Lavoratori, studenti, disoccupati, migranti, occupanti di case: tutti insieme, oggi, si sono dati appuntamento in zona Garbatella per incolonnarsi in un corteo che ha velocemente superato le tremila persone. Obbiettivo dichiarato: portare l’assedio alla Regione Lazio; un’istituzione che, oltre a controllare (cioè a ignorare) a livello locale un pezzo fondamentale delle politiche inerenti il diritto allo studio e all’abitare, risulta colpevole di applicare sul territorio, senza mediazione alcuna, i diktat neoliberisti dell’austerità, forieri di privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico e devastazione ambientale.
Il corteo, erede della composizione sociale già padrona delle strade di Roma il 19 ottobre e le giornate dell’ormai celebre acampada di Porta Pia, si è aperto con un grande striscione recante, come è ormai abitudine degli ultimi mesi, la parola d’ordine: una sola grande opera, casa e reddito per tutt*.
Un corteo gioioso e determinato al tempo stesso, incurante del massiccio schieramento di blindati e celerini intervenuto con l’evidente intenzione di intimorire i partecipanti. Un malcelato tentativo – l’ennesimo – di contrabbandare come un problema di ordine pubblico ciò che in realtà scende in piazza per porre un’eludibile questione sociale: noi la crisi non la paghiamo, scandivano in coro i manifestanti, aggiungendo, anzi, lo slogan ci riprendiamo tutto ,come per indicare nella pratica della riappropriazione diretta l’unica risposta concreta alle politiche della fame che, come un cancro, stanno divorando pezzi sempre più estesi di classi sociali e nazioni (non solo) europee.
Arrivato sotto il palazzo della Regione, il corteo, con la sua magnifica consistenza, pretendeva di incontrare gli esponenti della Giunta; una richiesta esaudita nel giro di breve tempo proprio in virtù dei numeri portati ancora una volta in piazza. Mentre la delegazione formata sul momento iniziava a entrare, ecco che le forzedell’ordine dimostravano, insieme alla loro scarsa preparazione, anche il nervosismo da cui sono attanagliate. Come per togliersi qualche spina nel fianco, infatti, diversi celerini hanno cercato di colpire a tradimento compagni e compagne: un tentativo respinto con fermezza e restituito al mittente, cioè a chi non ha ancora capito che cosa significa avere a che fare con una forza popolare autorganizzata, del tutto indifferente cioè alle mediazioni al ribasso avanzate dai vecchi partiti o dai sindacati di regime.
Entrata nella sala destinata all’incontro, presenti tra gli altri l’assessore Fabio Refrigeri, il consigliere Gianluca Quadrana e Maurizio Venafro dell’Ufficio di Gabinetto del presidente Zingaretti, la delegazione provvedeva a battere i pugni sul tavolo: «Si scordi Zingaretti – è stato detto chiaro e tondo riferendosi a quanto meschinamente tentato dal presidente della regione con la recente occupazione dello studentato di via de Lollis – di riprovare a dire a degli occupanti: “prima uscite, poi trattiamo”; qui a dettare le condizioni è l’emergenza sociale, non certo una politica sempre più lontana dai bisogni e asservita ai poteri forti”».
È stato l’inizio di un incontro durato oltre due ore, al termine del quale la delegazione poteva tornare in piazza per restituire a tutti i manifestanti gli impegni presi dalla controparte, a partire, per il mese di dicembre, da un incontro con lo stesso Zingaretti, al culmine di un percorso che vedrà l’approvazione di una delibera dedicata proprio all’emergenza abitativa, che ha tra i suoi contenuti forti l’idea di azzerare il consumo di suolo per privilegiare il recupero del patrimonio pubblico: anche le privatizzazioni, da questo punto di vista, saranno allo stato delle cose bloccate… altrimenti occupiamo tutto! occupiamo tutto! È quello che è stato gridato in piazza.
E a differenza di quanto fanno i politicanti di professione, i militanti dei movimenti mantengono sempre le loro promesse.