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Bergamo in lotta contro grandi opere inutili e sfratti

 

TAV E BREBEMI #0: La governance opaca dei territori

Con questo primo contributo prende avvio l’inchiesta sulla nuova autostrada BreBeMi, in fase di realizzazione, e la tratta ferroviaria ad alta velocità tra Treviglio e Brescia. Ogni domenica alle ore 20, per due mesi, BgReport pubblicherà una nuova puntata dell’inchiesta, nel tentativo di colmare il vuoto d’informazione che avvolge la realizzazione delle due infrastrutture. Mentre si moltiplicano proclami e dichiarazioni d’intenti di amministrazioni locali e regionali e le voci entusiastiche dei mezzi d’informazione, gran poco si è detto circa gli attori politici ed economici in gioco e gli interessi che si affollano intorno ai due progetti. Non è forse il momento di affrontare l’argomento?

La tratta ferroviaria al alta velocità tra Treviglio e Brescia è ormai ai nastri di partenza. Già dalla scorsa primavera si susseguono gli annunci a mezzo stampa dell’imminente apertura dei tre cantieri logistici di Caravaggio, Calcio e Fara Olivana, anche se ad oggi nulla sembra muoversi. E’ notizia delle ultime settimane l’avvio dell’iter burocratico per l’apertura del cantiere di via Brignano a Caravaggio. Sarà un cantiere di proporzioni importanti, circa 26.000 metri quadri, degno di un’opera che definire impattante è un eufemismo. A maggior ragione perché la nuova linea ferroviaria dovrebbe correre parallela all’autostrada BreBeMi, anch’essa in fase di realizzazione.

Stiamo parlando di migliaia di metri quadrati di terreno agricolo divorati dal cemento, espropriati o ancora da espropriare. Stiamo parlando di un territorio dove la mobilità è divenuta da tempo insostenibile e i livelli di inquinamento dell’aria sono tra i più alti del pianeta. E’ il profondo nord, la Pianura Padana: chilometri e chilometri di coltivazioni intensive e capannoni industriali. Ma è anche un territorio che conta alcune centinaia di migliaia di abitanti e che per tanto pone alcune legittime preoccupazioni circa la sostenibilità delle trasformazioni urbanistiche e produttive che lo investiranno.

La questione non si limita infatti all’impatto del serpente di cemento in sé e per sé. Il grosso interrogativo concerne invece gli effetti secondari delle nuove infrastrutture: l’espansione del settore logistico e le sue ricadute in termini di mobilità pesante e consumo di suolo, ma anche per il temuto proliferare di nuovi capannoni lungo il tracciato dell’autostrada e in prossimità dei comuni in posizione strategica. Vi è poi una questione specifica relativa alla città di Treviglio. Entrambe le opere garantiranno una nuova centralità al comune in questione, riducendone in maniera decisiva la distanza da Milano e accrescendo così appetibilità e appetiti immobiliari.

Quale sarà l’impatto territoriale dell’inevitabile processo d’ulteriore espansione urbana? Come saranno governate queste trasformazioni? Non vi è dubbio sull’opportunità di crescita economica che i due progetti rappresentano, ma quali ricadute avrà questa opportunità sulle condizioni di vita delle persone che abitano il territorio? Le amministrazioni leghiste dei comuni interessati sbandierano gli effetti positivi che le opere secondarie dovrebbero produrre sulla mobilità; latita però un dibattito sul futuro del territorio, in grado di restituire centralità al tema dell’abitare, a cui i processi economici e le esigenze produttive dovrebbero sempre essere subordinati.

Il grande assente in questa partita è la popolazione, che, fino ad ora, non sembra avere avuto alcuna voce in capitolo. Quanto è compatibile questo modello di governo del territorio con le regole della democrazia? Nel ricostruire la complicata mappatura degli attori pubblici e privati coinvolti nella realizzazione di BreBeMi e alta velocità emerge chiaramente lo spostamento dei luoghi decisionali. Come se le istituzioni deputate all’assunzione di decisioni di interesse pubblico avessero perso centralità, in favore di un modello di governance “opaca” in cui il bene comune appare subordinato alle esigenze del mercato e alla capacità d’iniziativa dei suoi attori privati.

Rimandando ad un prossimo futuro l’analisi delle implicazioni che queste due grandi opere produrranno sul tessuto sociale ed economico del territorio, l’inchiesta che prende avvio da questo primo contributo si pone due iniziali obiettivi. Il primo obiettivo è quello di ricostruire la mappatura degli interessi in gioco, con particolare attenzione alle convergenze di interessi politici ed economici che si addensano attorno ai progetti della BreBemi e dell’alta velocità. Il secondo, invece, riguarda i meccanismi attraverso cui questo modello di governance “opaca” si configura, ovvero che tipo di gestione della cosa pubblica (e soprattutto del denaro pubblico) esso esprime.

Chi sono gli attori economici coinvolti nella realizzazione di TAV e BreBeMi? Quali forze politiche sostengono le due opere? A chi conviene la loro realizzazione? Fornire una risposta a queste domande significa fare un’operazione di trasparenza, ovvero di democrazia. Ecco l’obiettivo dell’inchiesta. La tratta ad alta velocità tra Treviglio e Brescia è collocata sull’asse tra Lisbona e Kiev, lo stesso che dovrebbe attraversare la Val di Susa. Le comunità della valle parlano oggi al paese di una volontà insopprimibile di auto-determinazione; questa inchiesta cammina lungo lo stesso percorso. E’ un invito a farsi carico del proprio territorio e, in se, un atto costituente. Ne va del futuro di tutti e tutte.

 

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Rita resiste, eseguire uno sfratto a volte è complicato

Questa mattina a Palosco oltre 60 persone si sono trovate a casa di Rita. Il 3 novembre era la data che Rita aspettava con angoscia, perché l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto eseguire lo sfratto dopo il rinvio conquistato il 26 settembre. Rita è sola, negli ultimi anni ha perso il lavoro e non si è potuta permettere di pagare l’affitto della casa comunale dove abita da anni. Il proprietario dell’edificio è il comune di Palosco, che non solo non ha dato nessun aiuto a Rita, ma ha proceduto con celerità per buttarla in mezzo ad una strada. Nel frattempo Rita ha trovato un lavoro che le fornisce un misero reddito, ma tra una vicessitudine e l’altra è riuscita a pagare tutto il debito che aveva nei confronti del comune. Rita non deve nemmeno un euro al comune, ma il sindaco si rifiuta di incontrarla e dice di essere determinato nel volerla sfrattare. Il sindaco però non dice che nello stabile di via Aldo Moro 3 sono ben sette gli appartamenti vuoti da anni, che il comune non assegna alle famiglie che ne hanno bisogno e che produrrebbero entrate per le casse del Comune.

Ma questa mattina 60 persone hanno dimostrato di essere più determinate del sindaco. Sfrattare Rita sarebbe stata un’ingiustizia troppo grossa da tollerare e allora nulla ha potuto l’ufficiale giudiziario di fronte a tanta solidarietà. L’unica strada possibile è stata rinviare per l’ennesima volta lo sfratto al 14 novembre. Nel frattempo è stata inoltrata all’autorità giudiziaria la richiesta di una sospensione dello sfratto, perché la morosità è stata sanata.

Leggi sulla notizia anche il comunicato di An Paga Mia

 

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