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Nuova legge sulla casa in Toscana, attacco diretto al diritto all’abitare

Come era da aspettarsi è giunta alla fine di dicembre la proposta di nuova legge sulla casa della regione Toscana, con l’intenzione, da parte dell’assessore Stefania Saccardi e dell’intera giunta, di giungere ad un’approvazione in fretta e furia entro la metà di gennaio, visto l’avvicinarsi delle prossime elezioni regionali.

Quando questo provvedimento fu annunciato, i primi giorni di dicembre, in centinaia fra occupanti di casa, famiglie in emergenza abitativa ed abitanti degli alloggi popolari tra Pisa, Livorno e Firenze, si mobilitarono. L’intenzione era quella di definire le priorità per chi realmente vive l’emergenza abitativa ed evitare che questa legge seguisse la direzione del piano casa nazionale, che è risultato essere un vero e proprio atto di guerra ai poveri da parte del governo. Tra le richieste dei movimenti vi era quindi un’attenzione particolare verso lo sfratto per morosità, la necessità di un adeguato mantenimento (ed incremento) del patrimonio ERP senza gravare sugli inquilini, il riconoscimento della situazione e dei diritti degli occupanti di casa per necessità.

Sembra invece che la proposta elaborata dalla giunta toscana vada in una direzione decisamente diversa, riproponendo un modello che fa dell’inclusione ed esclusione dal diritto alla casa un’arma di ricatto nei confronti di tutte le esperienze autonome di riappropriazione dell’abitare.  Piccole migliorie, come timidi accenni all’autorecupero, maggior considerazione delle situazioni di handicap ed anzianità, fanno da contraltare ad una situazione nel complesso assolutamente disastrosa.

Esclusione degli occupanti dall’accesso alle case popolari

E’ proprio la maggior rigidità dei criteri di accesso alle graduatorie ERP il punto centrale di questa nuova legge; maggiore severità nei confronti  dei possedimenti; sarà richiesta la residenza anagrafica o attività lavorativa stabile nel comune da almeno 5 anni. Ma soprattutto vi sarà l’esclusione immediata dal bando per le famiglie che nei 5 anni precedenti hanno occupato alloggi, qualunque sia la proprietà. Si intende quindi delineare un’impostazione assolutamente punitiva secondo cui l’assegnazione di una casa popolare sarà il miraggio con cui costringere centinaia di famiglie ad accettare ogni tipo di percorso umiliante e degradante proposto dagli enti locali o dai servizi sociali, compreso lo smembramento del nucleo famigliare o la permanenza in strutture. Chi invece imbocca la strada dell’occupazione, della lotta contro lo sfitto e la rendita immobiliare, dovrà scontrarsi con l’esclusione per legge dalla possibilità di accedere alle graduatorie ERP. E’ importante sottolineare come, da una parte si produce una norma che ha il sapore della ripicca contro i movimenti, poiché, in maniera totalmente decontestualizzata vengono attaccate tutte le occupazioni (in toto, non solo le occupazioni di case popolari), fra l’altro aprendo lo spazio ad un’ampia discrezionalità, in quanto non è chiaro come verrà identificato l’occupante abusivo (basterà avere una denuncia per occupazione? Servirà una condanna?). Dall’altra parte non si apre invece nessuno spazio di regolarizzazione (come invece era stato sembrato) per gli occupanti storici di alloggi ERP. La scelta è quella dello scontro frontale con tutte le forme di riappropriazione che nel corso degli anni hanno sopperito alle incapacità ed inadeguatezze degli amministratori.

Aumento dei canoni di locazione degli alloggi ERP

Con una disposizione che ha l’odore della beffa, mentre nei quartieri popolari si moltiplicano le richieste di maggiori investimenti per il ripristino di strutture fatiscenti, e di moratorie per gli inquilini che non riescono a sostenere nemmeno l’affitto della casa popolare (anche perché spesso il canone viene “drogato” con una serie di spese aggiunte), giunge la proposta di aumentare il canone per la soglia di reddito minore (cioè la fascia degli assegnatari senza reddito o con reddito bassissimo) che diventerà di oltre il triplo.

Annullamento dello sfratto tra i criteri di punteggio

Viene quindi portata a compimento una sperimentazione già iniziata in alcuni territori, ad esempio nel comune di Pisa, dove nell’ultimo bando alle famiglie in graduatoria sono stati decurtati i punti della morosità. Di fronte ad una situazione, quella dell’emergenza sfratti, che sta assumendo dimensioni drammatiche, la decisione è quella di non rinforzare gli strumenti esistenti, ad ora insufficienti (vedi il punteggio in graduatoria ERP per lo sfratto), ma di smantellarli completamente. Lo sfratto per morosità non darà punteggio, e nemmeno altri criteri di disagio abitativo, come l’alloggio procurato o il sovraffollamento; sarà invece prevista una quota di alloggi da destinarsi esclusivamente agli sfrattati. Un contentino che non solo sarà evidentemente insufficiente, ma anche più facilmente controllabile, in maniera discrezionale, da parte di servizi sociali ed enti, per effettuare o meno assegnazioni secondo criteri premiali o punitivi.

Decadenza del diritto all’alloggio ERP

Con questa legge avere la casa popolare diverrà molto più difficile, in compenso diverrà estremamente più facile perderla, poiché aumenteranno le motivazioni e si irrigidiranno i criteri che portano alla perdita dell’alloggio, con un prevedibile conseguente aumento degli sfratti da casa popolare.

In che direzione va il diritto alla casa?

Se questa legge venisse approvata lo smantellamento del diritto alla casa muoverebbe di un altro passo. L’esclusione strutturale dalla possibilità di ottenere un alloggio ERP di un numero sempre maggiore di famiglie che ne avrebbero diritto va di pari passo con il proliferare di misure alternative, tamponi inefficaci che poco o nulla riescono a fare per arrestare questa emergenza, ma che molti soldi portano nelle tasche dei privati. E’ il caso, ad esempio, dei sempre più cospicui finanziamenti riversati nelle tasche del proprietario di casa per sospendere per qualche mese uno sfratto per morosità, piuttosto che delle strutture di albergazione private affittate a cifre esorbitanti per stipare le famiglie sfrattate, o tutti i variegati esempi di housing sociale. Questi tipi di intervento sono ovviamente incentivati e promossi nella proposta di legge regionale; di pari passo si propone il reperimento o l’acquisto dello sfitto invenduto dei grandi proprietari per utilizzarlo contro l’emergenza abitativa. Ma fino ad ora, per lo meno nel caso di Firenze, le lobby di costruttori hanno fatto quadrato dichiarando di voler essere loro ad imporre i prezzi. La questione abitativa sembra pendere inesorabilmente verso il definitivo strapotere delle grandi finanziarie e degli speculatori privati. L’emergenza reale viene nascosta sotto il tappeto oppure riciclata per promuovere nuovi fronti di profitto nella gestione dell’assistenza. Il discorso istituzionale non fa altro che alimentare questo circolo vizioso. Da queste considerazioni devono ripartire oggi i movimenti di lotta per la casa, in Toscana come in Italia, per riaffermare un livello di mobilitazione adeguato ed efficace.

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