Ancora lei, la delibera Ferrero
Se dal 3 agosto scorso Caterina Ferrero, ex assessore regionale alla Sanità agli arresti domiciliari da poco più di un mese a seguito dell’accusa di turbativa d’asta, il cosiddetto scandalo dei pannoloni, valore 50 milioni di euro, ha dunque potuto fare i primi passi oltre il giardino della villa di Leinì in cui era confinata,ci siamo domandate quali passi abbia compiuto e, soprattutto, stia per compiere la sua “creatura”, vale a dire la delibera con la quale si consente l’ingresso nei consultori pubblici piemontesi ai cattolici integralisti, antiabortisti, del Movimento per la Vita.
Abbiamo quindi partecipato, sabato 24 settembre, all’assemblea indetta dalla Casa delle Donne di Torino presso l’istituto tecnico industriale Avogadro, con l’obiettivo di aggiornare in merito allo stato di attuazione della delibera, proporre nuove possibili iniziative di informazione e mobilitazione e, infine, ragionare insieme sul significato politico più generale sotteso non solo alla pronuncia del TAR, ma anche alle fulminee contromisure di Roberto Cota e del nuovo assessore, Paolo Monferino, ingegnere meccanico, uomo Fiat dal 1973, guarda caso novarese come il presidente Cota.
Gli interventi susseguitisi nel corso dell’incontro hanno ripercorso l’iter di approvazione del testo e, in particolare, chiarito bene i termini della sentenza pubblicata il 15 luglio scorso, che, con ampia motivazione, annullava il Protocollo della Giunta nella parte in cui prevedeva la possibilità di ammettere alle convenzioni con le ASL unicamente le associazioni che possiedono nel proprio statuto il requisito della “difesa della vita fin dal concepimento”.
In quattro giorni, il 19 luglio, con un fine settimana di mezzo!, la Giunta Regionale ha licenziato un nuovo testo in cui la parte bocciata dal TAR relativa ai requisiti soggettivi delle associazioni, presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento e di attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato, veniva modificata, anzi integrata, con la frase presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento e/o di attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato: in assenza del presente requisito soggettivo, è sufficiente il possesso di un’esperienza almeno biennale nell’ambito del sostegno alle donne ed alla famiglia.
Evidentemente una presa in giro.
Le avvocate della Casa delle Donne hanno infatti annunciato un nuovo ricorso, entro il termine di fine ottobre, ritenendo che la modifica non accolga assolutamente le eccezioni del TAR, pur se, è stato spesso sottolineato nei diversi interventi, in un clima davvero difficile: se il potere politico è ormai concentrato sull’obiettivo di controllare le donne, a seguire il passaggio ulteriore è quello dello svuotamento e della demolizione progressivi della sanità pubblica, proprio a partire dai consultori.
Neanche tanto implicito è, di fatto, il giudizio morale sulle donne che scelgono di interrompere la gravidanza e, di pari passo, il continuo e inaccettabile svilimento dell’attività delle operatrici e degli operatori dei consultori, costantemente screditati sia per quanto riguarda competenza e professionalità sia per quanto attiene presunti orientamenti ideologici pro aborto.
Come emerso più volte nel corso dell’assemblea, questo è un momento cruciale e l’attenzione da parte delle donne deve essere massima, dal momento che non si tratta di un muro contro muro tra femministe e Movimento per la Vita o tra legge 194 e Delibera Ferrero: il contesto in cui ci troviamo a doverci muovere e che vorremmo trasformare radicalmente è esattamente ed efficacemente fotografato da Cota nella frase- beffa di ritocco al testo bocciato dal TAR, vale a dire quello per cui esiste un’inscindibilità sociale, culturale e politica tra donna e famiglia.
Parta pure il ricorso, si continui a interrogare e a incalzare Monferino, che, a suo dire, nulla sa e nulla ha pronto riguardo l’attuazione della Delibera, incredibile, vero?, si pratichino in tutto il Piemonte iniziative di lotta e soprattutto informazione, si verifichi lo stato di compimento dei registri delle associazioni, primo necessario passaggio per rendere concreto l’ingresso degli attivisti antiabortisti nei consultori, ma non si perda mai di vista l’ordine simbolico di riferimento: se tutto questo è stato possibile, se è diventato arduo spiegare che cos’è l’autodeterminazione, che cosa vuol dire avere il diritto di scegliere se e quando diventare madre, che importanza hanno i consultori come presidio di salute delle donne sul territorio…è perché il binomio donna/ famiglia, che è poi un altro modo per dire che una donna può essere solo madre, naturalmente in una famiglia fondata sul matrimonio, tenta di cancellarela donna e il suo voler essere, testardamente, anche altro, per esempio non una madre.
O una lavoratrice precaria. O Welfare domestico.
Lo ripetiamo, Cota nel suo accanimento e il Movimento per la Vita con i suoi terribili manifesti di embrioni parlanti rappresentano solo una delle forme in cui si concretizza l’offensiva contro le donne, la più grave e intensa dell’ultimo decennio: non è in gioco solo il diritto ad un aborto sicuro, gratuito, assistito – diritto peraltro corroso su tutto il territorio nazionale, dal Lazio al Veneto passando per le regioni rosse del centro Italia – oggi abbiamo di fronte il tentativo di cancellare letteralmente le donne dalla realtà.
Siamo sicure che Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, e Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, condividano questo sogno: domarci.
Svegliamoli!
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