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La lotta alla Fincantieri di Palermo scongiura nuove cassintegrazioni

Sono stati necessari otto giorni di scioperi e lotta perché la direzione della Fincantieri di Palermo si mettesse concretamente alla ricerca di una commessa ed evitasse lo stop completo dei lavori allo stabilimento. Circostanza che, insieme alla vicenda sulla commessa Costa che ha scatenato la protesta dei lavoratori, non fa altro che irrobustire i sospetti sulla volontà di creare una crisi controllata da parte dei vertici aziendali volta a giustificare licenziamenti e riassetti organizzativi di cui da tempo si vocifera.

 

LA CRONACA DELLA LOTTA

Lunedì 18 luglio, il malcontento e la rabbia che anima da giorni gli operai della Fincantieri di Palermo, è nuovamente esploso.

Mesi (anni) di sacrifici ed inganni hanno colmato la misura e l’ennesimo atto di, per lo meno, incompetenza ha chiamato gli operai ad una risposta forte e chiara. Una risposta che dia il senso di cosa significhi giocare al massacro con le vite di centinaia di famiglie.
Le famiglie dei lavoratori della Fincantieri di Palermo e dell’indotto, ultimo grande centro produttivo del capoluogo isolano, a seguito della mancata commessa Costa (vicenda in cui uno dei leader mondiali della cantieristica navale riesce a farsi soffiare una commessa centrale da un piccolo concorrente, circostanza improbabile e che fa pensare a possibili, e non del tutto chiari, retroscena in cui si sarebbe tentato di sfruttare l’insuccesso ‘accidentale’ per una ristrutturazione indolore degli assetti societari e/o produttivi), compiono infatti un ulteriore passo verso la totale precarizzazione delle loro vite. Precarizzazione che nel perpetuarsi delle casse integrazioni rese ancor più generalizzate e, sostanzialmente, continue dalla mancanza di commesse (con la sempre più insistente e preoccupante voce, in tal senso, di un affidamento a compagnie esterne dei lavori di ristrutturazione dei bacini), ed i possibili, a più riprese paventati, futuri licenziamenti sta disegnando un avvenire assai oscuro per chi col lavoro nello stabilimento ha finora vissuto.
A tutto questo la risposta operaia è stata, in un crescendo di rabbia, la lotta. Le prime giornate,ormai sei, di sciopero di settimana scorsa ed ora l’occupazione della direzione aziendale della Fincantieri, una palazzina adiacente alle officine ed ai bacini, ed il blocco stradale dell’antistante via dei cantieri, con un’auto data alle fiamme e vari elementi dell’arredo degli uffici a sbarrare il passaggio.
Una rabbia che non si muove per nulla ciecamente ma che anzi individua con lucidità nella proprietà (fin nelle sue vere o presunte incapacità) la propria controparte, una controparte per proprio conto, e come va dimostrando ormai da tempo, del tutto ostile alle ragioni operaie e che dunque non merita nient’altro.
Gli occupanti continueranno a restare sul tetto della palazzina finché la situazione in cui versano gli operai della Fincantieri a Palermo non conoscerà soluzione. Senza commesse ed una conseguente significativa riduzione del ricorso alla cassa integrazione gli operai continueranno ad occupare.

 

ascolta l’intervista a Serafino, operaio fincantieri

 

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AGGIORNAMENTI

 

martedì 19 luglio

Nella giornata diverse visite di solidarietà agli operai sul tetto, tra tutti, particolarmente ben accolti, gli ex-operai dello stabilimento ora in pensione che hanno portato la loro solidarietà e la memoria delle lotte passate. Nel pomeriggio un gruppo di operai s’è recato in via D’Amelio a ricordare, alle tante celebrità istituzionali là radunatesi, che oltre alle esauste, e spesso vuote, liturgie civili esistono a Palermo, e nel paese, questioni reali.

 

mercoledì 20 luglio

In memoria di Carlo Giuliani, ucciso dieci anni fa durante le giornate di lotta al G8 di Genova dalla sbirraglia posta a difesa degli interessi del capitale, esposto dal tetto occupato uno striscione che lo ricorda.

 

giovedì 21 luglio

Stamattina è arrivata in assemblea la notizia cominciata a circolare ieri notte su una nuova commessa ottenuta da Fincantieri per la trasformazione di una ex-petroliera Edison, che richiederà circa otto mesi di lavoro e la riapertura di un’officina precedentemente chiusa. Ciò permetterà di continuare sui livelli di produzione che sono ormai “normali” e che fanno ricorso alla cassa integrazione a rotazione. Non è dunque certo la panacea di tutti i mali, ma evita la chiusura dello stabilimento e rasserena in parte i lavoratori colpiti dalla condizione di precarietà dei lavoratori.

La nave era ancorata in un porto greco da circa due mesi in attesa di un’offerta per l’opera di trasformazione, e solo la pressione operaia di questi giorni ha dato la spinta necessaria ai vertici aziendali per interessarsene.

Dopo questa vittoria gli operai hanno chiuso l’occupazione del tetto della direzione che si protraeva da tre giorni con la consapevolezza che le crisi non arrivano per caso e che lottando le si rimandano al mittente con gli interessi.

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