Vendola, il vuoto pneumatico
[Un primo commento utile – ci torneremo sopra anche noi – ai deliri del signor Vendola].
Metti un pomeriggio al caffè un attempato opinionista perbene di Repubblia e un altrettanto attempato leader di una sinistra senza più progetti. Li metti a discutere di black bloc, 15 ottobre e disagio sociale e ti sfornano una sfilza di luoghi comuni fuori tempo e fuori scenario da mettere i brividi per la schiena.
L’unica consolazione, magra davvero, è che gente così – per fortuna, come diceva Nanni Moretti da un palco di piazza Navona – non vincerà mai.
Sul 15 ottobre abbiamo espresso la nostra posizione con editoriali, articoli e ospitando altri punti di vista. Non volevamo neanche noi gli scontri, avremmo magari preferito un’”acampada” dai tempi lunghi. Ma è andata come è andata. Inutile piangerci sopra, meglio ragionarci. Insomma: nessuno può confonderci con qualcun altro.
Abbiamo voluto darvi l’intervista per intero, appena inframezzata con nostre osservazioni, perché è parte integrante della “battaglia delle idee” che ogni giorno si deve affrontare sui luoghi di lavoro o sul territorio. Non si deve far spallucce o limitarsi a riderci su. Bisogna prendere certi argomenti e rovesciarglieli in testa. Come un vaso da notte.
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Vendola: “Black bloc figli del precariato, diamo risposte o sarà un’escalation”
Il leader di Sel: la sinistra si faccia carico della loro rabbia. “Ricorrere a leggi speciali sarebbe un riconoscimento politico, un fiore all’occhiello per i violenti”
di CURZIO MALTESE
Un attempato ammiratore degli incappucciati l’ha aspettato ieri fuori dal bar Canova, in piazza del Popolo, ai margini della manifestazione della Fiom e l’ha aggredito: “Pezzo di merda 1, come ti permetti di dire che quelli di sabato erano barbari? Eroi sono, eroi”. È soltanto l’ultimo e in fondo meno preoccupante episodio di intolleranza nei confronti di Nichi Vendola da parte di un mondo di rivoluzionari immaginari che considera il leader di Sel, come dice lui stesso, “ormai il vero nemico, più della destra, che in fondo gli va benissimo così”.
Redazione. La sviolinata al leader della “sinistra”che sarebbe più odiato della stessa destra è un classico da vecchio Pci. Al fondo, c’è l’insopportabilità di una critica “da sinistra” perché – se giusta (ci sono anche le critiche pretestuose o semplicemente sbagliate, con una casistica praticamente infinita) – rivela una contraddizione insanabile tra quel che una certa posizione politica pretende di essere e quel che effettivamente è. Se poi “il leader” si sviolina da solo… Per chiarezza. Noi pensiamo che Vendola e il suo “pensiero” siano un equivoco. Sembrano dare sponda e spazio ai movimenti dal basso, mentre li canalizzano entro recinti rigidi disegnati da latri. Non certo da Vendola. A questo pensano la Bce e i tanti piccoli o grandi Marchionne. Ergo, non si può secondo noi “odiarlo” più della destra. Semplicemente, non rappresenta la soluzione ai bisogni politici, economici e culturali dei lavoratori e delle “masse subalterne”. E’ un normale candidato alla gestione degli attuali equilibri di potere. Uno fra i tanti. E nemmeno il più sveglio.
Vendola, chi sono, che cosa rappresentano questi incappucciati in nero che s’infiltrano nelle manifestazioni per distruggere le città? Figli di un tempo paradossale o un nuovo partito armato?
“Non è ancora un partito armato, ma c’è il rischio che lo diventi. Possono reclutare nella crescente disperazione delle nuove generazioni e in più godono dell’aiuto di uno stato incapace. La reazione del governo ha dell’incredibile. Non hanno saputo fare prevenzione e hanno mandato allo sbaraglio le forze dell’ordine. E dopo il disastro, che fanno? Il blocco nero chiede la guerra e lo Stato gliela concede. La proposta di leggi speciali va esattamente in quel senso. Di fatto, costituirebbero un riconoscimento politico, un fiore all’occhiello per il blocco nero. Senza contare che naturalmente non servono a nulla. Serve piuttosto che i servizi imparino almeno a leggere quanto circola sulla rete, dove c’era già tutto da giorni e settimane”.
Redazione.Intervistato e intervistatore ignorano entrambi l’argomento di cui parlano (i giovani arrabbiati che il 15 hanno sfasciato qualche macchina e qualche vetrina prima che le cariche della polizia coinvolgessero tutto il corteo). Quindi preferiscono parlare di cose che hanno visto da giovani, senza peraltro capire neanche quelle. La differenza tra sfasciavetrine e un “partito armato” dovrebbe essere scritta nei dizionari o negli atlanti storici, ormai. Ma fa niente. L’importante è dare l’impressione di sapre come affrontare il fenomeno (siamo o non siamo “una coalizione di governo temporaneamente all’opposizione”?). E quindi: niente leggi speciali (almeno questo, evviva…), ma tanta “prevenzione” attraverso i servizi segreti (in Italia!? Detto da uno che dovrebbe essere “di sinistra”!?) e il controllo della rete.
Ma da chi è composto questo aspirante partito armato?
“Il blocco nero coinvolge frammenti di antagonismo e di estrema destra sociale, mescolando vaghi miti ideologici con pratiche da guerriglia metropolitana e di semplice gangsterismo. La palestra ideologica e il luogo concreto di reclutamento sono le curve degli stadi. Quanto al programma politico, diciamo così, è piuttosto rozzo: dagli allo sbirro”.
Redazione. Qui la fantasia letteraria o la passione per i “B movie all’italiana” prende decisamente il sopravvento. Dove’era sabato 15 l’”estrema destra sociale”? Le cronache dei giornali, semmai, riportano che un grosso spezzone di “ragazzi furibondi”, defluendo da S. Giovanni, ha attaccato la “storica” sede fascista (pardon, ora del Pdl) di piazza Tuscolo. Un tempio inviolabile, per l’”estrema destra”, seconda solo forse a quella di Acca Larenzia. Quanto alla “formazione da stadio”, evidente qua e là negli scontri, non ci sembra sorprendente: se è quello l’unico luogo di socializzazione, da lì qualcosa deve pur uscire fuori. Vogliamo dire: essere andati allo stadio e essere “di destra” non sono affatto sinonimi. Basta chiedere a livornesi, ternani, genoani, ecc. E pure a qualche romanista, cribbio!
Del terrorismo rosso si disse che c’entrava, in qualche modo, con l’album di famiglia della sinistra e purtroppo era vero Ma esiste oggi un legame reale fra black bloc e movimenti?
“Stavolta non dobbiamo avere ambiguità. Il blocco nero è l’esatto capovolgimento politico della principale idea da cui sono partiti i movimenti in questi anni, cioè la tutela dei beni comuni. Loro negano proprio il bene comune. La città, la piazza, nel significato di bellezza urbana e di luogo della politica, per il blocco nero non sono beni comuni, terreni da attraversare con amore e rispetto: sono prede. Distruggono la città per distruggere la polis, quindi la bella politica, che i movimenti vogliono invece far rinascere. D’altra parte la frattura in piazza è stata nettissima, fra gli indignati e i barbari, come continuo a chiamarli”.
Redazione. Le cattive o le buone letture non devono mai essere sovrapposte alla realtà. E’ un rischio che ogni vero letterato conosce bene. Ma Vendola non sa resistere. Nemmeno si accorge di parlare come un coevo di Romolo Augustolo, che rimira le bellezze della sua città decadente mentre i “barbari” bussano alle porte. I “beni comuni” di cui lui parla si riducono al “decoro urbano”, forma tardiva del perbenismo ormai appagato socialmente. Per quei ragazzi, cui pochi hanno chiesto cosa pensino, è “comune” ciò che si fa insieme. Un (ex) comunista dovrebbe ricordarlo. E sulla “divisione nettissima” tra buoni e cattivi ci sentiamo di fare una domanda: se fosse così netta, perché fare questa intervista con questi toni? Solo per mettere le mani avanti elettoralmente e non essere attaccato dalla destra come “cattivo maestro”? Questa è un’illusione: gli appiccicheranno comunque addosso questa o altre etichette, a seconda della convenienza del momento. Lo fa per ridurre la propria distanza “umorale” dal Pd? Contento lui… Oppure perché quella “divisione nettissima”ancora non c’è (se non al livello di promotori e dirigenti politico-sindacali) e quindi bisogna crearla? Abbiamo visto partecipare agli scontri molta più gente di quella che aveva fin lì fatto qualche danno marginale in perfetta solitudine. Troviamo “logico” e “normale” che sia avvenuto, perché la carica di polizia “non ha una natura gentile”. E se i blindati fanno caroselli a 50 all’ora in mezo alla folla, alla fin fine si incazza anche chi un attimo prima avrebbe invece preso a schiaffi il cretino che bruciava la Ypsilon di una pensionata. Vendola non conosce più le dinamiche sociali, questo rivela il suo modo di ragionare. “E’ bene” – direbbe Valentino Parlato – che continui a parlare così. Se ne accorgerà alla fine anche chi per il momento ancora lo vede come una possibile “svolta”.
Una frattura politica, ma anche emotiva, fra chi comunque crede ancora in un progetto di cambiamento e chi è in preda a una furia nichilista, disperata.
“Se esiste un elemento che illustra l’egemonia culturale di questi anni è il concetto di “eterno presente” elaborato dal filosofo Pietro Barcellona. Il passato è stato abrogato, dal futuro ci si aspetta soltanto la perpetuazione del presente all’infinito. In questa terra di nessuno della memoria si muovono gli incappucciati”.
Redazione. Anche i piccoli fremiti di riflessione (l’”eterno presente” è un concetto che svolge un ruolo nella spiegazione di questa realtà) vengono immediatamente spenti con la doccia fredda della retorica. Se il futuro è diventato invisibile, o assume progressivamente i contorni bui del “day after”, chi ha tutta la vita davanti non si muove davvero nella “terra di nessuno della memoria”, ma semmai nel deserto di una prospettiva che brucia le speranze prima che possano formarsi.
Come il terrorismo è stato in fondo il miglior alleato del potere, prolungando la vita di un ceto politico finito, così questi sedicenti antagonisti possono dare una mano alla sopravvivenza di questo?
“Ma sono antagonisti a che cosa? Gli incappucciati sono l’altra faccia della violenza del Potere con la maiuscola. Ne condividono il machismo, lo spirito eversivo, perfino il gusto per la mascherata. Erigono barriere, escludono dalla lotta i deboli, hanno in testa una loro zona rossa dove si separa l’estetica della guerra dall’etica della politica”
Redazione. C’è la confessione di non sapere, ma non gli fa problema. Anche l’intervistatore, però, non lo aiuta (“il terrorismo è stato in fondo il miglior alleato del potere”), riportandolo ad analogie con fenomeni (peraltro incompresi) del lontano passato, anziché alle difficoltà del presente. Sorvoliamo per carità di patria sul “machismo” e “il gusto della mascherata” (in una città posseduta dalle telecamere, coprirsi il volto diventa quasi un gesto di pudore, si potrebbe rispondere).
Al potere italiano i sovversivi sono sempre piaciuti, perché?
“L’humus è lo stesso. Quello che Gramsci chiamava il sovversivismo delle classi dirigenti italiane. Il presidente del consiglio che favoleggia con un personaggio come Lavitola una specie di rivoluzione di piazza, tumulti violenti contro sedi di giornali e palazzi di giustizia, s’inserisce appunto nel filone di questa storia”.
L’odio degli incappucciati nei confronti delle forze dell’ordine può essere visto come un pendant dal basso delle campagne di un potere criminaloide contro i magistrati?
“Nel nome del comune disprezzo per la legalità, che è la base del gioco democratico. Ora non voglio citare la famosa poesia di Pasolini sugli scontri di valle Giulia, ma insomma ricordare che i poliziotti sono lavoratori, vengono dalle classi popolari e sono ridotti a furia di tagli in condizioni di lavoro penose. Il crollo di consenso della destra nelle caserme è palpabile e con la frustrazione, il dolore di quel mondo una sinistra che voglia davvero cambiare le cose deve confrontarsi, dare risposte. Ed è quello che avviene già spontaneamente in piazza, anche e anzi soprattutto nella piazza del 15 ottobre. L’applauso dei manifestanti pacifici alle forze dell’ordine che caricavano il blocco nero, la carezza del poliziotto a una manifestante colpita, sono gesti nuovi e importanti”.
Redazione. La coppia al bar ormai se la suona e se la canta. Dove non riesce stona. Il “comune disprezzo della legalità” è un insulto persino alla cultura onestamente riformista. Un ricco e potente che non rispetta le leggi che anche lui ha contribuito a scrivere (sono quelle che lo difendono, in fondo) è un “eversore”, uno che ritiene che le leggi servano a sottomettere gli altri, non lui. AL fondo della scala sociale, al contrario, infrangere la legge può diventare una necessità vitale. Poeta per poeta, “oggi sappiamo che è un delitto il non rubare quando s’ha fame”. Certo, per capire il poeta – e anche il gesto – bisogna avere avuto fame qualche volta nella vita. Ma il poeta vero lo capisce anche se non gli è mai capitato personalmente. Sulla “popolarità” della polizia, infine, sarebbe ora di chiudere il discorso con la retorica. In ambiente capitalistico, la realtà è quella descritta da J. Gould, costruttore e proprietario di ferrovie, che nel 1886 affrontava così uno sciopero dei suoi dipendenti: “Posso assumere metà dei lavoratori perché uccidano l’altra metà”. Che vengano dal popolo è certo quanto lo scopo per cui esistono.
Senza voler trovare alibi alla sociopatia, non trova che comunque fra i giovani la categoria dei non rappresentati sia pericolosamente cresciuta negli anni, col rischio di alimentare esplosioni di rabbia sociale?
“E si allargherà sempre di più fino a quando la politica e i media non capiranno che la questione del lavoro precario, della vita da precari, è il problema numero uno. Prima del debito pubblico, della crisi, dei precetti del Fondo Monetario o delle banche centrali. La precarizzazione di intere generazioni può portare a una rottura antropologica. Questo fenomeno o trova una rappresentazione mediatica e una rappresentanza politica oppure rischia di fare la fortuna dei blocchi neri, quelli di strada e quelli di palazzo. Del resto, se lo comprendono Draghi e i vescovi, confido che possa farlo anche il centrosinistra italiano”.
Redazione. La “sociopatia”, ecco il problema. Sia chiaro: non c’è nulla, ma proprio nulla, che Repubblica possa prendere in considerazione per “comprendere” quel che è accaduto. E quindi non può capirlo. Anzi, non vuole. Ma Vendola, se vuole partecipare speranzosamente alle elezioni, una “ragione” la deve pur trovare. La precarietà va benissimo, lo dice persino Draghi!
Non esiste davvero alcun legame fra le imprese del blocco nero e l’alba del terrorismo?
“Troppa storia è passata, con cambiamenti epocali. Un solo pericolo è comune. Il fascino della vecchia idea che i fini possano giustificare i mezzi. Ora, se la storia del Novecento ci ha insegnato qualcosa è che per un mondo più gentile si può ottenere soltanto praticando la gentilezza. Un mezzo barbaro prefigura un esito di barbarie. Lo dico mentre passano queste immagini della rivolta in Libia, che mi preoccupano. Perché ho paura di chi festeggia il vilipendio di un cadavere, perfino se è il cadavere di un dittatore assassino come Gheddafi”.
Redazione. Conclusione buonista selettiva: far vedere i cadaveri offende il “decoro urbano”. Quanto alle lezioni della storia (“se la storia del Novecento ci ha insegnato qualcosa è che per un mondo più gentile si può ottenere soltanto praticando la gentilezza”), ci sia permesso ricordare che se l’Europa occidentale non ha conosciuto più guerre dal 1945 in poi è stato grazie alla sconfitta del nazifascismo. Contro cui fu usata tutta la “gentilezza” di cui l’umanità poteva disporre…
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