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Nella Bassa “operosa” l’emergenza terremoto non è finita!

 

I NUMERI. Il sistema utilizzato per il controllo delle agibilità degli edifici è stata la compilazione delle schede Aedes, da parte dei tecnici della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco, che stabilisce una scala di danni tale per cui ad ogni edificio corrisponde una lettera, dove la A si riferisce ad un edificio agibile e così via fino alla E che definsce l’inagibilità.

Sulla base dei dati diffusi dalla regione proviamo a fare alcune valutazioni. Su un totale di quasi 40.000 controlli effettuati in tutto il cratere, circa il 13% degli edifici risulta inagibile. Tale dato non sembrerebbe affatto preoccupante, se non fosse che molti dei rilievi sono stati effettuati in comuni colpiti solo lievemente dal terremoto. Infatti, andando a vedere i dati specifici per i comuni della Bassa modenese lo scenario è completamente diverso: si parte da Mirandola che ha una percentuale di inagibilità del 34%, poi Concordia al 35%, San Felice 36%, San Possidonio 41%, Cavezzo 42%, Novi 46% fino a Medolla con il 49%. Da notare che questi dati non includono le case gravemente danneggiate ma riparabili (classe E) né quelle con inagibilità indotta (classe F) che sono agibili ma si trovano in vicinanza di edifici pericolanti, generalmente nelle zone rosse, e che non sono comunque abitabili. Valori simili sono stati rilevati per i capannoni che hanno una percentuale di inagibilità media del 45%.

Prendiamo per buoni questi dati anche se sono numerossisime le segnalazioni di case che al secondo controllo risultavano miracolosamente agibili (nella volenterosa Emilia ci sono anche le case che si aggiustano da sole!) oppure di classificazioni di agibilità secondo i criteri stabiliti affiancate dal vivo consiglio dei tecnici di non dormire dentro a quegli edifici.

Comunque, da questi dati si può dedurre che il terremoto della Bassa non è di serie B, ma soprattutto che gli emiliani da soli non ce la possono fare così come i Comuni non riusciranno a risolvere una emergenza di questo tipo senza l’intervento dello Stato.

 

L’EMERGENZA ABITATIVA. E’ sicuramente il problema principale, le soluzioni prospettate sono di vario tipo ma per ora nessuna sembra applicabile nel breve periodo. In particolare,

i CAS (Contributi per l’Autonoma Sistemazione) sono dei contributi a fondo perduto per chi trova una sistemazione in affitto in maniera autonoma; sono stati presentati ad inizio Giugno dal Commissario Errani come “la soluzione del problema” e successivamente rivisti con due ordinanze ad Agosto, ma ad ora nessuno ha ancora ricevuto un euro!!! Si susseguono le date in cui l’elargizione di tale contributo diventerà effettiva, ma per il momento il carico è tutto sulle famiglie.

Anche la requisizione delle case sfitte sembra tutt’altro che una strada percorribile. Infatti, gli unici passi vanno verso il pieno utilizzo delle case ACER (ex case popolari) ma il numero complessivo è irrisorio se confrontato con gli effettivi bisogni degli sfollati. D’atra parte i grandi patrimoni immobiliari, l’invenduto e le proprietà delle banche non vengono toccate perché manca una decisione politica in tale senso e non l’impossibilità pratica come viene rimarcato ad ogni occasione.

Se possibile, la situazione dei moduli abitativi (casette in legno e container) è ancora peggiore, in quanto moltissimi comuni stanno cominciando solo ora a capire il numero di unità da ordinare. Dopodichè si dovranno istituire le gare d’appalto, costruire gli stessi, individuare le aree per il posizionamento ed effettuare il montaggio, sequenza di operazioni che rende irrealistica la promessa del Commissario di trovare una soluzione per tutti entro l’inverno.

Un ulteriore problema che riguarda la questione abitativa è l’aumento esponenziale del costo degli affitti (in certi casi addirittura triplicato) che si sta verificando inesorabilmente in accordo con la legge della domanda-offerta. Un’ulteriore aggravante è costituita dal fatto che agli affittuari vengono richieste le stesse garanzie previste dai contratti di locazione in altri territori che non hanno subito la devastazione di un terremoto e questo rende la soluzione dei CAS non percorribile per moltissime famiglie. Nonostante ciò, ad oggi non è stato inserito nessuno meccanismo di calmieraggio.

Realisticamente quindi la soluzione che verrà privilegiata nel breve periodo sarà quella di mettere le persone negli alberghi dell’intera Provincia di Modena, ipotesi che oltre a spostare le persone dal proprio territorio è quella economicamente più dispendiosa. Quindi, è plausibile che vengano tolti fondi dalla ricostruzione a causa della poca operatività delle Istituzioni tutte, che in più di tre mesi non sono riuscite a dare risposte adeguate.

 

IL LAVORO. Immediatamente dopo l’emergenza abitativa si pone il problema del lavoro e di conseguenza quello del reddito. Il territorio della Bassa modenese è già da anni investito da una grave crisi che ha portato alla ristrutturazione di interi settori produttivi con la conseguente perdita di moltissimi posti di lavoro. In questo contesto si è inserito il terremoto che ha colpito gravemente soprattutto i capannoni industriali, basti pensare al numero delle vittime ovvero operai che in alcuni casi sono stati costretti a tornare a lavorare in condizioni di non-agibilità come le numerose inchieste della magistratura stanno evidenziando.

I dati ufficiali pubblicati dalla Regione parlano per la sola Provincia di Modena: 3.336 aziende che hanno chiesto la cassa integrazione per un totale di 33.555 lavoratori. Tuttavia, tali lavoratori possono ritenersi “fortunati”, in quanto almeno mantengono una fonte di reddito, mentre è incalcolabile il numero di coloro che il reddito l’hanno perso completamente come i lavoratori a termine, gli atipici, i commercianti delle zone rosse o chi lavorava in nero (tipologia sempre in aumento nei periodi di crisi).

Dunque, mentre l’immobilismo regna sovrano anche per quanto riguarda la ripresa delle attività, ora il rischio concreto è quello della delocalizzazione, ma soprattutto inizia a farsi sentire in maniera pesante la mancanza di reddito per molte famiglie al di là della condizione della casa.

 

LE SCUOLE. Con l’avvicinarsi dell’inizio dell’anno scolastico emerge in tutta la sua drammaticità anche questo problema. Eravamo partiti dalle solite dichiarazioni di Errani che indicava nelle scuole la priorità e poneva metà ottobre come inizio massimo delle lezioni e ci troviamo nella situazione attuale dove molti alunni saranno costretti a dividersi le aule (o meglio i container) con orari sfalsati su tutta la giornata e costretti a fare decine di chilometri in pullman per spostarsi in altri paesi. Problematica che può essere affrontata (con molti sacrifici) da chi frequenta le scuole medie e superiori, ma catastrofica per i bambini delle materne e delle elementari.

 

I MEDIA E LA PROPAGANDA. Aspetto da non sottovalutare è il silenzio che i media hanno fatto cadere sulla Bassa terremotata, cosicché al di fuori di tali territori è ormai diffusa l’idea che i problemi siano quasi completamente risolti e vengono evidenziate solo le situazioni positive. Ma del resto questo meccanismo si era compreso fin dalle prime settimane, quando nessuno parlava del fenomeno delle tendopoli spostanee, cioè di coloro che rifiutando di entrare nei campi della Protezione Civile si sono organizzati nei parchi pubblici. Tali persone, numericamente non inferiori a quelle assistite nei circuiti istituzionali, non hanno mai ricevuto, se non con eccezioni di scarso ilievo, aiuti dalla protezione Civile e il loro sostentamento è stato possibile solo grazie a una fitta rete di solidarietà che tuttora è presente nella Bassa.

Al silenzio dei media si aggiunge il ruolo che stanno avendo i partiti ed in particolare il PD, che oltre a rappresentare il presidente della Regione e Commissario Errani include la quasi totalità dei sindaci della Bassa. Si è iniziato parlando della grande forza e laboriosità degli Emiliani, esaltando il fatto che ce l’avrebbero fatta da soli a risollevarsi dal terremoto e che in questo caso non sarebbe finita come a l’Aquila. Bene, ora possiamo dire che l’esaltazione dell’Emilia non ha portato ad altro che alla totale mancanza di misure concrete e risolutive da parte delle Istituzioni e il governo Monti in primis non sta facendo niente… “tanto ce la fate da soli”. Analogamente, il vanto di non aver avuto una struttura commissariale come quella dell’Aquila con il grande merito di non aver tolto i poteri ai sindaci appare del tutto strumentale. Infatti, tutto ciò a portato sì a una maggiore autonomia, ma soprattutto al fatto che l’emergenza sia stata scaricata quasi completamente sui Comuni che non hanno assolutamente né le risorse né le capacità per risolverla.

E un discorso specifico riguarda proprio i sindaci, con i mille distinguo del caso: ci sono quelli che lavorano incessantemente e cercano un continuo dialogo con la popolazione e quelli che si chiudono nel proprio ufficio a rilasciare interviste per darsi visibilità ma cercano di coprire la mancanza di risposte tra le maglie della burocrazia. Nonostante le diversità, tutti i Sindaci condividono la medesima responsabilità: nessuno di loro sta sollevando criticità forti nei confronti del Commissario Errani e del Governo Monti. Se infatti è chiaro a tutti che i sindaci da soli non possano risolvere i problemi della Bassa terremotata, almeno gli si chiede di farsi portavoce delle problematiche dei cittadini presso coloro che dovrebbero trovare la soluzioni. Purtroppo questo non accade ed è facile intuire che non sia “permesso“ criticare né Errani, personaggio di punta del PD, né il governo Monti in quanto sostenuto dallo stesso PD, ma sia più comodo relegare i sindaci ad un ruolo di controllo sociale, forti del gran radicamento che il PD ha nel territorio emiliano, pratica che del resto questo partito, a prescindere dai cambiamenti di sigla e composizione, ha già dimostrato di saper ben mettere in atto nei decenni passati.

In aggiunta, in questo periodo di “feste democratiche”, il terremoto viene usato come slogan elettorale, facendo credere che il buon governo che esprime il centro-sinistra stia risolvendo tutti i problemi. Emblematico è lo slogan della festa di Modena: “Ricostruiamo l’Emilia – l’Italia che funziona” che suona come una presa in giro per chi dorme in tenda sotto l’acqua perché di cose che funzionano, almeno per ora, ce ne sono veramente poche.

Infine, la questione dei rimborsi. E’ stata emanata una ordinanza che fa partire i rimborsi per quelli che hanno la casa con inagibilità classificata B e C (danni lievi) demandando alle banche l’erogazione di mutui che verranno coperti con i soldi statali fino ad un massimo dell’80% (è la prima volta che in Italia non viene garantita la piena copertura per eventi di questo tipo). Oltre al fatto che di queste direttive molte banche ancora non sanno nulla, ma ormai non siamo qui a stupirci per promesse non mantenute, ci sembra paradossale che si parta col risarcire le tipologie di danni minori, che comunque sono anche quelle numericamente più diffuse, mentre nulla si sappia in merito alle situazioni più gravi. E allora il pensiero va subito alle tornate elettorali del 2013 e 2014, che interesseranno molti Comuni della Bassa, e alla subdola ricerca di voti tra coloro che rientrano in questa classificazione.

 

IL CAOS DELLE ORDINANZE. Tutto il sistema del Commissario Errani si regge sull’emanazione di ordinanze sui temi più disparati, che vengono prodotte con frequenza quasi giornaliera. Una raffica di regole confuse che sta creando un caos legislativo, da un lato incomprensibile per il cittadino e dall’altro spesso inattuabile concretamente. Infatti, le diverse ordinanze in molti casi si contraddicono l’una con l’altra, costringendo Errani ad emanarme un’ennesima per risolvere il problema.

La questione più eclatante è quella della certificazione antimafia (Soa), che le imprese che eseguono i lavori devono avere. Il 31 Agosto è uscita l’ennesima ordinanza la quale, rivisitando quelle precedenti, afferma che per lavori al di sotto dei 150.000 euro la SOA non è indispensabile. Il contrordine è stato dettato dal fatto che molte aziende non avrebbero avuto il tempo di ottenere la certificazione nei tempi previsti ai fini del risarcimento. E’ possibile che l’immediata conseguenza di ciò sia che il rischio di infiltrazioni malavitose si faccia ancora più concreto in un territorio già ampiamente invaso dalle cosche, soprattutto quelle dei casalesi. Che ci si trovi, dunque, di fronte allo smascheramento dell’ennesima promessa, quella che vede il PD in prima linea contro le mafie?

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