Allarmismi sguaiati e goffi tentativi di recupero
Sul clima di guerra imposto a Torino un commento del centro sociale askatasuna e del csa murazzi
A leggere le cronache dei giornali cittadini e le dichiarazioni del Questore Messina sembrerebbe che la nostra città si sia improvvisamente trasformata in una sorta di Kabul sotto le Alpi, con tanto di scorta armata per una sindaca che aveva aperto il suo mandato promettendo di mettere le periferie al centro, ridottasi invece a rincorrere Salvini e la polizia che militarizza per giorni un quartiere che avrebbe bisogno di ben altro.
Il linguaggio utilizzato dal Questore e le immagini che esso evoca, del resto, non lasciano molto all’immaginazione: si giustifica il dispiegamento abnorme di uomini in assetto da guerra con la necessità, si dice, di sventare “un assedio in stile Fort Alamo” e ci si vanta di aver fatto molti “prigionieri” sul campo. Le undici persone fermate nella serata di sabato (e successivamente rilasciate a riprova dell’inconsistenza delle fantasie questurine) vengono usate come ostaggi dei deliri guerreschi di via grattoni, con, tra le altre, la pesantissima accusa di devastazione e saccheggio usata à mo di cauzione giuridica del tutto.
La cornice interpretativa è ancora una volta quella di “terrorismo”, obbrobrio linguistico-giuridico che da dopo l’11 settembre si è imposto come categoria passepartout per mettere sullo stesso piano pratiche eterogenee e di entità incommensurabile al fine di esorcizzare il conflitto sociale. Perché è proprio questo convitato di pietra ad essere chiamato in causa quanto più lo si vuole esorcizzare, camuffare, criminalizzare.
Questura e amministrazione cittadine sono rimaste evidentemente un tantino interdette dalla significativa risposta messa in campo dal corteo di sabato. Pensavano di isolare e spaventare e si sono trovati di fronte una piazza composita nelle appartenenze, ben lontana dalle rappresentazioni lugubri sbattute in prima pagina dai media. Certo, era una piazza incazzata, a dimostrazione che gli spazi sociali occupati sono una realtà della quale una minoranza significativa di questa città, che non si accontenta dei lenitivi del consumo omologante, non è disposta a fare a meno.
Al netto della terminologia militare usata da un questore che sembra uscito da un film poliziottesco anni ‘70 e della prosopopea di giornalisti in cerca di emozioni forti, questo è il dato comune di sabato. È stata esercitata una forza e una forza contraria è stata messa in campo. Sarebbe stato sorprendente il contrario.
Il Questore, poi, si stupisce – e si indispettisce – della variegata solidarietà giunta da soggetti e realtà differenti all’Asilo sgomberato. È proprio su questa composizione variegata che occorre invece, crediamo, concentrare l’attenzione. Il gioco orchestrato dalla Questura e coadiuvato in questo da un giornalismo sempre più scandalistico ed ebete, mira costruire un nemico interno mostrizzato senza comune misura con la realtà effettiva. Si evoca insomma il classico babau, con la speranza ben riposta di chiudere una partita scomoda. Evocazione dietro cui si nasconde il ceto politico di piazza Palazzo di Città che cerca così, maldestramente, di mascherare la propria subalternità ai deliri del Ministro degli Interni con improbabili distinguo tra “centri sociali buoni” e “centri sociali cattivi”. Offerta da respingere al mittente, ognuno coi propri modi, perché la scelta non è tra “terrorismo” o “opera pia”. Questi sappiamo bene essere i classici termini che ciclicamente qualcuno decide di accollare agli spazi sociali, e non da ieri, per spaventare o imbonire secondo le necessità delle circostanze. Sono termini che ci interessano poco perché in 30 anni di lotte abbiamo imparato a prendere parola in questa città forgiando una nostra grammatica e una nostra sintassi. Qualcosa di ben più ricco dei significanti vuoti che risuonano nelle aule consiliari, si inseguono nelle carte dei tribunali o animano le pagine del giornalismo sensazionalista.
Solidarietà agli arrestati, ai fermati e ai feriti!
centro sociale askatasuna – csa murazzi
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