Oaxaca: militarizzazione e provocazione
Bisogna osservare, in primo luogo, il carattere estemporaneo del citato scritto, fatto che rende manifesta, quanto meno, una grave anomalia istituzionale. Si deve ricordare che nelle strade della capitale oaxaquegna la presenza dei militari c’è da almeno il 7 giugno, facendo parte di una criticata operazione per proteggere l’effettuazione delle elezioni federali, e da allora i soldati, i poliziotti federali e gli agenti della Gendarmeria sono rimasti nello stato.
C’è l’impressione che ciò che il governo di Cué abbia voluto fare è di rivestire di legalità, a posteriori, una decisione presa soprattutto dalla Federazione, che ha leso l’ordine istituzionale oaxaquegno e ha messo da parte in modo inutilmente indebito i poteri di questa istituzione sovrana, violando chiaramente il patto federale.
Nello stesso contesto di disordine istituzionale si inquadra la richiesta al Congresso statale affinché i suoi membri si uniscano alla richiesta formulata da Cué. Bisogna ricordare che è la Legislatura locale, e non l’Esecutivo, a cui tocca sollecitare la presenza nello stato di polizia e militari; fino ad ora, nonostante ciò, non c’è traccia che il Legislativo oaxaquegno abbia richiesto la presenza federale nello stato, per cui risulta illegale.
La mancanza di rispetto delle formalità istituzionali, della legge e della sovranità dello stato dovrebbero essere sufficienti per rifiutare la presenza militare nell’Oaxaca, ma a questo si aggiunge la mancanza del diritto e la stupidità politica di questa misura. In effetti, se qualcosa è stato messo in evidenza nelle manifestazioni effettuate dalla CNTE, a causa della scomparsa dell’IEEPO, è il loro carattere pacifico. Non c’è ragione, pertanto, per dare a questa organizzazione un trattamento equiparabile a quello di minaccia alla sicurezza nazionale con l’invio di forze armate. Suddetta fermezza, al contrario, costituisce in questo momento –un aumento di focolai di tensione e scontento sociale, insicurezza e violenza– una provocazione e un messaggio azzardato: che l’ostilità sociale e politica viene perseguita con una forza e una determinazione che lo stato non dispensa, per esempio, nel perseguire la delinquenza.
È necessario che le autorità federali riflettano e correggano gli errori commessi nell’Oaxaca, incominciando dalla propria decisione di militarizzare la capitale di questo stato. Il governo statale, da parte sua, dovrebbe focalizzare i propri sforzi, non con estemporanee falsificazioni per dare una copertura legale a situazioni evidentemente anomale, ma cercare una via d’uscita negoziata e pacifica al conflitto che c’è nello stato. L’Esecutivo statale farebbe bene a ricordare che nel 2010 l’egemonia priista nell’Oaxaca ha potuto essere sbaragliata a seguito di una convergenza tra la sinistra elettorale e un crogiolo di movimenti sociali come quelli che ora sono osteggiati da poliziotti e soldati.
16 agosto 2015
La Jornada
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