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Brucia il CPA di Lampedusa

Non è lontano il 29 agosto in cui una fuga dal “centro lager” verso il paese e il molo, e il successivo rientro con scontri e sassaiole in direzione delle forze dell’ordine avevano risposto ai respingimenti che dall’isola partivano verso la Tunisia. Ancora una volta la scintilla che innesca la miccia sono proprio le notizie riguardo i respingimenti: i rinnovati accordi tra Maroni e il governo tunisino che hanno portato a cento il numero massimo di respingimenti quotidiani, e i loro effetti immediati resi evidenti ai migranti rimasti rinchiusi nell’Alcatraz del Mediterraneo dalle telefonate di quelli espulsi in due aerei lunedì scorso.

Anche stavolta la risposta dei migranti è stata quella che la rivoluzione tunisina ha insegnato loro a dare nei confronti di soprusi ed ingiustizie: la rivolta.

Così, nel pomeriggio, la miccia che era stata innescata ha dato vita ad un enorme incendio, reso indomabile dal vento forte, che partendo dai materassi ha distrutto due dei padiglioni della struttura di contrada Imbriacola.

I migranti si sono quindi diretti verso il centro abitato dell’isola chiedendo di essere trasferiti sulla terra ferma e mettendo in chiaro la loro indisponibilità ad essere privati della possibilità di muoversi nel mondo e tra i confini.

Inutili i commenti sulle dichiarazioni del sindaco De Rubeis, noto per le sue esternazioni razziste e per la sua propensione ad essere smentito di continuo dalle parole e dai comportamenti dei suoi concittadini isolani: se lui parla di navi da guerra e respingimenti l’isola vuole che i migranti possano continuare il loro viaggio e detesta, come loro, quel lager che li inchioda lì.

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