Lavoratori dei fast food assediano il meeting degli azionisti di McDonald’s
Per due giorni migliaia di lavoratori provenienti da tutto il paese, hanno messo in chiaro che la lotta per un salario di sussistenza a 15 dollari l’ora e per il diritto ad un sindacato non si è fermata. Soprattutto dopo che Steve Easterbrook, nuovo amministratore delegato di McDonald’s, ha annunciato il mese scorso, sotto la pressione dei continui scioperi, il rialzo del salario di 1 dollaro l’ora, ma solo per i dipendenti dei ristoranti gestiti direttamente dal colosso della ristorazione veloce. L’aumento verrebbe applicato ai 90.000 lavoratori dei circa 1.500 ristoranti operanti negli Usa, mentre non riguarderebbe gli altri 660.000 impiegati nei franchising.
“Siamo stanchi di fare affidamento sui buoni pasto per sfamare le nostre famiglie. Abbiamo bisogno di 15 dollari l’ora e vogliamo la possibilità di formare un sindacato e ne abbiamo bisogno ora”, scandivano i lavoratori provenienti dalla Carolina del Nord, dove la paga oraria è di 7.25 dollari l’ora.
Sotto la spinta del movimento, le amministrazioni di varie città hanno preso provvedimenti per aumentare il salario minimo orario: lo scorso luglio a Chicago la paga oraria minima è passata da 8,25 a 10 dollari, con la promessa di raggiungere i 13 entro la metà del 2019; a Los Angeles è stato deliberato un aumento del salario minimo da 9 fino a 15 dollari l’ora entro il 2020.
Anche se McDonald’s resta l’obiettivo principale, la campagna di lotta #Fightfor15 si è evoluta in un movimento a favore dei lavoratori che vivono con salari da fame, e ha coinvolto anche i dipendenti di Walmart, gli aeroportuali, gli assistenti sanitari e i professori di sostegno. Lavoratori di questi settori, così come gruppi di attivisti, sindacalisti del SEIU ed esponenti del clero, hanno partecipato attivamente alla mobilitazione di Oak Brook.
“Dobbiamo fargli sapere che se non otteniamo 15 dollari fermeremo il lavoro e faremo chiudere i negozi!”
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