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Scontri all’Osmannoro. La rabbia dei lavoratori cinesi

Passa poco tempo e diventano trecento i cinesi che scendono in strada a manifestare. La polizia in assetto antisommossa carica e iniziano gli scontri e le sassaiole. In strada scendono donne e uomini di tutte le età e intere famiglie: con il passare delle ore diventano in mille a fronteggiare lo schieramento di polizia che cerca di disperdere la protesta a forza di cariche. “Basta violenza”, “Bravo sbirro che picchi i vecchi” e “Protestare!”: sono questi alcuni dei semplicissimi cartelli esposti durante la protesta. La richiesta delle persone scese in piazza, infatti, è altrettanto semplice: “vogliamo che i colpevoli paghino”, con il riferimento ai carabinieri protagonisti dell’ennesimo abuso.

I duri scontri tra polizia e manifestanti sono andati avanti, tra pause e tentativi di dialogo, fino alle 2 di notte, quando con una violentissima carica la polizia è riuscita a disperdere la folla. Falliti i tentativi di mediazione ad opera del Console cinese arrivato sul posto in serata. Due arresti e molti feriti il bilancio degli scontri.

I fatti di ieri riportano l’attenzione sulla realtà complessa e contradditoria delle “ChinaTown” dell’area metropolitana fiorentina. Avremmo voluto essere lì, per guardare con i nostri occhi e inchiestare da vicino ciò che accaduto, come è nostra buona abitudine fare. Non ci è stato possibile. Ma le immagini, i video e le testimonianze che corrono sui social network ci sembrano sufficienti a rifiutare la narrazione proposta dai media main-stream impegnati a incasellare quanto accaduto esclusivamente dentro una dinamica di scontro etnico dai caratteri corporativi. Sebbene sia impossibile negare un certo peso di entrambe le dimensioni, ci sembra evidente che – al netto delle complessità e delle contraddizioni – la rivolta “cinese” dell’Osmannoro parli dell’insopportabilità di una condizione proletaria dove altissimi livelli di sfruttamento si accompagnano ad una condizione pesante di marginalizzazione e di controllo e violenza poliziesca.

Si può guardare a quanto accaduto con gli occhi di da uno sguardo di sfuggita a qualcosa che, in fine dei conti, fa parte di “un altro mondo” che poco conosciamo e che, alla fine, poco ci interessa conoscere. Oppure vederci dentro qualcosa che ha direttamente a che fare con la temperatura sociale di certe aree metropolitane, con le loro contraddizioni e quel rifiuto radicale di un iper-proletarizzazione che – non per la prima volta – anche ai margini nella modesta metropoli fiorentina coglie l’occasione per emergere in forme spurie quanto conflittuali.

da: firenzedalbasso.org

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