Costruire l’altra Ostia è possibile
Il titolo è la miglior sintesi che trovo alla splendida mobilitazione del 25 Febbraio. A Dicembre avevamo immaginato il corteo come momento ricompositivo territoriale, dopo il 15 Ottobre e l’inizio della fase tecnocratica post-berlusconiana della governance.
Volevamo che diverse soggettività e soprattutto gli individui, s’incontrassero in una giornata contro la crisi e per la difesa dei Beni Comuni. I cassaintegrati Alitalia, gli studenti, i lavoratori della sanità, il mondo della cultura, i movimenti per il diritto all’abitare, le tante forme di precariato, i disoccupati e le associazioni. Volevamo Trasformare la paura in speranza.
Il risultato è stato parzialmente ottenuto. Non nascondiamo i limiti e le contraddizioni che abbiamo vissuto lungo il percorso “periferia che viene”. Diversi fattori non hanno permesso di centrare tutti gli obbiettivi fissati. Analizzare questa sperimentazione ci darà gli spunti per nuove traiettorie. Rimane comunque il dato di un corteo contro la crisi molto partecipato. Sicuramente più delle aspettative e non solo come conseguenza di una vile aggressione.
La gente ha voglia di partecipazione. La dimostrazione lampante è l’eccedenza della Val Di Susa, oscurata dai media nazionali. Ha bisogno di luoghi dove trovare le risposte materiali alla crisi. Non può bastare un corteo, ma il silenzio molte volte è peggiore dell’assenza di movimento. Il movimento è vita. La staticità è paura. Nella valle si respira vita e nemmeno con tutto il cs del mondo potranno coprire quell’odore.
La periferia che viene è modellabile. Il salto di qualità che dobbiamo avere è la capacità di costruire esperienze autorganizzate radicate che sappiano confrontarsi con il territorio. Se il valore è anche un prodotto della relazione e non solo un prodotto del capitale, dobbiamo assolutamente costruire degli spazi comuni di ragionamento e di pratica. Una palestra come un collettivo di genere, un teatro come un occupazione abitativa. Non una ma molte soggettività. Dobbiamo trasformare in pratica lo slogan “noi la crisi non la paghiamo”. Strappare la libertà che ci stanno togliendo.
Costruire un altra città è possibile. Sarà la moltitudine a determinarlo in senso pieno e non certo un singolo collettivo di periferia. Il nostro compito è dare dei segnali, senza l’arroganza di avere la soluzione in tasca. Non dobbiamo essere portatori di verità dogmatiche, ma piuttosto interrogarci e condividere i nostri punti di domanda. Un problema globale ha bisogno di risposte globali. Agire nei territori rimane elemento fondamentale.
Adesso con tanta pazienza bisogna rimettersi in marcia. Un abbraccio forte va ai 17 fermati e denunciati dopo l’aggressione di Casapound. Essere trattenuti in caserma per 15 ore, accusati di rissa, è veramente duro da sopportare. Le centinaia di telefonate, i tantissimi comunicati e l’affetto degli amici e dei compagni sono stati la miglior risposta che si poteva ricevere. Avevamo bisogno d’amore e il 25 Febbraio una comunità si è ritrovata. Se sapremo far crescere quell’energia, la periferia che viene non sarà lasciata in mano all’arroganza dei potenti.
C. del collettivo l’officina di Ostia (città/quartiere/periferia di Roma)
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