibili che propongono un obbiettivo definito, incontra spesso argini della controparte volti a dissuadere ad una partecipazione sia in termini fisici che emotivi, spesso incentrati sulla retorica del “pericolo violenza e devastazione”. Lo si vede chiaramente sfogliando il Messaggero quando parla delle mobilitazioni che caratterizzeranno il 14N romano: “pericolo guerriglia” “si preparano” e immagini non riconducibili ad alcuna rivendicazione politica si susseguono a preparare un determinato climax..

 

Quel che si è visto invece delle narrazioni di ieri è la constatazione quasi amichevole con la quale si è narrato dell’uso di bombe carta indirizzate a persone recluse contro un centro di accoglienza (sic!).. in questo caso una azione subito accostata non a persone “addestrate”, mitizzate e sbattute in prima pagina, ma a semplici cittadini stufi, aggiunge il mainstream a mò di coda di paglia, forse pure a soggetti provenienti da gruppi organizzati (dai chiari connotati politici eppure non esplicitati).. 

 

Ora, è chiaro e palese che raccontare in un certo modo una storia ingenera a volte una maggiore simpatia verso chi la sta agendo, in questo caso contro la presenza dei migranti nelle periferie.. è altrettanto palese che far correre determinate pratiche di intolleranza rappresentano uno stimolo per chi le compie a poterle ripetere con maggiore convinzione..

 

Da qui la domanda (retorica): chi soffia sul fuoco di una nuova ondata di rigurgito razzista nella capitale? Pare veramente difficile credere di fatto che tutti i giornali misconoscano che nella zona operino da tempo militanti di Forza Nuova, seppure questi non tendano a pubblicizzarsi più di tanto

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