Leinì, ennesima morte dovuta al troppo lavoro
Non ce l’ha fatta C.Q., che apprendiamo dai giornali essersi suicidato a Leinì, dove era impiegato presso la fabbrica Rosati. Licenziamenti e pressioni sui lavoratori erano all’ordine del giorno dopo l’acquisizione della ditta da parte dell’azienda WingFan, che aveva radicamente mutato le relazioni industriali vigenti nell’azienda. C.Q., vent’anni di lavoro nell’azienda, era ormai sempre più sotto pressione, e si è ammazzato appendendosi ad uno dei pilastri del magazzino.
Mentre primi ministri e dicasteri si affannano a ribadire le ragioni della crescita a tutti costi, che tradotto significa scaricare i minori profitti dovuti alla crisi sulle spalle dei lavoratori in termini di attacchi ai diritti, un’ennesima tragedia si aggiunge a quelle che punteggiano le cronache quotidiane del nostro paese.
Sappiamo che il problema è strutturale, noto a tutti coloro che si occupano di lavoro e di prospettive occupazionali: la crisi e il progressivo automatizzarsi delle fabbriche stanno cancellando sempre più mansioni, rendendo possibile concentrare in poche persone il lavoro un tempo fatto da molte di più.
Due le strade all’orizzonte: una redistribuzione del lavoro, e uno sganciamento di questo dal reddito, o la barbarie di suicidi e devastazione umana e sociale. Non c’è da dire quale sia l’unica soluzione da approntare per evitare che certe tragedie non si ripetano più.
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