Battaglia di Al Dashisha. Aggiornamenti dal fronte
Un aggiornamento in presa diretta da due italiani arruolati nelle YPG, le unità di auto-difesa popolare della Siria del nord
Nell’operazione per liberare la zona di Al Dashisha dai miliziani dell’isis, la popolazione locale, con il loro aiuto, sta dando un supporto primario ai combattenti delle Sdf. Senza il loro supporto, colmare la fame, la sete e la stanchezza, dovute dalle temperature che arrivano fino a 50 gradi e alla logistica del cibo che a volte arriva a volte no, sarebbe stato molto più difficile.
Appena giunti nei villaggi liberati, la popolazione civile ci accoglie sempre con chay e saluti di benvenuto, lasciando sempre una stanza, o una casa dove poterci riposare e fare i turni di guardia.
Subito dopo arrivano con materassi e coperte, sempre con il sorriso e con un’ospitalità che ci lascia quasi impressionati.
La mattina appena svegli, ci offrono l’immancabile chay e un’abbondante colazione.
Molte case, per non esser colpite dai mortai e per segnalare la non presenza di miliziani dell’isis espongono una bandiera bianca. Questo facilita il lavoro dei combattenti delle Sdf per non colpire le abitazioni dei civili.
Durante le pause nei villaggi, che possono durare dalle due ore a tre giorni il tempo passa tra turni di guardia, chiacchiere, chay e nel relazionarsi con la popolazione locale.
Certo, per noi internazionali ciò è difficile, non sapendo l’arabo, ma grazie a qualche combattente arabo che parla curdo e che ci traduce, si riesce a scambiare qualche parola.
I civili ci raccontano che in queste zone l’Isis non aveva una presenza fissa, ma a volte appariva facendo giri di ricognizione.
Con lo stato islamico i civili fumavano in casa, di nascosto, se venivano sorpresi gli veniva amputata la mano, oppure se le donne non uscivano completamente coperte, era il marito ad essere punito.
Durante l’operazione sono stati veramente pochi gli sguardi di disgusto e rabbia verso di noi, certo siamo consapevoli che se l’Isis esiste ancora e perché purtroppo c’è un minimo supporto della popolazione.
Fortunatamente l’operazione è proseguita con pochissimi scontri diretti, questo non ci può che rendere felici, e questa la differenza tra noi combattenti dello Ypg e la mentalità militarista dei membri degli eserciti regolari, per noi l’importante è liberare la popolazione,non sparare è combattere.
Meno si combatte, piu felici si è.
Purtroppo in molti villaggi è difficile vedere la presenza di donne, sono poche quelle che escono di casa per salutarci, la mentalità patriarcale non si sconfigge in un giorno o quando si completa l’operazione, e dopo aver liberato un villaggio che inizia il lavoro più difficile, quello di trasmettere i valori della libertà e dell’uguaglianza.
La strada è ancora lunga e molto faticosa, la lotta non si concluderà quando l’Isis sarà sconfitto, ma proseguirà senza sosta, fino a quando il sistema capitalista e patriarcale non sarà sconfitto e tutti i popoli saranno liberi.
Silav u Rez Soresgeri.
Serkeftin
Azadi Pachino
Botan Sandokan
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