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Bahrain: Formula 1 di sangue

Intanto gli arresti, gli scioperi della fame, gli scontri e il manifestante ucciso non scompongono le autorità del Bahrain e neanche l’organizzazione del campionato, come dire lo “show must go on” , al punto che l’ex-ferrarista e presidente della Federazione Automobilistica Internazionale, Jean Told ha dichiarato che “al massimo il 10 per cento delle persone sarebbero contrarie. Dovremmo penalizzare l’80-90per cento della popolazione? La mia risposta è no, la mia risposta è che c’è un’ampia maggioranza a favore” del campionato. Ma la realtà è un’altra e questa volta l’intelligence del Bahrain sta faticando per non farla apparire agli occhi dell’opinione pubblica internazionale anche grazie alle iniziative di Anonymous che non si sono fatte attendere defacciando i siti della Formula 1, del Ministero degli Interni e della Polizia che oggi è riorganizzata dal signor John Yates, sbirro di Scotland Yard travolto da recenti scandali e oggi a servizio della repressione a Manama.

Il fumo dei pneumatici e delle barricate intorno alla pista di Sakhir continua a salire e ormai sembra davvero essere riuscito a manifestare la vergogna di un Gran Premio che proprio non si doveva fare perché in Bahrain da più di un anno in Pole Position c’è solo la dignità e il coraggio della piazza.

 

Per saperne di più leggi il nostro dossier: Un anno di lotte in Bahrain

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