Israele, prove generali per un Rinascimento israeliano
da Tel Aviv – scritto per Peace Reporter da Fiammetta Martegani
Tutto é cominciato il 14 luglio scorso. Come la presa della Bastiglia. “Qui sta scoppiando la rivoluzione”, mi ha urlato al telefono Daniela, che vive in una traversa di Rotchild Boulevard, nel cuore di Tel Aviv, ma fortunatamente non ha da pagare un affitto.
Giovane specializzanda in chirurgia interna, Daniela Garelick viene pagata ventitre Shekel (moneta d’Israele), meno dell’equivalente di cinque Euro all’ora, mentre a Tel Aviv gli affitti hanno ormai raggiunto il livello di Londra e New York. Accade così che, in un caldo giovedì di metà luglio, un gruppo di “studenti-lavoratori” (ovvero tutte le ragazze e i ragazzi israeliani, che, terminati rispettivamente i due e tre anni di servizio militare obbligatorio, pur di uscire di casa e si mantengono da soli fin dal primo giorno di università) ha deciso non soltanto di scendere in piazza, ma di accamparcisi, nel vero senso della parola.
All’inizio si trattava solo di quache decina di tende, improvvisate ed impiantate in qualche modo nel terreno dei viali alberati di Rotchild Boulevard, una delle vie più centrali e più care non soltanto di Tel Aviv ma di tutta Israele.
Nessuno avrebbe mai scommesso, viste anche le avverse condizioni climatiche che raggiungono i 30 gradi all’ombra, che gli accampati potessero resistere sino alla fine del weekend. Invece a distanza di un mese, oltre ad aver aperto delle “succursali” in Ben Gurion e Nordau Street, il “movimento delle tende” ha superato i confini della Città Bianca, con piccoli accampamenti dispersi per tutto il Paese, dalla Galilea al Negev, dalla grande Gerusalemme a piccoli centri abitati. Una protesta nata inizialmente in risposta al continuo aumento degli affitti, la cui portata culturale e politica oggi è di ben più ampio respiro.
Da quattro sabati, infatti, un gruppo sempre più numeroso e traversale, sia dal punto di vista generazionale che di orientamento politico, si dà appunatmento attorno alle 21, alla fine di Shabbat (festività ebraica del sabato), di fronte all’HaBima, il Teatro dell’Opera, dove tutto ha avuto inizio, per raggiungere attraverso un lungo corteo le sedi dell’ufficio, in Kaplan street, del primo ministro Benjamin “Bibi” Netanyahu.
Sabato scorso è stato addirittura impossibile raggiungerle, perchè l’affluenza alla manifestazione ha superato le 300mila persone, che in un Paese di sette milioni di abitanti non sono affatto poche, soprattutto considerando che, in modo così numeroso, non scendevano in piazza dal 1995, ovvero dai tempi dell’assassinio di Rabin, quando si manifestava in nome di una parola, shalom, “pace”, che negli ultimi anni sembra essere completamente scomparsa dall’agenda politica israeliana.
Haam doresh tzedek chevrati: “il popolo chiede giustizia sociale”! Questo è il motto con cui il popolo israeliano, fortemente diviso al suo interno da anni, sta finalmente ritrovando una ragione per cui combattere. Contro un nemico che, per la prima volta, è il suo stesso Stato.
Uno Stato che da troppi anni utilizza i contributi del proprio popolo per finanziare un’occupazione che ogni giorno diventa più costosa, anche in termini di vite umane, a scapito invece di finanziamenti ben più importanti, come quelli alla sanità, per cui Daniela e altri cento suoi colleghi dell’ospedale Tel Hasomer, uno degli ospedali più grandi del Paese, sono arrivati a dover minacciare le dimissioni. Per non parlare del mondo della cultura.
E così il popolo israeliano la cultura ha deciso di farla rinascere autonomamamente, per strada, tra una tenda e l’altra.
In Rotchild Boulevard, infatti, ormai si è costituita una vera e propria Comune di Tel Aviv, una città nella città, con tanto di mensa, asilo e bilblioteca. Ogni giorno sono in programma concerti, cinema all’aperto, lezioni di disegno e di economia, tenute gratuitamente da giovani artisti e professori univeristari: il tutto gestito dal basso in modo completamente autonomo e indipendente.
Dana Keila, attrice di professione e dj per passione, ieri ha organizzato un vero e proprio Cabaret, con tanto di tendone di velluto rosso, per dare spazio a comici e saltinbanchi, cantanti e ballerine.
Motti Brecher, che di giorno fa il barista venendo pagato poco più di tre euro all’ora, e la sera lascia il bancone del bar per coltivare la sua vera passione, ovvero il palcoscenico, in questi giorni ha improvvistao lo spettacolo teatrale Motti e la Rivoluzione, una perfomance che tra satira politica e profonda conoscenza del testo biblico, cerca di rileggere il profondo legame tra il popolo ebraico e la libertà, sia propria che altrui.
Quanto durerà e dove ci porterà il “movimento delle tende” non possiamo ancora saperlo. Certo è che in Israele era ormai da troppi anni necessaria una rinascita, prima ancora che politica, culturale.
Non sappiamo se il popolo degli accampati risucirà a far crollare il governo di Bibi, ma se non di Rivoluzione si tratta, dopo la Primavera Araba, stiamo sicuramente assistendo al Rinascimento Israeliano.
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