InfoAut
Immagine di copertina per il post

Gente di Tripoli, danni collaterali

Marinella Correggia da Tripoli per Il Manifesto

In serata il rumore secco di due missili a poca distanza interrompe per alcuni minuti il lavoro del dottor Bashir e delle infermiere nell’ospedale Al Qadra, dove sono ricoverati numerosi feriti (di precedenti bombardamenti Nato su Tripoli, ci dicono). Di giorno nella capitale libica la guerra si vede solo nelle lunghissime code per fare benzina, i molti negozi chiusi o le tende con bandiera verde che costellano giardini pubblici e rotonde (qualcuno ci dorme ogni notte, in segno di «presidio»). In serata le esplosioni – lunedì sera hanno colpito alcuni ministeri e delle case vicine.

La nuvola di fumo si allarga poi si dissolve. Nelle stanze dell’ospedale, vicino a un 69enne che camminava in via Zawya cinque giorni fa (ha una mano spappolata e una ferita all’addome), c’è Munir con sua madre. Il ragazzo ha perso i piedi nel bombardamento del quartiere Tajura il 29 marzo. Sostiene che prima vivevano tranquilli, e che comunque vinceranno. Si fa avanti Wafa, infermiera: «Se ci credete, noi siamo con il nostro leader». Barqa, un’altra infermiera, è marocchina ed è fra i lavoratori stranieri che non hanno perso l’impiego con la guerra. Così anche Suad, cameriera d’hotel (pochissimi clienti però): vedova, ha lasciato due figlie in Marocco: «Mia madre mi chiede cosa ci faccio qua sotto le bombe… e pensare che era un luogo così sicuro Tripoli, una donna poteva camminare da sola la notte e la vita non era cara».

Sono a Tripoli con «Global Civilians for peace in Libia», una delle delegazioni internazionali contro la guerra arrivate nella capitale libica sia per documentare l’impatto del conflitto sui civili libici, sia per sostenere come cittadini l’idea della mediazione e del cessate il fuoco. Nella nostra ricognizione siamo accompagnati da personale del governo libico.

Al suq – vicino a Maidan Saha, piazza dell’orologio, dove i passanti si soffermano davanti alle foto dei «martiri», civili e militari uccisi dalla Nato o dai ribelli e firmano il registro delle condoglianze – il pakistano Naim gestisce un negozietto di oro e argento, adesso in crisi, ma aspetta tempi migliori. Il suq è tranquillo e, come succedeva anche in Iraq, nessuno si mostra aggressivo verso gli occidentali: ma ci sentiamo rivolgere le stesse domande sentite nell’ospedale: «Perché?». Un venditore di piatti di metallo dice: «Gheddafi ha del buono e del non buono, come tutti i governanti del mondo, che c’entrano le bombe? Non so cosa vedere nel futuro».

Un futuro in polvere sembra quello dei lavoratori subsahariani fuggiti dagli scontri nell’est del paese, dalle bombe e dalla disoccupazione: vittime collaterali della guerra, ora stazionano in un campo profughi a Ben Girdan, in Tunisia, vicino al confine libico – li abbiamo incontrati nel tragitto via terra per raggiungere Tripoli. Kofi, del Ghana, faceva l’imbianchino. In Ghana non può tornare, non ci sono prospettive. Ha già provato a partire via mare ma l’hanno respinto – riproverà. Un gruppo di bangladeshi lavorava nell’edilizia a Misrata, sono venuti via sei settimane fa dopo aver cercato invano di farsi pagare dalla ditta. Poco prima, a Djerba in Tunisia, avevamo incontrato due donne libiche: una di loro, Basma Challabi, ci dice di essere fuggita da Bengasi perché la vita vi è troppo insicura, con bande che di notte terrorizzano e uccidono chi sospettano di essere pro-Gheddafi (ne scriveva anche il New York Times giorni fa). Aisha studiava in Gran Bretagna ma sta tornando a Sirte dai suoi: «Perché la Nato fa guerra solo a noi? E il Bahrein, lo Yemen, Gaza? La legge internazionale si applica solo ad alcuni? E poi chi sono questi ribelli che dicono di rappresentare tutto il popolo libico? Questo Hifter che è stato vent’anni in America, dovrebbe rappresentarmi? Perché non si negozia invece di bombardare?».

L’imam predicatore Khaled Mohammed, sopravvissuto all’uccisione di 11 imam a Brega – le fonti libiche dicono che è stato un raid della Nato (che non conferma) – racconta: «Eravamo nel centro residenziale per i lavoratori della compagnia petrolifera, eravamo arrivati in bus da molte città libiche e volevamo andare anche a Bengasi». Lo incontro a una conferenza nazionale di «conoscitori del Corano» che ha portato qui centinaia di persone da tutta la Libia (tocca constatare quanti libici hanno la pelle scurissima!). «Non crederemo più ad alcun governo occidentale e nemmeno a molti arabi», aggiunge l’imam. Si sente tradita anche Reem, tornata a casa, nel quartiere Enzara di Tripoli, dalla Gran Bretagna, dove studiava da ingegnere petrolifero sponsorizzata dalla British Petroleum: nella sua casa piena di parenti venuti per le condoglianze (un cugino 17enne era partito volontario con l’esercito libico ed è morto a Misrata), Reem dice: «Era un problema interno. Invece il mondo l’ha fatto diventare una guerra».

La delegazione internazionale «Civilians for peace in Libya» è stata invitata dall’organizzazione non governativa «Fact Finding Commission on the current events in Lybia» (Ffc), fondata dall’imprenditrice italiana Tiziana Gamannossi che da tempo lavora e risiede in Libia («Se arriva una bomba sulla mia casa sappiate che non mi ha uccisa il regime ma la Nato», dice polemica). Scopo dichiarato della Ffc è «smentire la propaganda di guerra», iniziata in febbraio con la falsa notizia dei 10mila morti e 50mila feriti «vittime del regime», dei bombardamenti di Gheddafi su quartieri di Tripoli, le fosse comuni (tutti fatti poi smentiti): «Sulla base di storie fabbricate dai media, senza verifiche, è stata votata una risoluzione dell’Onu che ha portato alla guerra, ignorando le ipotesi di mediazione», dicono i rappresentanti della Ffc. Citano Human Rights Watch, l’organizzazione newyorkese per I diritti umani, secondo cio da febbraio il conflitto libico ha fatto circa 1.500 morti fra vittime della Nato, ribelli, soldati libici, altri civili rimasti uccisi negli scontri. Hanno realizzato un video per ricostruire gli eventi di febbraio a Bengasi, comprende immagini scioccanti di soldati libici sgozzati dai ribelli («e senza voci di condanna internazionale»).

Intanto la tv libica, nel giorno in cui il procuratore generale del Tribunale penale internazionale Moreno Ocampo dichiarava di avere prove per incriminare Gheddafi e il figlio, ha mostrato la confessione di un presunto ribelle pentito: racconta di taglie per l’uccisione di soldati libici e violenze orribili contro ragazze di famgilie ritenute filo-Gheddafi. Assomigliano molto ad analoghe atrocità attribuite invece ai soldati libici – eppure assunti acriticamente dalla «comunità internazionale». La propaganda di guerra è speculare.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

guerraLibiatripoli

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: Assemblea Popolare del coordinamento cittadino Torino per Gaza

Pubblichiamo il comunicato di invito all’assemblea popolare di Torino per Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: “Show Israel the Red Card”. Il 21 novembre la manifestazione contro la partita di basket Virtus-Maccabi Tel Aviv

Venerdì 21 novembre a Bologna è prevista la partita di basket di Eurolega tra Virtus e Maccabi Tel Aviv, la cui curva è nota per le sue idee suprematiste e razziste.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cameri: manifestazione contro Leonardo e le fabbriche di morte del governo italiano

Il Coordinamento Novara per la Palestina e altre realtà locali hanno organizzato per sabato 15 novembre una manifestazione che partirà dal centro città di Cameri per poi giungere sino alla base militare di Cameri in provincia di Novara composta dall’aeroporto militare e da due stabilimenti Leonardo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele sta costruendo un “muro per l’accaparramento delle terre” nel sud del Libano meridionale mentre continuano gli attacchi aerei

Immagini di un muro in costruzione da parte dell’esercito israeliano nei pressi di postazioni occupate nel sud del Libano sono circolate online, mentre continua la pressione per disarmare Hezbollah

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turisti della guerra a Sarajevo: aperta un’inchiesta, almeno 5 gli italiani coinvolti

Si radunavano a Trieste e da lì partivano per sparare “per divertimento” ai civili insieme ai militari dell’esercito serbo-bosniaco che assediavano la città di Sarajevo.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

DDL NUCLEARE : cosa aspettarci, cosa sappiamo?

Continuiamo ad approfondire e a tenere alta l’attenzione sul tema del ritorno del nucleare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e gas :l’Europa sempre piu’ dipendente dagli U.S.A.

A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10 milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Libertà vigilata

Un inedito maccartismo sta attraversando l’Occidente e, per quanto direttamente ci riguarda, l’Europa, sempre più protesa verso la guerra, irresponsabilmente evocata dalla presidente Ursula Von der Layen come “scudo per la democrazia”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ucraina: logoramento militare sul fronte orientale, esodo di giovani sul fronte interno

La situazione sul campo in Ucraina è sempre più difficile per le truppe di Kiev.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Nuovo DDL nucleare: via libera all’energia dell’atomo in Italia. Alcune considerazioni per prepararsi al contrattacco

Pubblichiamo il primo di una serie di contributi sul tema del nucleare. Questo testo è stato realizzato dal collettivo Ecologia Politica di Torino che prende parte al progetto Confluenza.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

La Procura, la Mafia e il Dissenso in salsa torinese

Domenica 12 ottobre una intera pagina della Stampa di Torino era dedicata al “Dissenso violento”.
Una pagina immonda (così immonda che non ce la sentiamo di pubblicarla) frutto della ormai consolidata collaborazione tra stampa e procura: il giornalista ricopia fedelmente il dispositivo emesso dal Gip, parola per parola, e correda il tutto con fotografie, nomi e cognomi dei giovanissim3 attivist3.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Alba: Blocchiamo tutto! Free Palestine!

Alba. Venerdì scorso un corteo in sostegno alla popolazione palestinese è partito da Zona h (parco cittadino) in direzione del teatro sociale: si inaugurava la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco; oltre al presidente della regione Alberto Cirio, era previsto l’intervento di Paolo Zangrillo ministro del governo Meloni.