L’esordio di Peña Nieto tra repressione e guerriglia urbana
In risposta alla cerimonia di insediamento di Enrique Peña Nieto, il movimento contro l’imposizione ritorna in piazza in diverse cittá del Paese. Nella capitale, migliaia di persone assediano la zona rossa che circonda il Parlamento. Centinaia di studenti e studentesse si fronteggiano per ore con la polizia federale cercando di violare il recinto costruito in difesa di un presidente considerato illegittimo. Mentre scriviamo il bilancio ancora incerto della giornata parla di una ventina di feriti, di cui almeno sette gravi, 92 fermi e un numero imprecisato di desaparecidos.
Convocato da #YoSoy132 e dalle organizzazioni aderenti alla Convención Nacional, l’assedio a San Lazaro -blindato come una fortezza e protetto da migliaia di forze dell’ordine nonché da tiratori scelti- é iniziato di buon mattino. Alle 7 partono giá i primi scontri, quando un contingente studentesco proveniente dall’Acampada Revolución, riesce a buttare giú una delle barriere metalliche. La risposta poliziesca non si fa attendere e iniziano a volare i primi lacrimogeni, l’odore dei quali, d’ora in avanti, caratterizzerá il resto della mattinata.
A partire da questo momento, inizia una vera e propria battaglia campale: da una parte, i giovani manifestanti che con pietre, petardi e molotov cercano di forzare il blocco e, dall’altra, la polizia che, evidentemente sorpresa, reagisce in maniera scomposta e intensifica il lancio di lacrimogeni, ai quali peró inizia anche ad accompagnare un potentissimo gas pepe/pimienta, che produrrá svariate intossicazioni, e proiettili di gomma. Questi ultimi, lanciati reiteratamente ad altezza uomo e feriscono almeno tre persone: due studenti e un attivista dell’Otra Campaña, il sessantasettenne Juan Francisco Kuy Kendall. Colpito direttamente alla testa, subisce una grave lesione con esposizione della massa cerebrale e si trova attualmente in prognosi riservata e in pericolo di vita.
Il continuo lancio di lacrimogeni e la notizia (poi smentita e, purtroppo, confermata in serata) di un compagno ucciso, fanno crescere la tensione, gli scontri aumentano di intensitá. Un gruppo di studenti, impossessatosi di un camion, decide di utilizzarlo scagliandolo contro le barriere metalliche per aprire un varco. L’operazione non riesce, ma da adesso in poi il numero di coloro che partecipano agli scontri aumenta. I giovani e le giovani (da sottolineare la consistente partecipazione femminile nelle prime linee) che fronteggiano la polizia non sono piú solo i militanti dei gruppi organizzati, ma semplici studenti universitari frustrati da mesi di lotte pacifiche che non hanno portato i risultati sperati e arrabbiati per la recente approvazione della riforma del mercato del lavoro che promette un futuro di precarietá, nonostante il titolo di studio.
Gli scontri continuano fino alle 11, quando la manifestazione si rimette in moto per raggiungere Palacio Nacional, dove il neopresidente Peña Nieto terrá un discorso alla nazione. Al corteo, oltre a #YoSoy132 e alle svariate realtá studentesche delle principali universitá pubbliche di Cittá del Messico e non solo, partecipano anche il FPDT (Frente de Pueblos en Defiensa de la Tierra), lo SME (Sindicato Mexicano de Electricistas), e la CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación), nonché molti cittadini e singolaritá varie. Insomma, la composizione della manifestazione, fatta salva la prevalenza giovanile, é assolutamente e sorprendentemente eterogenea.
L’obiettivo di raggiungere il centro, tuttavia, non viene raggiunto. Le forze dell’ordine infatti chiudono tutti i passaggi al corteo, bloccando cosí l’accesso allo Zocalo per la maggioranza dei manifestanti. Successivamente, il corteo viene costretto a ripiegare lungo la lussuosa Avenida Reforma, dove iniziano nuovamente dei durissimi scontri che si protraggono per almeno un’altra ora e durante i quali vengono colpite le vetrine delle pricipali banche che operano in Messico, nonché di catene come Starbucks e Sanborns. A questo punto la polizia, dopo aver subito molti attacchi ed essere stata costretta ad indietreggiare di fronte alle barricate improvvisate dagli studenti, riprende l’offensiva e riesce a dividere in diversi spezzoni il corteo, facendolo ripiegare definitivamente verso Plaza Revolución, alle 16:30 circa. Chi non sta in gruppo o si trova isolato é vittima della caccia al manifestante. La polizia entra nei negozi e negli hotel per moltiplicare il numero dei fermi acchiappando e malmenando chiunque vesta una felpa nera con cappuccio o abbia un’aria alternativa.
Nonostante il bilancio della giornata non sia ancora definitivo, il debutto di Peña Nieto non promette nulla di buono per i movimenti e per la democrazia mssicani. L’uso criminale dei lacrimogeni e dei proiettili di gomma (che d’altra parte pare essere di gran moda anche nel belpaese) e la gestione della piazza piú in generale, preoccupano molti e molte e paiono sancire il ritorno di uno stile. Intanto c’é giá chi chiede le dimissioni del neoministro dell’interno Osorio Chong, mentre il movimento ha lanciato per domani una giornata di mobilitazione nazionale in solidarietá con gli arrestati e contro la repressione.
di Andrea Spotti, da Contropiano
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