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Ripartire subito. Per non morire di 15 ottobre

Spiacenti, ma siamo ai titoli di coda.

Smettiamola tutti di recitare il ruolo dei buoni perché, come si dice a Roma, in questo copione “er più pulito c’ha ‘a rogna”. E’ necessario anzi ripartire subito, senza aspettare altro tempo: bisogna tornare in piazza per non morire di 15 Ottobre.

La moltitudine qualcuno insegna che è composta da individui e soggettività. Ogni soggetto di questo aggregato sociale chiamato movimento, anche se non comunica con tutti i suoi rivoli, è un pezzo fondamentale di cui non si può non tenere conto. Se delle cose non funzionano, non funzionano per tutti, non solo per quei pochi contro cui si scaglia la macchina mediatica del fango. Non si risolve il problema prendendo le distanze e facendo i distinguo: pensare solo alla traiettoria disegnata dal proprio percorso politico è folle quanto bruciare macchine a via Cavour. D’altronde i buoni e i cattivi sono personaggi dei film, nella realtà le contraddizioni non permettono questa dialettica spicciola.

Partendo da queste facili considerazioni, chiediamo che tutti quanti si schierino contro gli arresti che stanno avvenendo in Italia.

Esprimiamo solidarietà incondizionata a tutte le migliaia di persone che hanno subito e resistito ai vergognosi caroselli di piazza San Giovanni. E in particolare, un abbraccio forte allo studente autorganizzato che mentre giaceva a terra gravemente ferito, è stato manganellato dalle forze dell’ordine. Saperlo in buono stato, di nuovo a casa, tra l’affetto del suo quartiere, dopo quasi due settimane di ospedale, è una gioia che abbiamo difficoltà ad esprimere.

Siamo un collettivo che opera nella periferia romana, che vive con distanza il noioso dibattito tra le anime di movimento. A noi la voce dell’indignazione suona tanto da discussione intavolata a cena da famiglie dei salotti buoni della capitale. Nel nostro territorio la gente è incazzata, ma questo non basta a farla scendere in piazza. Se oggi le sacche di ceto basso e ceto medio impoverito manifestassero la loro giusta rabbia, non avremmo una prospettiva rivoluzionaria o di semplice cambiamento, lo scenario sarebbe piuttosto la barbarie. La stessa barbarie che intravediamo, con tutti i distinguo del caso, in alcuni fatti del 15 Ottobre.

A questo punto il tema dell’organizzazione dei processi di lotta, che abbiano chiari obbiettivi e giuste pratiche, è un elemento centrale. Dalla gente della Val Di Susa abbiamo imparato che le pratiche che portano risultati, anche quelle più radicali, sono frutto della discussione tra tutte le anime del movimento. Per evitare lo scontro tra poveri è importante non farsi trovare disorganizzati. D’altronde qualsiasi opzione d’alternativa elettorale scricchiola di fronte all’irrappresentabilità espressa dai diversi settori sociali pronti ad esplodere.

Il governo Berlusconi forse passerà senza vedere questo big bang sociale, ma i prossimi governi dovranno necessariamente farvi i conti, in ogni modo. Ma chi vuole prendersi l’onere di governare questo paese agonizzante? Noi staremo sempre e comunque fuori dai luoghi della rappresentanza, sempre più convinti che la risposta a questa crisi non possa che venire dal basso e dai processi reali d’autorganizzazione.

Noi siamo pronti.

Collettivo L’Officina – (Ostia)

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