La rabbia scorre ancora nelle strade di Ferguson. Altra notte di scontri
Intanto, ieri sono stati resi pubblici i risultati dell’autopsia preliminare, svolta per contro della famiglia del giovane ucciso. L’autopsia rivela che Michael è stato colpito almeno sei volte da colpi di arma da fuoco, quattro volte al braccio destro, due alla testa, fino a garantirgli la morte. I risultati della prima autopsia ha evidentemente generato una nuova ondata di rabbia, la più violenta, secondo alcuni media, dall’assassinio di Michael. Mentre la comunità nera esprime ancora rabbia e indignazione verso l’uccisione di Michael, le tensioni razziali che attraversano la società americana si manifestano sottoforma di riot mentre la polizia trasforma la città di St Luis in un vero campo da guerra con coprifuoco, blocchi, e lo stato d’emergenza proclamato due giorni fa. A rincarare la dose, la notizia di oggi della scelta da parte del Governatore Nixon di mandare a Ferguson la Guardia Nazionale. Una decisione dettata dall’ingestibilità da parte delle autorità di una situazione che non accenna a calmarsi, anzi, si espande in altre città americane, da Chicago a New York, da Baltimora a Minneapolis e Oakland.
La rabbia e il senso di ingiustizia che in questi giorni stanno attraversando lo stato del Missouri e di riflesso, altre grandi città americane, non possono considerarsi solo come diretta conseguenza e risposta di fronte all’uccisione di un altro afro-americano per mano della polizia (Michael è stata la quinta vittima afro-americana negli ultimi due mesi), ma si inserisce in un preciso contesto sociale in cui le tensioni razziali hanno radici più profonde che riguardano l’intera società americana. E mentre St Luis di risveglia all’alba di un nuovo giorno, Ferguson dimostra ora la volontà di una riscatto sociale, alzando la testa di fronte all’ennesima ingiustizia.
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