I fatti. Intorno le quattro e mezza di ieri pomeriggio si presentano dei carabinieri al presidio NoMuos in c.da Ulmo. Cercano un ragazzo reo, a loro dire, di non essersi fermato ad un posto di blocco nonostante l’Alt degli agenti. Il ragazzo spiega che nessun Alt era stato intimato a quella macchina e che quindi, nessuno era scappato. Vengono chieste le generalità e si procede ad identificazione e controllo dei documenti. Ma l’attivista ventiduenne non ha con sé la patente – dimenticata a casa – per cui i carabinieri gli comunicano che dovrà seguirli al commissariato niscemese per ulteriori accertamenti. Una volta lì però i “controlli di routine” si trasformano immediatamente in altro. Il ragazzo diventa bersaglio per agenti della Digos di schiaffoni, insulti. Questi infatti accompagnano il giovane attivista in un buio stanzino (forse un archivio) e lì al grido di “non sapete con chi avete a che fare” lo colpiscono facendogli urtare la testa contro un armadietto di ferro. Rilasciato, trova all’uscita molti altri attivisti NoMuos che, accortisi delle escoriazioni in testa, lo convincono ad andare in ospedale dove resterà 48 ore complessive per accertamenti.
Fa sorridere – anche se amaramente – la replica alla diffusione della notizia affidata alla Questura di Caltanisetta: “non ci risulta – dicono gli agenti – che siano avvenuti simili fatti”. E aggiungono “non è nostra abitudine”… frase che si commenta da sola.
Ben poco si può aggiungere a notizie e avvenimenti come questi. Potremmo solo effettuare un grande (ma forse non azzardato) volo ideale e ricollegare questa vicenda a ciò che, a partire dalle mobilitazioni in Turchia di questi ultimi giorni (ma col pensiero anche al caso-Cucchi, alle sentenze per il g8 di Genova), riguarda il dibattitto (molto opinionistico-virtuale) sul tema “polizia violenta”. Perché importante potrebbe essere ricordare a chi oggi pensa che la polizia turca stia reprimendo più violentemente di quanto si faccia da altre parti che in realtà in Italia tanto meglio non è, anzi. Nostrane storie passate e storie molto recenti non si discostano affatto dai tanti comportamenti polizieschi che oggi fanno “indignare” tanta società civile locale.
Ancora una volta forse serve approfittarne per ribadire che come più cresce un movimento, più dura sarà la risposta degli apparati di governo; più brutale sarà la repressione. Peccato (si fa per dire) che ai NoMuos, alla Turchia in rivolta, e a tutti noi, ciò non ha mai fatto paura. Perché più un movimento è forte, più è inarrestabile dalla repressione.
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