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Milano. Nasce Latteria Occupata

Qui sotto il comunicato con cui si dà la notizia della nuova occupazione

Venerdì 18 aprile è stato occupato un nuovo posto a Milano, in via Watt 6.

In questo momento il governo Renzi sta portando avanti un attacco frontale a chi occupa e resiste agli sfratti e agli sgomberi: a Roma, Torino, Milano, le immagini di corpi calpestati, teste aperte e polsi ammanettati disegnano la mappa del brutto tempo di questa nuova stagione.

Ma per chi sta attento ai dettagli, per chi riesce a vedere oltre la luce mediatica che rende tutto più oscuro, per chi alza la testa per guardare un po’ più in alto, si svela un’altra mappa, un’altra serie di immagini che rispondono con ironia e corraggio alla brutalità poliziesca. Sui tetti di Montagnola a Roma come su quelli di Milano appaiano figure, fuochi e messaggi chiari che dimostrano che la pratica dell’occupazione non si farà di certo fermare da manganelli, denunce e arresti.

“Il nostro piano casa: occupare tutto” recita lo striscione calato dal tetto del palazzo sgomberato mercoledì scorso a Roma. “Occupy everything”: uno striscione già visto, a Oakland nel 2011, a Istanbul nel 2012 e sicuramente mille altre volte nella storia. Il concetto non è nuovo, è vero, ma ogni volta che viene esposto su uno striscione o un volantino, ogni volta che una casa viene occupata e vissuta, ogni volta che uno spazio riapre, nasce per forza qualcosa che non si era ancora visto. Quando ciò che era imprigionato nella gabbia della proprietà (privata o “pubblica”, non importa) viene restituito all’uso comune, si apre una nuova pagina e si svela un possibile che prima non si vedeva.

Una palazzina occupata da famiglie o da ragazzi, uno studentato, un quartiere di case occupate possono diventare luoghi di sperimentazione collettiva, dove il mescolarsi di persone e pratiche diverse accresce quotidianamente la forza collettiva e comincia a declinare un’esistenza nuova; così prende forma qualcosa che va oltre la necessità e per tutti si fa sempre più desiderabile.

I bastoni, le ossa rotte, i mesi di galera e di domiciliari non ci possono fare niente, perché il movimento delle occupazioni non è circoscritto, non appartiene a un soggetto particolare che si potrebbe schiacciare facilmente: studenti, famiglie, ragazzi e anziani, migranti e italiani occupano insieme e tanti sono i motivi e le modalità con cui si occupa.

Va detto a tutti gli scettici: anche se nella nostra piccola città, nella nostra piccola realtà sentiamo di essere sempre troppo pochi di fronte alle guardie, agli speculatori, agli interessi mafiosi dei politici, alla megamacchina del capitalismo ricordiamoci sempre:

il movimento delle occupazioni è mondiale, in crescita, ingovernabile, è di tutti e nessuno, non ha un solo volto perché ha mille volti e sopratutto è una risposta in atto, concreta, realistica all’unica vera crisi, la crisi permanente che rappresenta il capitalismo stesso, nel suo funzionamento normale. L’occupazione è una risposta perché rende abitabile un mondo che questa civiltà del denaro e della merce si impegna a rendere sempre più inabitabile.

Basta vedere giocare tutti insieme i bambini delle nazionalità più svariate nei cortili delle occupazioni nelle metropoli soffocanti dell’Europa del sud, dove fascisti e nazionalisti tentano di approfittare delle difficoltà economiche di molti per rialzare le loro teste rasate.

Basta sentire la musica, leggere i testi, partecipare alle discussioni che si producono all’interno dei posti occupati, che sono fra le poche oasi di vitalità nel deserto culturale italiano.

Basta passare una giornata qui in Giambellino, a San Siro, in Barriera a Torino o in qualsiasi quartiere d’Italia dove ci siano delle occupazioni. In mezzo alla povertà, alle difficoltà per arrivare alla fine del mese, in mezzo ai palazzi brutti costruiti in fretta dal regime fascista o dal suo continuatore democratico per ammassare i poveri e farli stare buoni. Grazie alle occupazioni si sta meglio, si respira un’aria un po’ meno pesante. Si parla con i vicini, ci si da una mano per forzare la porta o cambiare la serratura, magari si organizza una grigliata in cortile, ci si ritrova agli sfratti la mattina, ai cortei per gridare insieme. L’auto-organizzazione, l’autonomia nei quartieri man mano viene a colmare l’assenza di uno stato assistenziale ormai defunto. Il piacere di fare delle cose insieme e non ognuno per conto suo, i sorrisi dopo aver resistito a uno sgombero, il sentirsi una forza collettiva tornano e sono la miglior risposta all’infame “piano casa” di Renzi, Lupi and co.

L’occupazione di questa Latteria abbandonata da anni e lasciata al degrado è un piccolo gesto, certo. Però si colloca al fianco di tanti altri piccoli gesti che messi insieme possono fare di Milano una città più bella. E’ un punto in più, una risorsa, un altro sentiero da percorrere per vedere dove ci porterà. Questo contributo è anche un invito a passare nel nuovo posto in questi giorni, a darci una mano, fare due chiacchiere e vedere cosa si può combinare per fare un passo in più verso una rivoluzione per la quale non vogliamo più aspettare un domani, ma per cui vogliamo agire ora.

Ci vediamo sulle barricate, nelle case occupate, sui tetti, nelle strade!

Solidarietà ai feriti e agli arrestati di Roma!

Solidarietà a tutti i No TAV sotto processo per aver resistito su altre barricate, difendendo questa stessa idea di cosa vuol dire abitare un territorio!

Un abbraccio a Claudio, Chiara, Mattia e Nico, quattro No TAV accusati di terrorismo e tuttora in carcere, ma che lottano insieme a noi tutti i giorni!

Un pensiero per Guccio, la tua alta sagoma si aggira su tutti i tetti d’Italia e ci accompagna in ogni occupazione!

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