Sullo stato d’emergenza in Ecuador
Il 18 ottobre il presidente Guillermo Lasso, nella rete nazionale, ha firmato il Decreto Esecutivo 224 con il quale si dispone che le Forze Armate agiscano nelle strade di tutto il paese, con la giustificazione di un grave turbamento sociale e della delinquenza organizzata.
Colettivo Desde El Margen
Questo Decreto risponde al contesto in cui il governo, a quattro mesi dall’insediamento, ha subito una crisi carceraria che ha fatto più di 130 morti nelle carceri di tutto il paese, e anche lo scandalo dei “pandora papers”, dove il presidente è uno dei coinvolti nei paradisi fiscali. La debolezza politica che ha dimostrato il governo di Lasso, che non è potuto giungere nemmeno al più minimo accordo con gli attori politici rappresentati nell’Assemblea Nazionale e ancor meno con gli attori sociali, ha portato a che l’unica soluzione possibile sia la violenza legalizzata e legittimata da parte dello stato verso i settori impoveriti e razzializzati, che nel loro corpo incarnano la spoliazione e il sospetto.
Il governo dell’Ecuador sta dimostrando con questo modo d’agire -molto simile alle dittature degli anni 70 e ai governi contemporanei di Colombia, Brasile, Cile e Messico- che l’utilizzo del discorso della sicurezza, per instaurare la paura giustificando la militarizzazione dei quartieri, delle comunità e dei territori come meccanismo di controllo, è la sua strategia per mantenersi al potere. Molto di più in questo contesto di pandemia, dove la crisi si è acutizzata generando la precarizzazione della vita; e tenendo conto della recente storia delle esplosioni sociali nell’Abya Yala (tra il 2019 e il 2021), che hanno dimostrato la capacità mobilitatrice e spontanea dei popoli di fronte alla spoliazione.
In questo scenario, lo stato ecuatoriano, seguendo il copione della guerra contro la delinquenza e il narcotraffico, sta normalizzando la presenza e la repressione da parte delle forze dell’ordine, garantendo l’impunità con l’instaurare un sistema di difesa di tutti gli abusi militari e polizieschi.
Di fronte a questo è urgente da parte del movimento sociale pensare allo stato d’emergenza al di là della mobilitazione, ma nel quotidiano della vita, dove noi popolazioni più impoverite saremo le più colpite.
21 ottobre 2021
Desinformémonos
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