La rivolta di piazza Taksim si estende in tutto il paese
Notte di scontri anche a Istambul, davanti all’ufficio del primo ministro, mentre la situazione sembra essere stata tranquilla a piazza Taksim, nel centro della capitale, dove il ministro degli interni ha ordinato il non intervento da parte della polizia, per garantire la facciata di una piazza apparentemente calma. In altre zone invece gli scontri proseguono e l’uso della forza da parte della polizia continua ad essere molto duro, non solo ad Istambul, ma anche ad Ankara, Dadana, Antalia, e in moltissime altre città (più di 90 in tutto), sintomo di un malessere diffuso nella società turca.
Nella giornata di ieri ad Ankara le manifestazioni sono continuate per tutto il giorno, e con il calare della notte, la polizia ha duramente attaccato le migliaia di persone con cannoni d’acqua e lacrimogeni. A Smirne, i manifestanti hanno lanciato bombe molotov negli uffici del partito Akp provocando piccoli incendi. A Istanbul, sono state danneggiate le fermate dei bus e diverse strade dove i manifestanti hanno letteralmente strappato i segnali stradali per costruire barricate. Sempre nella notte, le strade intorno all’ufficio del premier Erdogan sono state isolate mentre i poliziotti hanno usato gas lacrimogeni per respingere l’avanzata dei manifestanti. Il bilancio sarà di molte altre persone ferite, oltre 1500 persone fermate, e 4 morti (l’ultimo confermato solo alcune ore fa).
La protesta quindi continua a crescere, ed è evidente che la questione relativa al Gezi Park sia stata in qualche modo la miccia che ha acceso la rabbia della popolazione che ora si riversa nelle strade; una rabbia frutto di una politica marcia, quella condotta da Erdogan negli ultimi 10 anni, basata su principi conservatori islamici, e responsabile della disoccupazione, della precarietà e della repressione. La collera sociale che sembra crescere inesorabilmente, è da inserirsi quindi in un contesto più complessivo, e a testimoniare ciò, sono proprio i protagonisti delle rivolte che in diversi punti del paese di stanno dando: giovani non politicizzati, partiti della sinistra radicale, militanti del partito di opposizione, movimento per i diritti civili, per il diritto alla casa, lavoratori, ecc… Tutti soggetti che delineano una composizione eterogenea e che danno una valenza particolare di quanto sta accadendo in questi giorni in Turchia, nonostante i media mainstream cerchino di trasformare e ridurre il carattere delle manifestazioni basandole su mere questioni ambientaliste.
Sono inoltre evidenti le difficoltà del premier turco a gestire la situazione, e lo dimostrano, nelle ultime ore, le dichiarazioni ridicole che attribuiscono le responsabilità delle rivolte a “collegamenti esterni” e a “gruppi di estremisti”, invitando allo stesso tempo la popolazione alla calma. Ma viene difficile pensare che le tattiche di Erdogan, che altro non fanno che dimostrare l’incapacità di gestione, possano davvero risolvere la situazione attuale in Turchia. Per domani e per oggi infatti, altre manifestazioni si svolgeranno in diverse città, mentre la rabbia, ed è davvero il caso di dirlo, non accenna a diminuire, ma a crescere.
Molotov alla sede del partito di Erdogan
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