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Tra Bolobene e Bolofeccia non è questione di bullismo

 

Calci e pugni. Si è andati ben oltre la realtà virtuale per andare materialmente sul terreno del contatto fisico. I due gruppi si confrontavano da diversi mesi sul social network, prima di passare allo scontro reale, fermato solo dall’intervento di otto pattuglie dei carabinieri.

E’ difficile impostare subito un commento pieno alla vicenda, sulla quale faremo luce più avanti, quando i contorni della vicenda si saranno pienamente delineati. E’ certo però che bisogna evitare il solito atteggiamento mainstream che riduce la vicenda alla questione abusata e consola-famiglie del cyberbullismo.

La rissa infatti sarebbe derivata dalla frequentazioni dei soggetti in causa del social network Ask.com (e non, come si sarebbe potuto immaginare, di Facebook), cosa che ha portato i giornali a parlare di violenza online senza però spendere ancora alcuna parola di riflessione sulla divisione a base cetuale/sociale che avrebbe caratterizzato l’evento, cosa che è stata invece timidamente notata dal capoprocuratore della procura dei minori che ha avanzato l’ipotesi di una “guerra del censo”.

Sarebbe azzardato voler dare una lettura in termini di uno scontro riconducibile a un comportamento politicamente antagonistico delle relazioni sociali tra questi “ricchi” e “poveri”. E’ chiaro però che c’è un impoverimento complessivo sociale che porta a fenomeni di esplosione di rabbia latente quando lo status personale diventa motivo di stigmatizzazione, basata sulla differente ricchezza tra chi abita un quartiere e chi un altro, tra chi frequenta un liceo e chi un istituto tecnico e così via.

Negli scorsi mesi Ask.com era emerso come anche il luogo dove aveva preso corpo l’idea di suicidio della 14enne inglese Hanna Smith, vittima di pesanti e ripetuti insulti. Anche in quel caso fu uno sbracciarsi ed agitarsi di cronisti e commentatori entusiasti di poter vergare ennesime parole moralistiche sull’accaduto.

Ciò che manca è però un’indagine sugli effettivi motivi, sui substrati sociali che spingono poi giovani e giovanissimi ad utilizzare in questa maniera le potenzialità dei social networks; substrati senza dubbio da legare alle condizioni di vita non propriamente esaltanti di migliaia di ragazzi soprattutto delle periferie della città, che sicuramente non possono essere biasimati nel loro possedere un genuino odio verso chi li attacca talvolta sottolineando le loro origini migranti, talvolta lanciandogli banconote false per simboleggiare il loro essere pezzenti, come si legge sui giornali nelle ricostruzione dell’accaduto.

Riflessioni da inserire nel ragionamento complessivo su come riuscire a smuovere il proletariato giovanile verso la contestazione radicale e dura di questo sistema sociale. Riflessioni da inserire necessariamente nell’agenda politica dei collettivi studenteschi che agitano le nostre metropoli.

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