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Camusso, prove di unità per la Cgil. Per un No politico della Fiom

Questa è la linea della Cgil targata Camusso: a piccoli passi indolori la Cgil è tornata all’interno dell’unità sindacale per “governare” unitariamente le relazioni industriali concedendo il pressochè totale svuotamento dei contratti nazionali. Pur di non starne fuori, ha inoltre barattato la rappresentatività sostanziale all’ interno dei posti di lavoro, consapevole che in molti di questi non ha la maggioranza. Evidentemente, all’interno della segreteria nazionale, i conti se li sono eccome: gestione dei contratti nel privato, gestione dei contratti nel pubblico, e infine la parte dei “servizi”, quella più redditizia coi caaf, disoccupazioni, ecc. ecc. Dunque, fa scuola il “servizievole” Bonanni…

Eppure per un attimo qualcuno ha anche pensato che la Cgil, con la spinta della Fiom  e oggi sull’onda dei referendum, potesse essere quel soggetto, a sinistra, per rilanciare se non una stagione di lotte almeno per cambiare un po’ di cose nel paese Italia. Invece non c’è stata questa capacità o meglio non c’è mai stata la volontà di andare in quella direzione, nonostante segnali ce ne siano stati, vedi appunto il risultato delle amministrative ma soprattutto quello dei referendum, nei quali dopo anni la gente comune ha dichiarato apertamente che di questa situazione sociale non ne può più. Ma invece del “vento” si è scelto la reazione per rientrare nelle logiche di governo.

Firmare un accordo del genere vuol dire tralaltro vanificare tutte quelle lotte interne al gruppo Fiat, vuole essere un modo “elegante” per mettere al muro la Fiom e tornare a camminare a braccetto con cisl, uil e confindustria.

E’ quindi opportuna e doverosa l’opposizione interna della Fiom, perché in questa fase sociale è necessario e logico dire no, un no che non è il solito no, scusate il gioco di parole, per essere quelli che sono sempre contro, ma un NO politico e sociale contro chi usa il proprio potere per toglierci giorno dopo giorno i nostri diritti, l’ultimo esempio lo abbiamo avuto in Val Susa.

E’ opportuno che l’opposizione della Fiom non sia la sola, bisogna che ci sia una forte presa di posizione da parte dei lavoratori a partire dagli iscritti stessi di ogni categoria, per dire che non è più possibile scendere a compromessi con una classe sindacale-politica che non ha più il senso dello stato sociale di questo paese, interessata solo ai propri interessi e a far carriera.

Ma è opportuno che la Fiom non si autoconfini all’ambito “sindacale” stretto. Da Pomigliano all’Onda, dalle contestazioni a Bonanni all’attivizzazione sui beni comuni arrivando ai referendum e alla Val Susa: da lì bisogna ripartire.

La brezza della “primavera italiana” si è levata anche perché non sono più accettabili dichiarazioni e metodi che portano a uno “scioperetto” come quello del 6 maggio. Ma soprattutto non ci si deve ora far trovare impreparati nel momento in cui ci presenteranno la famosa manovra per sanare i debiti di questo paese, debiti che di certo non abbiamo creato noi. Per questo, anche ripartendo dal NoTav, in campo è la difesa della nostra dignità e dei nostri diritti, attraverso l’unico metodo che conosciamo: la lotta.

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