Lungo la tratta della logistica, Sala Bolognese
La S.e.i. festeggia la propria espansione commerciale con un incipit accattivante “Di strada ne abbiamo fatta tanta. Evolverci è nel nostro dna”. Eppure da ieri sera i trenta facchini che tutte le notti caricano, scaricano e sistemano la merce in entrata e uscita dalla ditta sono in sciopero. Scioperano per la mancata attuazione dell’accordo che con i loro rappresentanti sindacali Sicobas hanno siglato con la cooperativa appaltatrice.
Premium, società cooperativa, come la committente elogia le proprie capacità aziendali: “cura dei dettagli, rispetto delle leggi in termini assicurativi, fiscali e previdenziali, attenzione a che il personale sia sottoposto ad adeguate visite mediche di idoneità” (che forse vorrà dire facchini senza troppi mal di schiena?).
Eppure l’accordo siglato con le rappresentanza sindacali prevedeva semplicemente l’attuazione e il rispetto del C.c.n.l. che azienda e cooperativa non hanno mai attuato. In risposta è però arrivata una sospensione per dieci lavoratori, quelli maggiormente esposti nella protesta. Immediatamente solidali tutti i facchini stanno scioperando.
Da mesi non ricevono gli stipendi. Le loro buste paga sono capolavori creativi compilate dall’ennesimo commercialista solidale al capitale. La maggiorparte delle voci che vanno a comporre il salario finale sono totalmente inventate. Si va da trasferte inesistenti a straordinari non pagati a danni provocati alla merce e mai dimostrati ( su cui comunque l’azienda è assicurata) e ancora tanto altro, mentre il monte ore reale lavorato è perlopiù il doppio di quello presente in busta.
Questa pratica permette alla cooperativa di evadere e di non pagare i giusti contributi ai facchini. Permette a committente e appaltatrice di guadagnare sulla merce che si presume danneggiata, due volte, la prima rubando dalle buste paga dei lavoratori, la seconda coon il risarcimento dell’assicurazione. E oltre il danno la beffa,i facchini si ritrovano con buste paga troppo alte su cui devono pagare loro le tasse.
Purtoppo molte di queste situazioni sono comuni alle tante aziende e cooperative che sfruttano il lavoro dei facchini nella lunga catena della logistica. Una tratta che sfrutta il lavoro perlopiù migrante convinta di poter operare indisturbata. Una tratta che schiavizza e che troppo spesso riceve complimenti da politici perennemente distratti da campagne elettorali sempre più dimentiche della realtà. Un sistema di sfruttamento del lavoro esasperante che trova conniventi partiti e istituzioni, fieri dello sviluppo dei “propri poli logistici cittadini”.
Ma i facchini stanno dimostrando tutto il loro potenziale di conflittualità nella consapevolezza dello sfruttamento subito, nella forte solidarietà che li lega, nell’immediata ricezione di esempi di lotta che altrove si svolgono. Nella chiara percezione della loro presenza in un settore economico strategicamente fondamentale. Nell’indisponibilità a farsi ancora sfruttare.
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