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Dai quattro angoli d’Arabia: il movimento avanza!

 

YEMEN – Altissima la partecipazione alle manifestazioni in tutto lo Yemen venerdì scorso: 200.000 persone (di cui la metà nella sola città centro-occidentale di Taiz, ponte geografico e culturale tra i vari contesti del paese) si sono mosse da piazze e moschee, ma soprattutto da quelle università cardini dell’auto-organizzazione insorgente, per reclamare la fine dei 32 anni di potere del dittatore filostatunitense Saleh – un potere già traballante davanti all’azione di gruppi tribali e separatisti. Alle dimissioni di 9 parlamentari hanno fatto eco violenti scontri nella capitale Sana’a, e proteste nei porti meridionali di Aden e Mukalla.

 

ARABIA SAUDITA – La coraggiosa resistenza Bahrainita ha ispirato un sommovimento a vari livelli nel regno fondamentalista: sulla costiera del Golfo, nelle città industriali e petrolifere di Qatif e Dammam, gli operai e la popolazione locale hanno dato vita a manifestazioni e presidi di solidarietà, che hanno richiamato l’attenzione delle forze di sicurezza, già in allerta per i disordini nei paesi confinanti; nei giorni scorsi anche 600 lavoratori delle costruzioni hanno scioperato a La Mecca, mentre i coordinamenti delle donne hanno aperto nuove pagine web ed indetto iniziative a carattere locale. La paura e l’arroganza degli Al-Saud rispetto a queste ed altre forme di organizzazione a rete delle proteste trapela dal tentativo del re di acquistare Facebook per 150 miliardi di dollari: proprio su quel social network, infatti, è stata lanciata una giornata della collera nazionale per l’11 marzo, a cui si sono aggiunte analoghe iniziative negli Emirati Arabi Uniti ed in Qatar.

 

OMAN – Dopo le pacifiche ed inascoltate manifestazioni degli ultimi due mesi, la rabbia popolare contro il governo e la classe mercantile (ma non ancora contro il sultano Qaboos Al-Said, al trono dal 1970 e senza eredi apparenti) si è scatenata a Sohar, principale porto del paese e centro industriale dell’alluminio: 6 morti tra i manifestanti nell’assalto al palazzo del governo ed alla sede della polizia locali. Tensioni che hanno trascinato la borsa di Dubai al minimo da 7 anni, controllando l’Oman la sponda meridionale dello stretto di Hormuz – attraverso cui il petrolio del Golfo Persico raggiunge tutto il mondo.

 

KUWAIT – Centrali nelle proteste sono stati i “Bidun”, seconde, terze e quarte generazioni di migranti divenute apolidi, usate prevalentemente nei compiti di bassa manovalanza e discriminate nell’accesso ai servizi di base (e dal generoso welfare riservato all’elite dei cittadini kuwaitiani); due morti e decine di feriti nelle zone periferiche di Jahra e Salibiya, in un sussulto di dignità che sembra aver contagiato altri settori della società kuwaitiana, che ai sussidi offerti dal regime per placare le proteste reagisce con la richiesta di dimissioni dell’attuale governo, e della fine della presenza statunitense nel paese.

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