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Marocco. Lotta di classe e repressione

Casablanca è tradizionalmente il cuore delle lotte dei lavoratori, in un paese dove i “diritti” sindacali sono più leggeri della carta dove sono scritti. Chi si iscrive al sindacato, partecipa a lotte e scioperi, rischia di essere licenziato.
Lo stesso diritto di espressione svanisce di fronte a qualche slogan di troppo nei confronti di re Mohamed VI, che, al di là della patina innovatrice, mantiene un controllo ferreo sul paese.
Il 6 aprile, al termine della manifestazione, nonostante non vi fossero stati scontri, la polizia ha fermato 15 manifestanti, per gli slogan del settore più radicale del corteo. Nel mirino della polizia soprattutto quelli diretti contro la monarchia e il capitalismo.
Ad otto di 15 fermati il tribunale ha confermato ieri gli arresti.
La durezza degli apparati repressivi, anche extralegali, emerge anche dalle morti “sospette” di due attivisti. Uno morto in carcere, l’altro trovato per strada, dopo aver ricevuto minacce durissime, nel caso avesse continuato a partecipare alle lotte.

Ne abbiamo parlato con Ahmed, un torinese di origine marocchina, che in queste settimane è in visita alla sua famiglia ed ha partecipato alla manifestazione del 6 aprile.

Ascolta la diretta:

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Fonte: Radio Blackout

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