Bolivia: tra pandemia e tensioni sociali. Un’intervista per capire meglio cosa sta succedendo
In Bolivia lo scenario sociale e politico già complesso seguito al colpo di stato che ha portato al potere il governo “provvisorio” di Jeanine Áñez, si è ulteriormente infittito a causa dell’ingresso del Coronavirus nel paese. Nelle ultime settimane diverse mobilitazioni spontanee e organizzate hanno avuto luogo in alcune città del paese. Ne discutiamo con Luca Profenna, compagno italiano da diversi mesi in viaggio in America Latina, in questo momento bloccato in Bolivia (come migliaia di altri connazionali all’estero che non stanno riuscendo a rientrare in Italia).
1) Abbiamo visto che in queste settimane si stanno intensificando le mobilitazioni in Bolivia. Cosa sta succedendo? Quali sono i motivi scatenanti delle proteste?
1) In Bolivia dal 17 Marzo siamo in quarantena obbligatoria. Gradualmente è stato istituito un coprifuoco generale con il controllo dei militari armati nelle strade, sono stati sospesi tutti i mezzi pubblici e privati, sia nelle città che da città a città, bloccati i voli nazionali e internazionali. Sono state chiuse le attività commerciali e le fabbriche. Il tutto senza che il Governo abbia realmente messo in atto delle politiche di supporto al reddito. Inizialmente, vinto dalla paura della pandemia, il popolo boliviano, seppure con difficoltà si è chiuso nelle proprie case. Ma la situazione è peggiorata quando, ad Aprile, è cominciata a trapelare la notizia che le elezioni presidenziali previste per Maggio sarebbero state nuovamente spostate. Il mix dovuto alla perdita dei più elementari diritti collettivi e privati, al fatto che numerose famiglie si sono ritrovate a non avere più nessuna forma di reddito e all’ennessimo spostamento delle elezioni, ha di fatto scatenato le prime proteste in Bolivia. La prima città a scendere in strada è stata Riberalta, nella regione di Pando, in Amazzonia. Un corteo spontaneo ma determinato, che chiedeva aiuti alimentari e reddito, che si è scontrato con la polizia e i militari.
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2) Come sta affrontando l’emergenza pandemica il governo autoproclamato di Jeanine Áñez?
2) Il governo autoproclamato della Anez ha di fatto paralizzato un Paese senza offrire aiuti concreti alle famiglie boliviane. Ha istaurato un coprifuoco , un sistema per il quale non si può uscire mai dalle case. Mai. E’ permesso solo recarsi al supermercato o al mercato una volta a settimana, in un orario che va dalle 7 alle 12, in base al numero finale del documento di identità. Tutti i media e i quotidiani della Bolivia sono stati “presi” dal “governo di transizione” e a tutte le ore raccontano della quarantena e della pandemia. Parlare di altro o di elezioni pare non essere permesso. I tamponi non vengono eseguiti e si è creata una spettacolarizzazione (tramite foto, video e interviste) delle “medidas de seguridad”, ovvero delle misure di sicurezze messe in atto dalla Anez. Misure di sicurezza che non servono a nulla. Ad esempio vengono affumicati mercati e supermercati, vengono creati dei posti di blocco fittizi, ogni giorno i militari, sempre ripresi dalle telecamere, inondano le strade di liquidi non bene identificati. Questo basta alla Anez per rendere il tutto un grande show, e provare a tenere il popolo boliviano attaccato alla tv, facendo vedere che il suo governo sta facendo di tutto per la sua gente.
La verità è che è tutto un grande bluff e il governo attuale non è stato in grado in due mesi di mettere in atto nessuna forma rilevante di aiuto economico e sociale. In diretta nazionale la Anez ha presentato un mese e mezzo fa il “Bono de Familia”, un aiuto di 500 bob (circa 65 euro). Questo bonus si può richiedere solo se si ha nel nucleo famigliare un figlio. E questo bonus non va alla persona, ma all’intero nucleo famigliare. Pensate, quindi a tutte quelle persone che non hanno figli, e sono escluse da ogni tipo di aiuto. Ma allo stesso tempo, pensate come si possa vivere un mese con 65 euro in un nucleo famigliare di due genitori e un figlio. Insomma, un disastro.
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3) Più in generale qual è lo scenario politico e istituzionale che si è dato dopo il colpo di stato contro Morales?
3) Da Novembre 2019 la Bolivia è stata di colpo stravolta da diversi aspetti. In primo luogo, questo doveva essere appunto un governo di transizione, che aveva il solo compito, secondo anche la stessa Anez di traghettare il popolo boliviano alle elezioni. Di fatto non è avvenuto e questo governo autoproclamato ha iniziato a legiferare. In soli 5 mesi ha, per esempio, approvato una decine di leggi speciali in cui molti terreni pubblici di El Alto, Pando, Potosì e altre regioni sono stati venduti e/o dati in gestione a titolo gratuito a enti privati e a personaggi di spicco della grande industria capitalista boliviana e occidentale. Qualche giorno fa è stato emesso il Decreto Supremo 4332 con il quale il governo golpista approva la produzione e l’uso di semi OGM (dalla canna da zucchero al mais) favorendo le grandi industrie a discapito delle migliaia di piccole comunità locali ( soprattutto Ayamara e Quechua ) che lavorano la terra.
Tra Gennaio 2020 e Marzo 2020 sono stati modificati, tramite decreti supremi (una sorta del nostro DCPM), diverse leggi approvate dal 2007 al 2019 dai precedenti governi Morales. Sono stati inseriti , dalla Anez, nomi di spicco della destra boliviana ultracattolica nella Polizia di Stato, nell’Esercito e nei servizi della Difesa. Più volte il governo di transizione ha provato a coprire nelle cerimonie ufficiale la bandiera Whipala, che è inserita per legge da ormai un decennio come bandiera ufficiale dello Stato Plurinazionale della Bolivia e che rappresenta gli antichi popoli andini uniti.
In tutto ciò le destre, che a Novembre 2019 erano unite contro Evo Morales, ad oggi risultano sparpagliate, divise e l’una contro l’altra. I candidati alla Presidenza sono otto, di cui sei a rappresentanza delle destre. Negli ultimi sondaggi il Mas, era dato al 33%, seguito dall’omofobo e sessista Mesa al 18 % e dalla stessa Anez al 16 %.
4) I disordini più significativi si sono verificati per ora a Cochabamba che in un primo momento è stata anche una delle città più attive nelle proteste pregolpe contro il governo di Morales. Come ti spieghi questa traiettoria? Che ruolo sta giocando il MAS nelle mobilitazioni?
4) Quello che sta succedendo nelle ultime settimane è lo specchio di qualcosa che in molti e molte si aspettavano. Il Mas, negli ultimi anni di governo, stava piano piano implodendo, preso da bieche interne, corruzione e da una fortissima centralizzazione del potere attorno alla figura di Evo Morales. Tutto questo ha portato i movimenti sociali, collettivi e parecchie associazioni Quechua e Aymara ad allontanarsi dal partito di Evo, togliendo il loro essenziale appoggio. Parecchie persone , soprattutto nelle città fuori le due metropoli La Paz e Santa Cruz , vedevano quindi di buon occhio un cambiamento di leadership in Bolivia e hanno appoggiato i primi moti pregolpe a Novembre 2019, quasi a scatola chiusa, senza sapere in verità chi fossero i vari Mesa, Camacho e Anez. In quel mese l’esercito ebbe un ruolo fondamentale nel golpe e le destre dipinsero l’esercito e le forze armate come salvatori della patria. Oggi, però a distanza di qualche mese dai questi fatti, le stesse persone che avevano in qualche modo appoggiato l’ascesa della presidenta Anez si sono ritrovate non solo ad essere completamente abbandonate dal governo attuale, che non ha mantenuto le promesse delle elezioni e di un cambiamento, ma addirittura lo stesso esercito tanto osannato dalle destre è diventato il braccio armato di uno Stato che annienta i più basilari diritti del popolo stesso. I fatti di Cochabamba vanno inseriti in questo contesto. Una città, Cochabamba, chiamata fino a qualche tempo fa Ciudad Jardin, ricca e centro nevralgico della produzione agricola e petrolifera. Dove il malcontento è salito vertiginosamente in questi due mesi. Non è un caso che le prime persone a scendere nelle strade di Cochabamba siano state operai, agricoltori e tutte le lavoratrici e i lavoratori colpiti dalla crisi pandemica ma ancora di più dalla crisi sociale ed economica.
Il Mas, nello scenario attuale, prova a canalizzare su di sé questa forte rabbia e insoddisfazione. In verità, nonostante il partito di Morales sia molto presente nelle stratificazione sociale del Paese, le proteste hanno ancora da una parte un forte carattere spontaneo e dall’altra parte la grande spinta di movimenti, collettivi e associazioni legati ai territori. Senza queste ottiche sarebbe impossibile provare a decifrare ciò che sta succedendo nel Paese Latinoamericano. Seppur ci siano molte contraddizioni e all’apparenza queste due cose sembrino diverse, lo spontaneismo radicale delle proteste e i movimenti sociali e le numerose associazioni sono, ad oggi, la chiave di volta per leggere e comprendere non solo i fatti di Cochabamba ma tutto il contesto boliviano.
5) Quali sono le strategie di lotta che stanno mettendo in campo i boliviani al tempo della pandemia? Come stanno affrontando il rischio epidemico le organizzazioni e associazioni comunitarie di movimento in Bolivia? In che modo sono coinvolte nelle proteste?
5) I movimenti, le associazioni e i comitati presenti in Bolivia restano, a mio avviso, un qualcosa di unico nel panorama politico e sociale latinoamericano. Mentre in Argentina, Cile, Messico, Colombia (solo per citarne alcuni) forse sono un qualcosa di più immediato da decifrare, in Bolivia i movimenti sono molteplici e tutti con strutture legate al territorio senza una particolare organizzazione centrale. Fa un po’ eccezione Ni Una Menos Bolivia, che un po’ come in tutto il mondo, ha diversi nodi territoriali e una sorta di coordinamento nazionale.
I movimenti sociali a difesa dei territori hanno una potenza enorme. Sono praticamente in tutte le regioni della Bolivia, dalle Ande fino in Amazzonia e hanno un grande protagonismo dei popoli quechua, aymara e guaranì. Sono movimenti autorganizzati che lottano per difendere le proprie terre, autogestiscono con la collettività scuole ed educazione, si prendono cura della pachamama, hanno formato mercati popolari e reti di acquisto solidale e all’interno hanno spesso delle forme di sindacalismo molto ben strutturate e forti. Un esempio sono i minatori di Potosì o le associazioni e i collettivi sul lago Titicaca. Sono pochissimi i casi di occupazione di edifici o spazi. Soprattutto le culture aymara preferiscono rimanere in stretta relazione con la natura e quindi, anche le assemblee, ad esempio, vengono fatte all’aperto, nelle campagne, nelle piazze. Sono movimenti che stringono relazioni importanti con la collettività e la solidarietà attiva è una delle armi principali. In questi mesi vissuti in Bolivia la cosa che mi ha più, da un punto di vista emozionale, sconvolto è la capacità dei movimenti di diventare in breve tempo comunità. Una cosa simile, con le dovute differenze ovviamente, la si può forse rivedere in Italia nel movimento No Tav.
Tutti questi movimenti, per un decennio hanno appoggiato il Movimento Al Socialismo di Evo Morales, seppur di rado entrando nel partito stesso. Da qualche tempo invece sono in rotta con il Mas, reo colpevole di essere diventato un partito di burocrati, spesso corrotti, e di aver smarrito la bussola delle lotte confederali. Durante questi due mesi, i movimenti hanno continuato a supportare le popolazioni, fornendo dispositivi di protezione individuali per difendersi dal Covid19 e facendosi carico, con una capillare autogestione, del problema del reddito: spese collettive e solidali, vertenze lavorative, gruppi di sostegno psicologico e molto altro ancora. E sono gli stessi movimenti a chiedere a gran voce nuove elezioni e la caduta del governo della Anez. Il dato interessante è che qui in Bolivia si sono iniziati a rompere i divieti e le imposizioni militari, assieme e collettivamente. E questa novità ha colto di sorpresa il governo. Che sta facendo fatica ad arginare le proteste e che anzi, aumentano di giorno in giorno in tutto il Paese.
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6) Quali potrebbero essere secondo te gli scenari a venire?
Lo slittamento delle elezioni presidenziali e la crisi sociale ed economica dovuta allo scoppio della pandemia di coronavirus in Bolivia mescolata all’inadeguatezza del governo autoproclamato della Anez, ha di fatto ricompattato i movimenti sociali, le associazioni e buona parte del Mas. A questi pezzi importanti , si sono aggiunte migliaia di persone lontane da tempo da dinamiche di movimento e/o di partito, che spontaneamente stanno iniziando ad organizzare , via social e via informale, cacerolazi, petardazi ( lanci di fuochi d’artificio in strada dalle proprie finestre) e cortei un po’ ovunque. Di pari passo, la Anez sta cominciando a perdere il già risicato appoggio che aveva a Novembre 2019. E non curante di tutto ciò, continua a mandare l’esercito in strada armato. Tutto questo , a breve, andrà a sfociare in un “paro” generale ( le boliviane e i boliviani parlano di paro quando un intero Paese si blocca, scendono nelle strade in cortei selvaggi e marciano verso La Paz) Se da una parte sono convinto che queste mobilitazioni mettano in risalto la grande dignità dei movimenti e dei popoli boliviani, dall’altra non posso che evidenziare quanto sia complesso il tutto, con migliaia di persone “costrette” a scendere nelle strade con il rischio di aumentare il numero degli infetti di covid19, per difendere i propri diritti e per lottare sostanzialmente per l’accesso al cibo, al reddito, al lavoro.
Nel frattempo, ho compreso ormai da tempo che tra il Mas e questo governo fantoccio di ora, c’è una marea di gente, vite, a volte dimenticate, contadini, donne e uomini, lavoratori e lavoratrici, ultime e ultimi, che per arrivare a fine mese, qui in Bolivia, devono lottare con i denti. Solo per vivere. Io sto con loro. Con le loro comunità. Con i loro movimenti. Con le loro realtà autorganizzate.
Ringraziamo Luca anche per i video e le foto che ci ha messo a disposizione
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