Pisa: lo sciopero sociale attacca le speculazioni
La multinazionale svedese vanta utili milionari dall’apertura dello store pisano e contemporaneamente si conferma, come nel resto di Italia, ai primi posti per sfruttamento dei lavoratori; sono undici infatti, gli interinali lasciati a casa dal primo ottobre scorso e che raccontano di condizioni di lavoro senza dignità, di ricatti e di un’ipergerarchizzazione dei ruoli con l’obiettivo di creare una guerra tra poveri all’interno dell’azienda.
Il blocco è andato avanti per oltre tre ore e poi il picchetto è confluito nel concentramento davanti lanciato nei giorni scorsi davanti al comune.
Lì ad attenderli c’erano decine di studenti medi, attivisti della lotta per la casa, lavoratori dell’autonoleggio dell’aeroporto e comitati dei quartieri popolari reduci dalla grande giornata di lotta contro l’Apes di due giorni fa.
Sul camion da cui partivano numerosi interventi, spiccava un grande striscione in solidarietà a Luca e Paolo, privati ormai da mesi della loro libertà per aver sempre lottato generosamente per il diritto alla casa. In piazza sventolavano bandiere ‘Stop sfratti’, bandiere No Tav, bandiere rosso-crociate simbolo della città e bandiere in solidarietà alla resistenza Kurda e Palestinese.
Intorno alle 10 i manifestanti sono partiti in corteo bloccando il traffico sui lungarni e dirigendosi verso la Sepi, l’agenzia di riscossione dei tributi comunali e delle multe.
Giunti sotto l’edificio, al grido di “le tasse vanno su, noi non paghiamo più”, sono stati occupati gli uffici ed è stato esposto uno striscione che ben riassume I motivi della protesta: “se il lavoro non è più un diritto, pagare le tasse non è più un dovere”.
Il corteo ha poi attraversato il centro-vetrina dirigendosi verso l’Ufficio Scolastico Provinciale, quello che un tempo era il Provveditorato. Qui numerosi interventi degli studenti e dei Comitati di Quartiere hanno sottolineato l’insostenibilità delle spese scolastiche: a fronte di un servizio quasi inesistente e di infrastrutture che cadono a pezzi, le famiglie sono costrette ogni mese a spendere centinaia di euro per materiale didattico, mense e “contributi volontari” ( per materiale igienico ecc…).
I manifestanti si sono poi diretti verso la stazione, circondati da un ingente schieramento di forze dell’ordine.
Superati i binari, lo Sciopero Sociale pisano ha intercettato il Pisa Mover, ennesima speculazione economica del Comune di Pisa in combutta con i soliti privati: da qualche tempo il trasporto da e per l’aeroporto (1,5 km circa) viene effettuato con dei pulmini che hanno sostituito il treno, si sovrappongono ad una corsa della compagnia di trasporti cittadina e andranno a scomparire con la realizzazione di una grande opera inutile, il “People Mover”, che verrà a costare 80 milioni di euro.
Il pulmino è stato bloccato e sanzionato in una delle vie del quartiere di San Giusto che è diventato crocevia di decine di corse giornaliere che peggiorano ulteriormente le condizioni di vita degli abitanti.
Il corteo ha poi raggiunto l’aeroporto dove è stato sanzionato il cantiere del People Mover.
Subito dopo sono passati in testa al corteo i lavoratori in sciopero dell’Orange, ditta che si occupa del lavaggio e del trasporto dei mezzi dell’autonoleggio presente nello scalo pisano.
Al grido di “sui posti di lavoro ci sfruttante, ma le nostre vite non le noleggiate”, insieme ai manifestanti è stato invaso l’androne che dà spazio ai front office dell’autonoleggio.
Qui diversi interventi hanno raccontato le disumane condizioni di lavoro che sono, inoltre, accompagnate da contratti di lavoro di dubbia regolarità.
I lavoratori, decisi a conquistare condizioni di dignità, hanno affermato con forza che quello di ieri è stato solo l’inizio e che che torneranno presto a farsi sentire se non ci saranno cambiamenti.
Lo Sciopero Sociale del 16 ottobre, lanciato a livello nazionale, ha visto le strade di Pisa attraversate da tante anime che hanno deciso di mettersi in gioco partendo dalla consapevolezza che solo connettendo lotte diverse si può diventare più forti, partendo dalla consapevolezza che “tutti insieme facciamo paura” e che “se toccano uno toccano tutti”.
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