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Egitto: transizione al veleno

Aggiornamento delle 21h: come annunciato Piazza Tahrir si è riempita di milioni di manifestanti, difficile avere delle stime precise ma il colpo d’occhio conferma quanto sperato dai manifestanti coinvolti nelle mobilitazioni di questi ultimi giorni: a Piazza Tahrir sono tornati milioni di rivoluzionari a reclamare il ritorno immediato dei militari nelle caserme e lo scioglimento della giunta militare. Intanto il feder-maresciallo Tantawi in evidente difficoltà si dice pronto a convocare un referendum immediato sulle rivendicazioni della piazza. Sparata propagandistico mediatica che si accompagna alle dimissioni accettate dal governo rese note ieri sera. Vengono confermate le date per le elezioni parlamentari (il 28 novembre) e fissate le presidenziali (fine giugno 2012), notizie che non hanno sortito nessuno effetto sulla piazza che non solo non ha ceduto di un passo alle provocazioni e violenze poliziesche susseguitesi per tutto il giorno, ma ha rilanciato nuove giornate di lotta a partire da domani.

In queste ore i milioni di piazza Tahrir continuano a scandire gli slogan della rivoluzione e ad allestire come mesi fa le tende della lotta. Ormai è chiaro, in Egitto con la rivoluzione sono in tanti, tantissimi a volere andare fino infondo.



La seconda insurrezione di Piazza Tahrir, accompagnata dalla rivolta in corso nelle maggiori città egiziane, riesce a destabilizzare la giunta militare che ancora prende tempo per accettare le dimissioni del governo, mentre conferma il 28 novembre come data delle elezioni parlamentari.

Intanto in piazza si contano decine e decine di morti (le fonti ufficiali parlano di 40 manifestanti uccisi) mentre diversi testimoni e organizzazioni non governative confermano l’uso di gas velenosi impiegati dai reparti schierati dall’esercito per reprimere le grandi manifestazioni ancora in corso in queste ore nel centro della capitale.

Non si tratta di gas lacrimogeni, ma di sostanze dagli effetti paralizzanti in grado di bloccare  il sistema nervoso per ore, costringendo la vittima a ripetuti conati di vomito e a soffocamento. Questa è l’immagine atroce che ci restituisce la transizione democratica egiziana, non troppo dissimile da quella tunisina che a differenza dell’Egitto ha subito una coltre mediatica impenetrabile che ha impedito l’emersione di tante verità ben conosciute (e subite) dal movimento rivoluzionario del piccolo paese magrebino.

Anche in Egitto negli ultimi mesi non pochi rappresentanti di governi occidentali e uomini politici (non ultimi personalità del Partito Democratico italiano) avevano confermato la piena fiducia alla transizione democratica guidata dalla giunta militare, facendo finta di non ascoltare il grido delle piazze e dei tanti manifestanti uccisi da febbraio ad oggi durante iniziative di protesta contro la grande farsa allestita dalle autorità nel post-Mubarak.

Intanto in piazza Tahrir i 20000 che hanno presidiato il grande centro di convergenza dell’insurrezione per tutta la notte, scontrandosi con la polizia, aspettano l’arrivo del milione di manifestanti convocati dallo sciopero generale ,che è stato lanciato sulle barricate dal movimento rivoluzionario egiziano determinato ad andare fino infondo con gli obiettivi della rivoluzione. In queste giornate di lotta durissima il movimento finalmente può riconoscere quanti passi avanti sono stati compiuti dalle giornate di gennaio ad oggi: solo il livello di organizzazione delle lotte costruito in questi mesi tra le università, il pubblico impiego, i servizi e le fabbriche sta permettendo la straordinaria manifestazione di potenza capace di mettere in crisi e destabilizzare le istituzioni egiziane controllate dallo SCAF (giunta militare).

Altro che partito dei bloggers, come certo giornalismo scioccamente continua a definire il cuore dei rivoltosi, in queste ore invece assistiamo alla riemersione di quella potenza collettiva ancora più sedimentata dal lavoro organizzativo di tanti compagni e compagne e militanti che dalla fine di Mubarak non han mai smesso di lottare e organizzare. Che poi queste lotte si rafforzino e articolino anche tramite l’uso di social network e blog questo è tutto un altro discorso ed è legato più alla spontanea intelligenza dei movimenti contemporanei che ad un fantomatico partito dei bloggers, formula capace solo di depoliticizzare e sminuire il grande portato di organizzazione e produzione di soggettività che ha attraversato le lotte di primavera, estate ed autunno in tutto l’Egitto.

D’altronde a guardare bene piazza Tahrir in queste ore, mentre le barricate avanzano in una battaglia ormai giocata metro per metro, si riconoscono i protagonisti dell’insurrezione di gennaio: il movimento rivoluzionario egiziano è riuscito infatti a ricompattare tutte le sue componenti politiche e sociali. Mancavano solo i gruppi ultras delle due maggiori squadre di calcio del Cairo che dopo aver siglato un patto di solidarietà rivoluzionaria sono apparsi ieri notte nelle strade laterali di piazza Tahrir ingaggiando una durissima battaglia con i corpi speciali di esercito e polizia. L’arrivo compatto degli ultras sulle barricate è riuscito a impedire che la situazione precipitasse a favore dell’esercito.

Intanto chi sta a guardare, proprio come durante le lotte di gennaio, sono i Fratelli Musulmani rintanati nei palazzi del partito e ben lontani dal voler entrare in conflitto con la giunta militare, anzi oggi con un comunicato ufficiale hanno confermato di voler rilanciare il dialogo tra le parti, invitando però gli aderenti al movimento a non partecipare allo sciopero generale e al grande corteo del pomeriggio. Lo storico movimento islamista riconferma le proprie posizioni pro-giunta e pro-transizione democratica a stelle e strisce attestandosi in maniera esplicita nel campo contro-rivoluzionario in lineare continuità con le posizioni assunte durante le giornate della collera dello scorso inverno e tra le lotte succedutesi durante tutto l’anno.

Le parti ormai in Egitto sono ben definite, e sulle barricate spinte in avanti da piazza Tahrir neanche il gas velenoso della transizione democratica sembra riuscire a soffocare il grido della rivoluzione che torna a tuonare “il popolo vuole la caduta del regime”.

 

Diretta video della manifestazione di oggi.

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