Boycott H&M nel segno della lotta e della solidarietà
La decisione di colpire l’immagine di H&M è giunta dopo che dalla nuova giornata di lotta del 25 agosto – con conseguente blocco di 15 ore del magazzino Stradella, dove la tensione è stata altissima con camionisti e crumiri organizzati dal padrone, e sciopero nei magazzini di Settala e Piacenza – si era usciti con un incontro a livello nazionale con l’intermediario XPO, che si terrà martedì, mentre il colosso svedese si sfilava dal tavolo di trattativa.
Ma con le azioni messe in campo diventa sicuramente un pochino più complicato per H&M non riconoscere le sue responsabilità da committente. Davanti ai negozi H&M sono state infatti raccontate ai clienti le condizioni di lavoro massacranti che si vivono nei magazzini e i ricatti e le minacce che vengono fatte a chi alza la testa.
H&M, come tutte le multinazionali, prova ad associare il suo marchio a valori positivi come l’offerta di posti di lavoro per i giovani, il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori per offrire un prodotto a buon mercato per tutti e per tutte, ma è stato reso chiaro che si tratta solo di una maschera dietro alla quale si cela solamente la volontà di fare profitti a tutti i costi, senza garantire diritti e dignità ai propri dipendenti.
Se H&M impiega minori profughi siriani in Turchia nei suoi campi di cotone, se ingnora le misure di sicurezza nei suoi stabilimenti in Bangladesh, non si vede perché dovrebbe applicare le le condizioni contrattuali e riconoscere i diritti dei lavoratori in Italia.
Anche in questo caso emerge come il ricorso al sistema cooperativo da parte di queste aziende si presti, tramite un sistema di scatole cinesi, a far sparire i diritti dei lavoratori e affermare i profitti delle committenti sganciati da qualsiasi forma di contrattazione.
Coi vecchi sindacati in pensione e collusi con le aziende, non resta che lottare duramente per conquistare nuovi diritti e nuovi rapporti di forza che solo l’unità degli operai e la radicalità delle pratiche, come blocchi e picchetti, possono consolidare andando a bloccare la produzione e intaccare i profitti.
Per questo crumiri e forze di polizia sono sempre all’erta, ma sta anche a noi costruire territori resistenti dove studenti medi, universitari, occupanti di case, lavoratori di altre aziende, centri sociali e comitati di lotta compongano un fronte di lotta in grado di rompere l’isolamento e portare a casa risultati.
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