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Bahrain, la rivoluzione non ancora avvenuta

Ora, in un momento in cui l’imprevedibilità delle nuove sollevazioni di massa nel mondo arabo minaccia la stabilità delle autorità dell’isola, la risposta di queste ultime è stata al tempo stesso feroce ed accuratamente pianificata. Nei giorni scorsi sono stati effettuati nei sobborghi della capitale rastrellamenti a tappeto ed arresti di oppositori, stesi metri di filo spinato e disposti posti di blocco attorno alle aree più ostili al regime. Sono state proibite tutte le manifestazioni ed introdotte nuove sanzioni e pene detentive, come quella che condanna al carcere i tutori dei minorenni coinvolti nelle proteste.

Anche sul fronte mediale si è registrato un salto di qualità repressivo con una combinazione di arresti preventivi di blogger e mediattivisti, di censura di reporter stranieri sgraditi e blocchi settoriali e rallentamenti delle connessioni internet, in particolare di servizi di messaggistica come whatsapp e viber. Non solo: l’azione del regime è stata anche proattiva, con oltre 32 milioni di dollari stanziati in due anni in campagne di public relations; e la coltivazione di una rete di supporter e bot intenta ad attaccare – in modo grezzo ma pervasivo – l’immagine delle opposizioni in rete, attraverso post, clip e documentari. Il caso ha infine voluto che gli sviluppi degli eventi egiziani, con i tragici fatti delle ultime ore, anziché amplificare le proteste abbiano finito per oscurarle.

Di contro il movimento Tamarod, a differenza della sua controparte egiziana, non ha potuto né tatticamente né strategicamente contare sulla sponda delle forze armate locali – di fatto milizie mercenarie reclutate dall’estero a suon di lauti stipendi e diritti di cittadinanza – o tantomeno sull’appoggio degli USA, contrari ad aprire un nuovo fronte di instabilità nel mondo arabo e dediti all’espansione della base della loro 5a flotta nel regno insulare. Il risultato sono state manifestazioni di protesta – catene umane, marce, sit-in di piazza e di famiglie fuori dalle proprie case, chiusura di attività commerciali – diffuse in tutte le città ma contenute nei numeri ed impossibilitate a raggiungere obiettivi più ambiziosi. Tuttavia il sasso è stato lanciato, e la mobilitazione continuerà anche nei prossimi giorni. Avvantaggiarsi della dicotomia violenza-non violenza anziché stigmatizzarla; acquisire consapevolezza dei limiti degli strumenti telematici; saldare e dare nuove forme di organizzazione alle proteste della strada e a quelle della rete: numerose sono le strade che il movimento bahrainita potrà d’ora in poi percorrere per liberarsi della sua tirannia.

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