Nasce da Napoli una convergenza sociale a difesa del reddito e contro le politiche di sfruttamento e cancellazione dei diritti del Governo Meloni
Diverse centinaia di persone hanno partecipato all’assemblea popolare a difesa del reddito di cittadinanza e per la sua estensione che si è tenuta venerdì nel pieno centro storico di Napoli presso il cortile di Santa Chiara vicino Piazza del Gesù.
Nello stupore dei turisti che hanno potuto vedere l’altra faccia della città attraversata dalle contraddizioni reali, percettori del reddito, realtà di base e movimenti sociali della città hanno discusso di come rilanciare dalla capitale del sud un grido di allarme per la cancellazione del reddito di cittadinanza a fronte di condizioni di vita che assumono sempre più un carattere drammatico! Carovita, disoccupazione, lavoro nero, tagli ai servizi e privatizzazioni, processi di gentrificazione turistica e aumento degli affitti rendono la vita di ampie fasce di popolazione sempre più complicata. In discussione si è detto in diversi interventi, non vi è più semplicemente il lavoro ma la la possibilità di immaginare un futuro che sia degno di essere vissuto e progettato liberamente.
Il reddito di cittadinanza approvato qualche anno fa in Italia con un ritardo di oltre 30 anni rispetto al resto dei paesi europei, pur con tutti i limiti, ha rappresentato finora l’unica misura di sostegno verso il basso; ha dato la possibilità a tante famiglie di non cadere nella spirale della disperazione, a tanti giovani di rifiutare lavori sempre peggiori e ad alcuni anche la possibilità concreta di un’alternativa al carcere.
Alla base della sua eliminazione, con il decreto “lavoro” approvato provocatoriamente il 1 maggio scorso dal governo Meloni, vi è non solo il disprezzo per chi è in difficoltà, come se la povertà fosse una colpa individuale, ma innanzitutto l’idea che il lavoro anche senza nessuna garanzia a nero e sottopagato non può essere rifiutato. Rifiutare di farsi sfruttare e spremere come un limone, per questi politici al governo che guadagnano 15mila euro al mese, vuol dire essere oziosi e fannulloni.
Di fatto mentre in altri paesi europei, come la Germania, Francia, Spagna le misure di sostegno al reddito e contro la povertà vengono adeguate all’inflazione ed allargate, in Italia si procede in direzione esattamente opposta con tagli e riduzione della platea dei percettori, eliminando il reddito di cittadinanza e introducendo un sussidio temporaneo di carità. Nello stesso decreto lavoro infatti si estendono le forme di contrattualità precaria e si stabilisce che anche un lavoro di pochi mesi e a distanza di 1000 km non può essere rifiutato pena la perdita del sussidio che in ogni caso viene ridotto nella quantità e nel tempo.
Si tratta secondo noi di una precisa scelta del Governo a difendere gli interessi di imprenditori senza scrupoli e classi dominanti ed a sottomettere ulteriormente i lavoratori, relegando strati sociali sempre più estesi di popolazione alla povertà assoluta come testimoniano le statistiche. Allo stesso tempo infatti si spostano miliardi in sanatorie agli evasori fiscali, si appostano fondi per grandi opere inutili (come il ponte sullo stretto) e si aumentano i soldi per finanziare la macchina bellica di morte legata alla guerra.
Con l’assemblea di oggi si apre una campagna di mobilitazione permanente fino alla manifestazione nazionale del 27 Maggio a Roma convocata da circa un centinaio tra movimenti ed associazioni raccolti nella sigla “ci vuole un reddito”per opporsi alla conversione del decreto “lavoro” in legge.
Nasce una convergenza intorno alla necessità di estendere a livello individuale il reddito di cittadinanza e più in generale di un reddito incondizionato ed universale capace di garantire il diritto ad un’esistenza dignitosa per tutt* minacciato dall’automazione e dall’intelligenza artificiale.
Un grido di speranza contro la disperazione di ritornare indietro nella miseria più assoluta, ma anche il tentativo di costruire una nuova opposizione sociale capace di guardare al futuro intorno ad una piattaforma di rivendicazioni che vanno dal reddito universale alla riduzione dell’orario di lavoro, dall’istituzione del salario minimo al diritto alla casa, passando per la difesa dei servizi sociali come la sanità e l’istruzione sempre più minacciati da tagli e privatizzazioni.
Comitati per la difesa e l’estensione del reddito Napoli
per contatti Fb/Tg Giù le mani dal reddito
Di seguito condividiamo anche il documento attorno a cui si sta costruendo la convergenza:
Lavoro o non lavoro vogliamo campare! Lottiamo uniti per il reddito universale!
Le condizioni di vita qui a Napoli come nel Sud in particolare assumono sempre più un carattere drammatico! Carovita, disoccupazione, lavoro nero, tagli ai servizi e privatizzazioni, processi di gentrificazione turistica e aumento degli affitti rendono la vita di ampie fasce di popolazione sempre più complicata.
Migliaia di giovani sono ancora costretti a migrare come i loro nonni tempo fa, chi resta invece per gran parte è costretto al lavoro nero, precario e sottopagato oppure alla famosa arte di arrangiarsi. In discussione non vi è più semplicemente il lavoro ma la vita stessa; la possibilità di immaginare un futuro che sia degno di essere vissuto e progettato liberamente.
Questo quadro assume tinte sempre più fosche per la chiusura e la delocalizzazione progressiva di tante aziende e più in generale manda definitivamente in pensione il sogno della piena occupazione come quello della realizzazione attraverso il lavoro.
In una società che ha bisogno di sempre meno lavoro per produrre sempre di più, il diritto ad un’esistenza dignitosa non potrà più passare dal lavoro quanto dalla sua riduzione e distribuzione.
Nell’attuale fase di divisione internazionale del lavoro, con l’avanzare di un nuovo paradigma produttivo incentrato sull’intelligenza artificiale applicata alle macchine, il lavoro non sarà più il fattore chiave della crescita e della distribuzione, seppur iniqua, della ricchezza prodotta. Almeno a queste latitudini, il lavoro per come lo abbiamo conosciuto non potrà più essere Il motore di sviluppo economico e sociale che con tutte le sue contraddizioni ha caratterizzato il ‘900. E’ necessario quindi lottare per l’istituzione di un reddito universale, incondizionato e sufficiente a vivere, erogato anche sotto forma di riduzione dell’orario. Solo così si potrà garantire una vita degna per tutti, liberare tempo per attività di cooperazione e mutualismo rivolti alla cura; al soddisfacimento dei bisogni sociali e dei desideri di tutt@, oggi sacrificati sull’altare del profitto di pochi.
Le lotte francesi di questi mesi a cui va tutta la nostra solidarietà, oltre che invidia sono lotte che hanno una grande potenzialità offensiva e parlano a tutta l’Europa perché pur partendo dalla difesa del sistema pensionistico mettono al centro proprio la necessità della liberazione del tempo contro il lavoro, del diritto all’ozio contro la schiavitù.
Se il diritto a vivere una vita dignitosa non potrà più essere garantito attraverso il lavoro, ma necessariamente attraverso la sua riduzione ad un minimo allora il “reddito di cittadinanza” dovrà essere sempre più indipendente dal lavoro e sempre più legato a nuove forme di partecipazione sociale.
In assenza di un reddito garantito l’alternativa, che abbiamo già sotto i nostri occhi è l’ulteriore precarizzazione del lavoro verso forme neo servili, in termini di tempi, remunerazione e diritti, l’aumento esasperato della diseguaglianza sociale, la guerra come ultima razio per far ripartire un’economia che da tempo non distribuisce più ricchezza ma anzi la concentra in poche mani come il potere che ne consegue.
Il reddito di cittadinanza approvato qualche anno fa in Italia con un ritardo di oltre 30 anni rispetto al resto dei paesi europei, pur con tutti i limiti, ha rappresentato finora l’unica misura di sostegno verso il basso; ha dato la possibilità a tante famiglie di non cadere nella spirale della disperazione, a
tanti giovani di rifiutare lavori sempre peggiori e ad alcuni anche la possibilità concreta di un’alternativa al carcere. Alla base della sua eliminazione, sancita ufficialmente con il decreto “lavoro” approvato provocatoriamente il 1 maggio scorso dal governo Meloni, vi è non solo il disprezzo per chi è in difficoltà, come se la povertà fosse una colpa individuale, ma innanzitutto l’idea che il lavoro anche senza nessuna garanzia a nero e sottopagato non può essere rifiutato.
Rifiutare di farsi sfruttare e spremere come un limone, per questi politici al governo che guadagnano 15mila euro al mese, vuol dire essere oziosi e fannulloni. Dietro questa odiosa retorica del “divano”, avallata da media e opinionisti compiacenti, per cui a mancare è la voglia di lavorare e non il lavoro, si nasconde in realtà sia l’incapacità della politica ad assumersi le proprie responsabilità attaccando profitti, rendite e patrimoni , che un’etica distorta ed umiliante del lavoro di novecentesca memoria tanto cara a destra come a sinistra.
Di fatto mentre in altri paesi europei, come la Germania, Francia, Spagna le misure di sostegno al reddito e contro la povertà vengono adeguate all’inflazione ed allargate, in Italia si procede in direzione esattamente opposta con tagli e riduzione della platea dei percettori, eliminando il reddito di cittadinanza e introducendo un sussidio temporaneo di carità. Nello stesso decreto inoltre si estendono le forme di contrattualità precaria e si stabilisce che anche un lavoro di pochi mesi e a distanza di 1000 km non può essere rifiutato pena la perdita del sussidio che in ogni caso viene ridotto nella quantità e nel tempo. Si tratta in sostanza della trasformazione definitiva di una misura di welfare in una di workfare cioè di ricatto ad accettare un lavoro sempre peggiore e senza alcuna
tutela. Una precisa scelta del Governo a difendere gli interessi di imprenditori senza scrupoli e classi dominanti ed a sottomettere ulteriormente i lavoratori, relegando strati sociali sempre più estesi di popolazione alla povertà assoluta come testimoniano le statistiche. Allo stesso tempo si spostano miliardi in sanatorie agli evasori fiscali, si appostano fondi per grandi opere inutili (come
il ponte sullo stretto) e si aumentano i soldi per finanziare la macchina bellica di morte legata alla guerra.
Contro tutto ciò sta nascendo in questi mesi a Napoli come nel resto del territorio nazionale, un movimento per la difesa del reddito di cittadinanza e per la sua estensione verso un reddito incondizionato ed universale capace di rimettere al centro l’idea di società più giusta, di redistribuire ricchezza e lavoro. Un movimento autonomo ed indipendente da partiti e sindacati che in questi anni, anche a sinistra hanno contribuito a precarizzare il lavoro e la vita ed oggi per calcoli elettoralistici e di potere si ripropongono come opposizione.
Noi pensiamo invece che l’unica opposizione possibile a questo Governo di destra, ma più in generale alle politiche economiche neoliberiste può nascere solo dal basso. Dai soggetti sociali colpiti dalla crisi che prendono consapevolezza ed organizzano la loro rabbia costruendo una piattaforma di convergenza delle lotte. Dentro questa piattaforma sociale la battaglia per un reddito incondizionato, anche per chi lavora sottoforma di riduzione dell’orario a parità di salario, oltre che di servizi è essenziale non solo per arginare la povertà ma anche per invertire la tendenza alla precarizzazione ed incidere direttamente sui modi, i tempi e le finalità della produzione. Gratuità dei servizi sociali e diritto alla casa sono l’altra faccia della medaglia per una vita dignitosa e quindi rivendicazioni essenziali di una battaglia per il reddito.
Riteniamo quindi fondamentale difendere in tutti i modi il reddito di cittadinanza, pretenderne la sua estensione su base individuale ed allargarla ai servizi ed alla casa, rilanciare la battaglia per la riduzione di orario e l’istituzione di un salario minimo legale, fare spazio ad una società diversa fondata sulla libertà, il tempo libero, il soddisfacimento dei bisogni di tutti ed uno sviluppo sostenibile in armonia con la natura e con il pianeta.
Facciamo quindi appello ai movimenti sociali e a tutte le realtà di base, ai disoccupati, agli studenti, ai lavoratori a chi lotta per un mondo migliore al confronto ed alla partecipazione a questo percorso di lotta a partire dagli ambiti e dai territori dove si è attivi per costruire una vera opposizione politica e sociale capace di incidere e di sconvolgere gli equilibri di potere.
Per un nuovo internazionalismo dei popoli contro il ricatto del capitale e delle sue politiche di sofferenza, distruzione e morte.
Comitati per la difesa e l’estensione del reddito Napoli
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