Ma quale criminalità, è conflitto sociale
Luca Blasi è un nostro compagno e amico, ma soprattutto è un cittadino come tanti che quotidianamente si impegna nel sociale e in politica dal basso. Luca sono dieci anni ormai che è protagonista di tante battaglie in IV municipio e a Roma, dal diritto all’abitare alla cultura per tutti, dall’antifascismo allo sport popolare: quando ha cominciato era appena uscito dal liceo e studiava agraria, ora è padre di due gemelli, ha costruito una famiglia e lavora come operatore sociale nei campi rom e con persone con disabilità. Luca ha svolto sempre la sua attività alla luce del sole a volto scoperto e pubblicamente, incorrendo anche in denunce, come tanti e tante di noi, quando ha deciso che una legge che produce ingiustizie diventa intollerabile e va infranta.
Disobbedire ad una legge se ritenuta ingiusta in maniera pubblica e collettiva non ha nulla a che fare con la criminalità organizzata, e questa dovrebbe essere una questione di buon senso: il racket non è uguale all’occupare una casa o a fare un blocco stradale. Eppure non è così, Luca infatti qualche giorno fa è stato raggiunto da un avviso dei Carabinieri della stazione di Monte Sacro che gli comunica che il 6 febbraio prossimo si dovrà presentare ad un’udienza che deciderà se comminargli o no un provvedimento di sorveglianza speciale con l’aggiunta dell’obbligo di dimora per un anno come richiesto, su elementi forniti dai Carabinieri, da un pm della Direzione Distrettuale Antimafia.
Quello che ci chiediamo è perché la DDA si occupi di Luca e non delle tante attività della criminalità organizzata, spesso col colletto bianco, che ormai spadroneggiano nella Capitale in particolare grazie all’attività di riciclaggio del denaro proprio all’ombra dei palazzi del potere. Inoltre pretestuose sono le motivazioni addotte dal pm per considerare Luca un soggetto pericoloso e un criminale abituale: tutti i precedenti annoverati nell’informativa parlano di segnalazioni e denunce che vanno dalla manifestazione non autorizzata al blocco stradale senza alcuna presenza di precedenti penali e condanne; l’elemento principale su cui i Carabinieri basano la necessità di questa misura spropositata di pubblica sicurezza nascerebbe dal fatto che Luca non lavora e quindi si sostenterebbe per mezzo di attività criminose. Niente di più falso, Luca lavora continuativamente dal 2003 con contratti regolari.
Crediamo fermamente che questa operazione ridicola cadrà alla prova dell’aula, ma ne cogliamo però tutta la gravità: ridurre il conflitto sociale a un problema neanche di ordine pubblico ma di delinquenza, legare le mani agli attivisti con provvedimenti spropositati e punitivi in un momenti di crisi e tensione sociale. Abbiamo poi l’impressione che colpire Luca voglia dire colpire un’argine sociale all’arbitrio dell’azione delle forze dell’ordine nei territori, un segnale d’intimidazione chiaro che rispediamo al mittente.
Siamo convinti che questa ennesima vicenda si leghi perfettamente al clima repressivo contro i movimenti sociali in questa delicata fase politica e sociale con l’uso criminoso del codice Rocco, un codice fascista usato sempre più spesso per colpire chi lotta come a Genova nel 2001 fino alle piazze romane del 15 ottobre.
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