Argentina, il governo reprime i lavoratori di Cresta Roja
Con carri idranti e armi con proiettili di gomma, i gendarmi hanno organizzato tre fronti di sgombero, per cui hanno circondato i lavoratori che manifestavano con un blocco parziale del traffico sull’arteria che unisce il sudest del Gran Buenos Aires con la Capitale Federale.
I lavoratori dell’impresa Rasic Hermanos, padroni del marchio Cresta Roja, che ha i suoi impianti a El Jaguel, Ezeiza, questa mattina sono stati sgomberati dalla forza pubblica durante il blocco parziale della strada che hanno effettuato sull’Autostrada Richieri, a pochi metri dall’Aeroporto Internazionale di Ezeiza.
Un forte dispiegamento di uomini della Gendarmeria si è appostato sul luogo fin dalle prime ore del mattino e alle 9.15 è iniziata la repressione per allontanare i manifestanti dalla carreggiata.
Da sei giorni i lavoratori dell’avicola protestavano sul luogo, in attesa che l’impresa pagasse i salari arretrati e riattivasse la produzione per evitare la perdita di circa 3 mila posti di lavoro diretti e altri 2500 indiretti.
Nonostante l’intimazione giudiziaria all’impresa, il ministro del Lavoro Jorge Triaca ha parlato con i lavoratori e gli ha detto: “Per ora non ci sono soluzioni”. È stato allora che hanno deciso di bloccare le due direzioni dell’autostrada, allo svincolo per l’aeroporto di Ezeiza.
La ministra per la Sicurezza, Patricia Bullrich, ha smentito ciò che era successo e con delle dichiarazioni al canale América ha detto: “Non c’è stata repressione. Non si può protestare così. Il conflitto si potrebbe risolvere in un giorno”.
L’impresa negli ultimi anni si porta dietro un deterioramento economico. C’è anche chi afferma che la situazione è peggiorata nel primo semestre del 2014, quando emise assegni senza avere i fondi. Inoltre, ha negoziato di vendere i propri utili ad un altro gruppo, tra cui la leader Tres Arroyos, che detiene il 21 per cento del mercato.
Nonostante ciò, l’argomento della “riduzione di personale” per motivi economici non convince i lavoratori, perché secondo quanto ha accertato En Orsai, “i licenziamenti sono stati nominativi, diretti a quelli che sono malati per le pessime condizioni in cui effettuano i propri compiti”.
Un’altra delle misure adottate dai lavoratori, è stata la consegna di una petizione insieme alle organizzazioni sociali che hanno deciso di accompagnare la protesta.
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