Puntare il dito sull’albero che sta facendo marcire i suoi frutti
Condividiamo le parole di chi opera quotidianamente nel quartiere in cui è cresciuto Ugo Russo, il ragazzo ucciso la scorsa notte da un carabiniere non in servizio durante un tentativo di rapina, e cerca di dare un’alternativa tra mille difficoltà alla vita di strada.
Stamattina, come ogni domenica, ci siamo svegliati carichi per andare con i nostri ragazzi sui campi di calcio per vivere e far vivere a loro una bella giornata di sport. Invece, appena scesi da casa, siamo rimasti attoniti e sbigottiti di fronte all’ennesima tragedia che ha colpito un ragazzo del nostro quartiere. Ugo, un ragazzo di 15 anni, conosciuto da molti ragazzi della nostra squadra, viene ammazzato da un carabiniere dopo il tentativo di una rapina. Dalle notizie che emergono di ora in ora sembra che Ugo abbia ricevuto anche un colpo alla nuca, mentre scappava.. Era un ragazzo Ugo, e ieri sera voleva vincere la vita con una pistola giocattolo. Era un ragazzo come tanti Ugo, uno come quelli con i quali ci confrontiamo ogni giorno, nelle scuole di quartiere, sui campi di calcio. Era un ragazzo Ugo, uno di quegli scugnizzi che alleniamo a prendere a calci un pallone invece che la propria vita, uno di quei ragazzi ai quali cerchiamo di cambiare il futuro, sperando che non vadano in giro a fare guai, ma che non diventino nemmeno sceriffi che si sentono nel far west.
Abbiamo ancora i brividi leggendo quello che è successo, ma una domanda continua a rimbombarci in testa: può una vita, a maggior ragione quella di un ragazzino, valere quanto un fottuto orologio!?
Con ancora grande sconcerto ci chiediamo perché un ragazzo di 15 anni che vive nei vicoli di una metropoli come Napoli decide di affermarsi in questo modo invece di andare a scuola, studiare e vivere un’adolescenza spensierata. E cosa ha fatto questa città per aiutarlo a non trovarsi nel posto sbagliato a fare la cosa sbagliata!?
Invece di invocare un giustizialismo da pistoleri e demonizzare senza appello Ugo, la sua famiglia, i ragazzi di questi quartieri, bisogna saper rispettare il dolore e avere il coraggio di puntare il dito anche contro quell’albero che sta facendo marcire i suoi frutti, contro chi, come denunciamo da molto tempo, per questi ragazzi non trova nemmeno un posto dover permettergli di calciare un pallone.
Era un ragazzo Ugo, che voleva vincere la vita con una pistola giocattolo. Che e’ stato ucciso con un colpo alla nuca. Che ha preso a calci la sua vita invece di un pallone.
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