A Sigonella in centinaia contro la guerra
Oggi un corteo di diverse centinaia di persone ha attraversato le strade antistanti alla stazione militare di Sigonella per pretendere la chiusura di questa base, del Muos e di tutte le installazioni militari sul territorio insulare e peninsulare.
Di fronte alla recente escalation di tensione fra Stati Uniti ed Iran, era necessario ribadire l’avversità alla guerra imperialista e opporsi all’esistenza delle 113 basi militari statunitensi sul territorio dello stato italiano. Che il drone che ucciso Soleimani sia o meno partito da Sigonella, è assolutamente irrilevante: dalla centralità del Muos per la guerra 3.0 dei droni alla remissività atavica di fronte ai diktat Nato e Usa, lo stato italiano è coinvolto ed è responsabile.
Le goffe posizioni assunte da Di Maio all’indomani dell’attacco iraniano alle basi statunitensi di Erbil e Al-Asad non sono che l’ultima mossa in tal senso. Anche per questo si è voluto porre con forza all’attuale Ministro degli Esteri un aut-aut chiaro ed esplicito: ritiro delle truppe o dimissioni. Il corteo è stato aperto con un intervento e uno striscione di solidarietà a Nicoletta Dosio e a Turi Vaccaro, ad oggi reclus* per la loro opposizione a Tav e Muos: non possiamo non evidenziare come queste lotte siano indissolubilmente legate. Comune e speculare la militarizzazione della base di Niscemi e del cantiere di Chiomonte, comune e speculare la devastazione della Val di Susa e della sughereta di Niscemi: altrettanto identica è la lotta per la difesa e l’autodeterminazione dei popoli e dei territori.
Approfondire le contraddizioni e le affinità del dominio al di qua e al di là dei confini nazionali è l’unico modo di mettere in campo un antagonismo efficace, elidendo al contempo la debolezza atavica di un antimilitarismo peloso da società civile. Le bandiere che sventolavano al di qua dello striscione di testa esprimevano qualcosa di più della consueta attestazione dell’eterogeneità della composizione: i vessilli delle Ypj e delle Ypg sottolineano, se ve ne fosse ancora bisogno, l’esistenza globale di un’alternativa reale e rivoluzionaria, spegnendo in partenza le arzigogolate polemiche di un certo approccio geopolitico sempre più bruno che rosso, le bandiere della Sicilia ribadiscono l’importanza di cogliere le conformazioni che i dispositivi coloniali ed imperialisti assumono alle nostre latitudini. Un anti-militarismo rivoluzionario può darsi solo se concepito come ulteriore lente per leggere la complessità degli assi di dominio: banalmente, non si può ignorare o, peggio, non considerare centrale che la maggioranza delle installazioni militari Nato e Usa sul territorio dello stato italiano sia situata nel Meridione, in particolare in Sicilia ed in Sardegna. Rinchiudere l’effettività di questi dispositivi nell’alterità geografica e concettuale di un tavolo da Risiko impedisce di coglierne il senso profondo, lasciando monca qualsiasi possibilità di azione. Il corteo si è chiuso di fronte ai cancelli della base, presidiata da uno spropositato contingente di forze dell’ordine, con l’obiettivo di mantenere aperta questa crepa: prossimo appuntamento l’11 di Aprile, data in cui il Movimento No Muos ha indetto un corteo nazionale nei pressi della base di Niscemi.
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