Lo Strano Caso Del Questionario Sws
articolo a cura di Insurgent City
Quel test forse non avrà grande rilevanza penale, non è per questo motivo che l’abbiamo tirato fuori. Quel test parla di noi, della nostra città, di come siamo diventati. Non è un semplice atto d’accusa contro una classe dirigente corrotta e incompetente, ma una denuncia di come questa gestione abbia profondamente cambiato la realtà che ci circonda. E non parliamo soltanto della cementificazione selvaggia, della militarizzazione delle strade, del privilegio di casta come regola alla base dell’ordine sociale. Parliamo anche della quotidianità delle cosiddette persone comuni. L’etica del bunga bunga, delle leggi ad personam, dei contratti ricatto di Marchionne, delle politiche razziste e xenofobe, ormai non ci stupisce più. Nessuno più ormai metterebbe la firma sulla buona fede di una classe politica e imprenditoriale che ha comandato con ignoranza e arroganza questo paese per anni. I danni erariali di chi si rifaceva il giardino di casa coi soldi pubblici mentre bacchettava pubblicamente i lavoratori della pubblica amministrazione, non abbastanza “produttivi”, di chi si fregiava di faraoniche opere pubbliche inutili e costose che hanno portato il bilancio comunale al collasso e arricchito le tasche degli imprenditori “amici”, non sono purtroppo gli unici danni.
Il danno ulteriore è dato dalla costrizione ad accettare la loro logica mercantile per poter soppravvivere. Il danno più grande è quello che colpisce migliaia di giovani (e non più giovani) lavoratori, costretti al precariato e quindi eternamente ricattabili. Mentre nella costituzione è scritto che il lavoro è un diritto, nel paese reale lavorare è una concessione che il padrone dall’alto concede. E come per tutte le concessioni, come per tutti i favori, anche il lavoro oggi va in qualche modo pagato dai lavoratori. Pagato con il silenzio di fronte agli abusi subiti, pagato con la condiscendenza verso la deroga di ormai antichi diritti acquisiti con la lotta e affossati inesorabilmente negli anni.
Non protestare, non opporti, altrimenti ti tolgo il lavoro, c’è la fila per il tuo posto.
Mentre la classe dirigente si riempie la bocca di efficienza e meritocrazia sono le preferenze di voto e la conformità ad un modello sociale che possono fare la differenza tra l’inferno della disoccupazione e la grazia di un lavoro sottopagato e umiliante. In quel test infatti non c’è nemmeno una domanda che chieda il titolo di studio, una competenza linguistica (e parliamo di lingua usata per parlare), neanche le esperienze lavorative precedenti se non per sapere quanto guadagnavi.
Quel test ci riporta indietro al Fascismo. Un fascismo light, senza divise militari, ma con altrettanto odiosi conformismi. Il fascismo del consumo e dell’apparenza, al potere a Parma e in Italia da troppo tempo.
Non sarà la magistratura a cambiare il sistema, Mani Pulite insegna. Siamo noi, noi che siamo stati costretti a compilare quel test, a fare lavori umilianti per poter vivere a malapena, schiacciati da affitti e servizi che hanno ingrassato le tasche dei grandi complici del sistema. Siamo noi, disprezzati da ministri e istituzioni marce, che ci classificano come la parte peggiore del paese. Siamo noi che pagheremo la speculazione selvaggia della città cantiere con le nostre tasse, che dovranno ripianare debiti abissali (il Comune ha debiti per 636 milioni di euro) fatti per garantire gli interessi dei veri padroni della città: i costruttori, le grandi compagnie immobiliari, le grandi centrali cooperative, gli industriali.
Se noi abbiamo la forza di denunciare quello che semplicemente ci accade intorno ogni giorno, se troviamo la forza di dire no a test come quello di Sws, se saremo in grado di rischiare quelle poche briciole che l’ubbidienza a questo sistema mafioso ci ha procurato allora saremo davvero in grado di cambiare le cose. Tocca a ognuno di noi il cambiamento. Il cambiamento non si delega a un magistrato, al nuovo uomo forte di turno che ci dice rassicurante in prima serata “Ghè pensi mi”.
Dobbiamo agirlo noi il cambiamento.
Divisi, isolati, concentrati a combattere in solitudine le difficoltà quotidiane siamo condannati alla sconfitta, alla paura. Se invece tutti insieme ci uniamo, lottiamo e alziamo la testa, ad avere paura saranno loro.
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