InfoAut
Immagine di copertina per il post

Cosa sappiamo del programma di controllo biometrico dell’esercito israeliano sui palestinesi

||||

Negli ultimi due anni i militari israeliani hanno messo in atto un ampio programma di sorveglianza biometrica sui palestinesi dei territori occupati della Cisgiordania. Il programma integra tecnologie di riconoscimento facciale in una rete di videocamere urbane e smartphone utilizzati dai militari.

Di Carola Frediani per Valigia Blu

Questi ultimi, attraverso un’app chiamata Blue Wolf, fotografano le facce dei residenti e le cercano su un database di immagini e di profili. Che è a sua volta una versione ridotta di un archivio più ampio, denominato Wolf Pack, e soprannominato informalmente da alcuni ex-soldati il “Facebook segreto per palestinesi”. Wolf Pack infatti conterrebbe più informazioni: non solo la foto e il nome della persona ma anche la sua storia famigliare, dati sulla sua educazione, i suoi contatti e un punteggio relativo alla pericolosità. Alla fine della ricerca nel database, l’app Blue Wolf segnala con dei colori in stile semaforo al militare in strada se l’individuo ritratto deve essere fermato, arrestato o lasciato andare.

È quanto emerge da un’inchiesta del Washington Post, che ha raccolto materiali e testimonianze da ex-membri dell’esercito israeliano e dall’associazione di veterani critici dell’occupazione Breaking The Silence. Per velocizzare la costruzione di questo archivio, i soldati hanno fotografato i palestinesi per strada, ingaggiando anche competizioni fra loro con dei premi per chi raccoglieva più immagini. Si stima – scrive il WaPost – che siano stati ripresi migliaia di palestinesi.

“Mentre i paesi avanzati di tutto il mondo impongono restrizioni alla fotografia, al riconoscimento facciale e alla sorveglianza, la situazione descritta [a Hebron] costituisce una grave violazione dei diritti fondamentali, come il diritto alla privacy, poiché i soldati sono incentivati ​​a raccogliere quante più foto di palestinesi uomini, donne e bambini possibili in una sorta di competizione. I militari devono fermarsi immediatamente”, ha detto al WaPo Roni Pelli, avvocata dell’Associazione per i diritti civili in Israele.

La rete di videocamere in strada

Oltre all’app sugli smartphone chiamata BlueWolf, i militari hanno anche installato delle videocamere dotate di riconoscimento facciale ai checkpoint, ma soprattutto una serie di videocamere sparse nella città di Hebron, dai tetti alle strade. “Un’ampia rete di videocamere a circuito chiuso, soprannominate Hebron Smart City, forniscono un controllo in tempo reale della popolazione della città e, dice un ex-soldato, possono a volte anche puntare dentro le case private”, scrive la testata americana.

Per la Israel Defense Forces (IDF), ovvero per i militari israeliani, si tratterebbe di “operazioni di sicurezza di routine” che sarebbero “parte della lotta contro il terrorismo e gli sforzi di migliorare la qualità della vita dei palestinesi”. Ma secondo le testimonianze di questi ultimi, raccolte dal Washington Post, il progetto avrebbe solo peggiorato la loro esistenza. Diversi hanno spiegato di non sentirsi più a loro agio nel socializzare quando sono all’aperto, consapevoli di essere sempre ripresi. Altri hanno indicato nell’aumentata sorveglianza una delle ragioni che li hanno spinti ad andarsene.

Spyware sui telefoni di attivisti e politici

Le rivelazioni su questo programma arrivano nei giorni in cui è stato ritrovato lo spyware Pegasus, software spia prodotto dalla società israeliana NSO Group, sugli smartphone di sei attivisti palestinesi per i diritti umani, tre dei quali sono membri di note ONG locali che però lo scorso 19 ottobre il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, ha accusato di essere organizzazioni terroristiche. Questa designazione (che è avvenuta successivamente all’hacking dei dispositivi dei sei attivisti, e dopo pochi giorni che uno di questi si era rivolto a degli esperti per controllare il proprio telefono, come ricostruito dalla ONG Frontline Defenders) è stata condannata da altre organizzazioni per i diritti umani, esperti Onu e rappresentanti di diversi governi, e ha preoccupato vari Paesi dell’Unione europea, inclusa l’Italia. “Come viceministro responsabile per la Cooperazione allo Sviluppo non posso che esprimere preoccupazione per la designazione da parte israeliana di 6 ONG palestinesi umanitarie e di difesa dei diritti fondamentali come ‘organizzazioni terroristiche’”, ha dichiarato la viceministra degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Marina Sereni. “Molte di queste organizzazioni intrattengono fruttuosi rapporti di collaborazione con numerosi paesi donatori, inclusa l’Italia, per l’attuazione di progetti di cooperazione allo sviluppo e di assistenza umanitaria”.

Il ritrovamento del software sui dispositivi dei sei attivisti è stato verificato dall’ONG Frontline Defenders (qui report), e poi validato (qui il report tecnico) anche dai ricercatori di sicurezza di Amnesty International e Citizen Lab, specializzati in analisi di malware sofisticati di questo tipo, che sono capaci di sorvegliare tutte le attività di un telefono, dai messaggi alle mail alle foto, o di attivare microfono e videocamera. Uno dei sei attivisti ha anche nazionalità francese, e un altro anche nazionalità americana. Successivamente, il ministero degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha dichiarato che lo spyware Pegasus sarebbe stato rilevato (in questo caso da propri tecnici) anche sui “cellulari appartenenti a tre alti funzionari del ministero”.

La scorsa settimana il dipartimento del Commercio Usa ha aggiunto le società israeliane NSO Group e Candiru, produttrici di spyware, nella sua entity list: vuol dire che le esportazioni da parte di soggetti statunitensi a queste società sono ora soggette a restrizioni. Per il Dipartimento americano infatti le due società agirebbero “in maniera contraria agli interessi di sicurezza nazionale e di politica estera degli Stati Uniti”. Inoltre, scrive ancora il Dipartimento, avrebbero “sviluppato e fornito spyware a governi stranieri che hanno usato questi strumenti per prendere di mira funzionari governativi, giornalisti, uomini d’affari, attivisti, accademici e personale nelle ambasciate”.

Le aziende che lavorano sul riconoscimento facciale

Tornando alle tecnologie di riconoscimento facciale utilizzate dai militari israeliani, indiscrezioni sulla realizzazione di un programma di sorveglianza biometrica nei territori occupati erano già emerse nel 2019. Allora era stata chiamata in causa la società tech israeliana AnyVision (l’inchiesta del WaPost di questi giorni non chiarisce quale sarebbe il fornitore tecnologico del programma, e si limita a citare precedenti indagini giornalistiche su AnyVision).

“Secondo cinque fonti informate sui fatti, la tecnologia di AnyVision alimenta un programma di sorveglianza militare segreto in Cisgiordania”, aveva scritto infatti nel 2019 la testata americana NBC. La società però aveva negato con forza, confermando solo l’utilizzo del suo software ai checkpoint. Prima ancora di NBC era stata la testata israeliana Marker a parlare di un progetto speciale in Cisgiordania, al di là dei checkpoint, in cui sarebbe stata coinvolta l’azienda. E ne sottolineava i legami con gli apparati di intelligence. “Il presidente di Anyvision, Amir Kain, è l’ex-capo del Malmab, il dipartimento di sicurezza del ministero della Difesa. Uno degli adviser di Anyvision è Tamir Pardo, l’ex-capo del Mossad [il noto servizio di intelligence israeliano, ndr]”, scriveva The Marker. In contemporanea a quelle polemiche, Microsoft, che aveva investito nella società, annunciava di cedere le proprie quote nel 2020. E due settimane fa AnyVision ha cambiato nome in Oosto: “Il nuovo nome è stato scelto perché corto, facile da pronunciare e libero da preesistenti associazioni”, ha dichiarato l’azienda.

Più recentemente AnyVision – insieme a un’altra società della difesa israeliana, Rafael – ha creato una joint venture che produce droni e cani robotici da usare in ambiti militari, in cui verranno integrate tecnologie di riconoscimento facciale, presentate come uno strumento in grado di distinguere innocenti civili da altri. Nel frattempo ha anche rifornito gli ospedali di software di questo tipo. Come raccontato da Times of Israel, nel 2020 il più grande nosocomio israeliano, lo Sheba Medical Center a Ramat Gan, utilizzava i programmi AnyVision per condurre indagini epidemiologiche sullo staff. Se qualcuno risultava positivo, il sistema scansionava le registrazioni delle videocamere di sicurezza per individuare le persone che erano state a contatto con l’individuo.

Non è l’unica società israeliana con questo genere di offerta. La startup CorSight AI propone la sua tecnologia di riconoscimento facciale a polizie e apparati di sicurezza, ma anche aziende e autorità sanitarie per la gestione della pandemia. “Se rintracciato un paziente COVID-19 in un’area pubblica, la tecnologia può aiutare a identificare la trasmissione potenziale passando in rassegna le persone che sono state vicine all’individuo malato, per quanto tempo e a che distanza”, dichiarava la società. Mentre tra i casi d’uso pubblicizzati sul suo sito c’è anche l’individuazione di chi violi la quarantena.
CorSight AI nel 2020 ha raccolto 5 milioni di dollari da un fondo d’investimento canadese, Awz ventures, specializzato in intelligence e sicurezza. Il management e gli advisor di Awz includono ex-alti dirigenti dei servizi segreti canadesi e israeliani.

Immagine anteprima screenshot YouTube

Articolo uscito anche nella newsletter Guerre di Rete,  curata da Carola Frediani.  Clicca qui qui per iscriverti.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZAisraelepalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vertice Nato: servili o complici?

Entro il 2035 la spesa militare dei 32 paesi della Nato dovrà raggiungere il 5% del PIL.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Russia formalmente sostiene l’Iran, ma mantiene un difficile equilibrio nello scacchiere mediorietale.

Con l’Iran la Russia ha un accordo strategico che però non prevede l’assistenza militare reciproca formalizzato nel Trattato di partenariato strategico del gennaio 2025, in realtà  è un accorod molto più all’insegna del pragmatismo e degli interessi reciproci anche perchè Mosca continua ad avere buone relazioni con Israele non fosse altro perchè un sesto circa della popolazione israeliana è costituito da russi di origine più o meno ebraica.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Roma: bilancio delle due manifestazioni nazionali di sabato 21 giugno contro guerra, riarmo e genocidio

Sabato 21 giugno, a Roma, si sono svolte due manifestazioni nazionali contro la guerra, il riarmo e il genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: le loro armi, i loro profitti, i nostri morti

Più di 4.000 persone hanno manifestato e portato avanti delle azioni contro l’Air Show di Parigi, il commercio della morte e a sostegno della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA bombardano l’Iran, ogni maschera è caduta

Ieri notte gli USA hanno bombardato tre siti nucleari in Iran, quello di Fordo, di Isfahan e di Natanz ufficializzando di fatto l’entrata in guerra al fianco di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: media e organizzazioni documenteranno con una Missione di Osservazione la persecuzione politica a Eloxochitlán

Si tratta della prima missione di osservazione a Eloxochitlán che sorge “come una risposta urgente” alla violenza politica e giudiziaria contro la popolazione

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Difendere Anan, Alì e Mansour significa difendere la resistenza del popolo palestinese

Udienze ed iniziative all’Aquila Il 25, 26, 27 giugno si terranno al tribunale dell’Aquila tre udienze consecutive del processo ad Anan, Alì e Mansour, tre palestinesi accusati di proselitismo e finanziamento del terrorismo, contemporaneamente si terranno alcune giornate di mobilitazione. La corte ha intenzione di arrivare alla sentenza entro il 10 luglio. Le iniziative proposte […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

l’Occidente che uccide:retoriche vuote per giustificare l’ingiustificabile.

L’idea che si possa “difendere la civiltà” a suon di bombe e crimini di guerra è il paradosso fondativo del progetto coloniale. E oggi è il cuore della propaganda bellica israeliana, e di chi la sostiene in Occidente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello a mobilitarsi contro il salone del Bourget a Parigi.

Dal 16 al 22 giugno 2025, presso il centro espositivo di Le Bourget, a nord di Parigi, si terrà il 55° Salone internazionale dell’aria di Parigi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

MAGA vs neocons: la coalizione trumpiana si spacca sulla guerra all’Iran

Qualcosa di interessante sta accadendo all’interno della coalizione che ha portato alla vittoria Donald Trump: la tentazione di entrare in guerra direttamente contro l’Iran al fianco di Israele sta creando scompiglio.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Montichiari: cancellato il volo con i missili in transito.

Vittoria per lavoratrici e lavoratori. Revocato lo sciopero.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Chi importa in Europa il gas di Israele?

Le guerre di Israele si nutrono anche di gas: quello estratto dai giacimenti offshore di Tamar, Leviathan, Karish e Tanin (questi ultimi contesi con il Libano), e in previsione anche di quello sottratto ai palestinesi nei mari di fronte a Gaza. di Collettivo Gastivists, da ECOR Network Come è noto, nell’autunno 2023 il Ministero dell’Energia […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Una resa dei conti coloniale: come la guerra di Israele contro l’Iran riapre vecchie ferite

Riprendiamo di seguito questo articolo di Soumaya Ghannoushi, apparso su Effimera. Condividiamo in gran parte quanto scritto nel testo e nell’introduzione di Effimera, ci teniamo a sottolineare per quanto riguarda il nostro punto di vista che sicuramente quello del multipolarismo rappresenta un orizzonte del desiderio tra le masse del sud del mondo (ed anche qui […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.