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“La dolce vita al tempo del Jobs Act”

 

Salendo sulla strada di felliniana memoria c’è tutta una scalata fatta di sfruttamento ed esclusione. Via Veneto diventa così lo specchio-vetrina della nuova Roma renziana, infiocchettata ad uso e consumo per soli ricchi. Una strada che prova a ricalcare le scene di Marcello Mastroianni in una moderna salsa fatta di neoliberismo e austerity made in UE.

La salita inizia con l’Hamburgeria di Eataly, del signor Oscar Farinetti “partner” economico del governo Renzi, il quale ci spiega chiaramente che solo chi ha soldi può mangiare bene e sano, lasciando presagire invece che tutti gli altri si possono mangiare pure la merda, basta che sia un prodotto “italiano” e soprattutto “bio”. Il programma del governo sano, giovane e bello guidato dal rinascimentale fiorentino e spalleggiato dal patron di Eataly continua con la strampalata proposta di far trasformare il Sud Italia in una nuova Sharme El Shaik del turismo facendo largo alle multinazionali e si propone di cambiare l’articolo 1 della costituzione con la frase “L’Italia è una Repubblica fondata sulla Bellezza”. La “Grande Bellezza” di Farinetti, Oscar di nome e di fatto, da una pennellata di stampo “sorrentiniano” su Via Veneto. Il nuovo che avanza anche qui, simbolo di un decadimento felliniano è sempre Anita Ekberg fatale, famosa in tutto il mondo per il disinvolto bagno nella fontana di Trevi, caduta in disgrazia chiedendo un aiuto economico La “Grande bellezza” è in quei palazzi, negli alberghi di lusso, nelle stanze vuote. La povertà invece è ovunque, basta girare l’angolo della sontuosa strada.

Tra i tanti alberghi che alternano e sfoggiano le 4 o le 5 stelle, si attraversano i tavolini e dehors dello storico bar “Doney” famoso per la “Dolce vita”, ma anche dove si scambiavano le tangenti leghiste e dove avvenivano le conservazioni nella trattativa Stato-Mafia tra Spatuzza e Berlusconi, o del Cafè de Paris “simbolo” della strada delle “notti di Cabiria”, di recente tornato alle cronache per una protesta dei dipendenti che si sono messi in assemblea permanente. E’ qui che tra un prosecco e un’altro si potevano incontrare da Walter Chiari a Gianni Agnelli, da Giulietta Masina a Saragat. E qui che tanti giovani venivano solo per avere la chanche di diventare attore per Cinecittà o apparire sui rotocalchi come Gioia, Gente ed Epoca. E qui come ci ricorda Eugenio Scalfari nel suo libro memoriale: “La sera andavamo in via Veneto” che nasce la Repubblica, e assieme quell’idea liberal di”società civile” che ha fatto egemonia culturale negli ultimi decenni distorcendone il concetto gramsciano e che ora è tra i supporters più accaniti del neo-premier.

Si riesce persino a trovare di fronte la cripta dei cappuccini un negozio ad hoc dedito al “turismo di massa” che soddisfa in pieno un altro lato evidente del nuovo governo, quello “populista” renziano, dove si trovano le cartoline e gadget di Papa Francesco, e persino la nuova rivista “Il mio Papa”, targata Mondadori, consapevoli che per l’ascensione verso il Paradiso ci debba essere sempre una faticosa salita, ma anche da una buona dose di marketing e iconogografia mediatica.

Si sale così ancora fino ad arrivare ai Palazzi del Ministero del Lavoro, non s’intravede ancora l’Ambasciata americana che si trova in cima, ma il palazzo denominato da poco Marco Biagi prende forma su entrambi i lati della strada. E’ da quelle stanze che il ministro Poletti ci ha confezionato e impacchettato il “Job Act” sul modello di sfruttamento delle cooperative emiliane, in perfetta linea con le precedenti leggi Treu-Biagi, ovvero il programma politico del “lavorare gratis, lavorare tutti”.

Il paradigma va provato direttamente sulla pelle dei lavoratori, bisogna armare i padroni, così nello stesso terreno dello sfruttamento come avevsano sperimentato sulle cavie (i facchini) della logistica.

Così il Job act si propone di abbattere la disoccupazione giovanile. Che si appresta a preparare un meeting europeo a Torino a Luglio, dove portare il modello-Italia. E’ così che cercano di “abbattere” uomini e donne nel vero senso della parola. Il “piano casa” diventa uno degli strumenti principali di quel modello di esclusione, partendo dalle residenze per chi occupa degli stabili, per chi rivendica la propria dignità rompendo la legalità prestabilità, l’attacco è violentissimo. L’area della povertà si è allargata e che il Piano casa colpisce in pieno, interdocendoli se occupanti, di accedere alla sanità, all’istruzione, alla sopravvivenza…Prima di salire su Via Veneto raccontava un un signore sessantenne, padre di famiglia con 1000 euro al mese sfrattato e da poco occupante di casa, che nè durante le invasioni barbariche e nel regno degli Ostrogoti e neanchè nei 9 mesi di occupazione nazista avevano tolto l’acqua a Roma, il “piano casa” di Renzi prevede il distacco netto delle utenze per tutte le occupazioni. Lui come tanti altri, giovani, migranti, precari, studenti, occupanti, generosamente aveva intrapreso quella strada in salita, nonostante le cariche e una paura che si rompe e che si trasforma in spinta. Come tanti che rompendo la solitudine, l’individualismo, sono saliti assieme su’ per quella via, per riprendersi e immaginarsi una “Dolce vita” a modo loro, intrisa di sudore, lotta e sacrificio, ma soprattutto fatta di tanta dignità.

Ahmed

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