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Al maxiprocesso esce finalmente il caso della velocità e delle modalità dei processi contro i notav

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Nell’ultima udienza dell’appello bis del Maxiprocesso contro i notav finalmente ha fatto notizia un fatto palese ma sempre osteggiato dalla corte e dalla procura.

E’ il giudizio e il metodo applicato nei processi notav ad essere ancora una volta messo in discussione grazie alle parole pronunciate da uno degli avvocati notav, che è stato denunciato dalla PM Quaglino.

Il maxiprocesso si riferisce alla resistenza notav nei giorni del 27 giugno e del 3 luglio 2011, lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e al successivo assedio al cantiere.

Un processo che ha visto oltre 50 imputati, svoltosi nella fase di primo grado nell’aula bunker del carcere delle Vallette, dove si sono alternati Pm e capi procuratori nel fare a gara a chi riusciva a proporre pene sempre più alte.

47 imputati erano stati condannati a pene complessive per 140 anni.

Nel mese di aprile del 2018 la Cassazione annullò la dura sentenza emessa dalla Corte d’appello di Torino nel 2016, rinviando a processo 33 imputati, su 35 ricorsi in totale.

Per quelle giornate, in cui in tanti e tante si adoperarono per la difesa della libera Repubblica della Maddalena, le sentenze in appello emesse dal pg Saluzzo partivano da 4 mesi fino ad arrivare ad oltre 4 anni di prigione.

Condanne pesanti che non hanno trovato, però, riscontro nella Cassazione che rinviò il processo in appello, smontando di fatto l’impianto accusatorio della procura di Torino.

Oggi si dibatte l’appello bis e del pool di Pm con l’elmetto è rimasto uno sgradito ricordo.

Rinaudo nonostante le sue amicizie (leggi Le strane amicizie del pm Rinaudo (dossier completo)), è uno dei responsabili dell’Unità di Crisi regionale incaricata di coordinare la azioni durante la pandemia (e questo non ci fa stare sereni), e si occupa dell’area giuridico-amministrativa, che accanto al coordinamento legale si occuperà della scuola, degli stranieri e della popolazione senza fissa dimora, delle carceri e dei comizi elettorali.

L’altro, Padalino, è finito in disgrazia, coinvolto in due diverse inchieste definite la “cricca dei favori” all’interno del sistema giudiziario torinese.

Per entrambi sono diversi i fatti che li hanno sfiorati in carriera, che a nostro avviso, non ne dipingono mai un ritratto fatto di quell’integrità che forse chi rappresenta la legge dovrebbe avere (o forse no vista la legge?).

In tutti questi anni il pool notav, voluto dall’allora Procuratore Generale Giancarlo Caselli, ha denunciato, incarcerato e fatto condannare a pene spropositate centinaia di notav, sempre con astio e una particolare vocazione alla punizione.

Magari il perché ce lo dirà la storia, che piano piano ci sta dando una mano.

Ma tornado all’ultima udienza del processo l’avvocato Bertone ha sollevato alcuni dubbi che ritrovano riscontro in numerosi fatti mai ammessi come atti ai processi: quando un militante No Tav finiva indagato, le indagini erano veloci, quando invece era parte offesa, il contrario. Il Procuratore generale Francesco Saluzzo, in aula al fianco dei sostituti Carlo Maria Pellicano e Nicoletta Quaglino ha chiesto di mettere a verbale le parole pronunciate da Bertone per l’ulteriore domanda alla corte (presidente Franco Greco) di mandare gli atti alla Procura di Milano.

Detto che i giudici hanno sempre respinto l’acquisizione di alcuni atti, viene citata una comunicazione del 12 maggio 2014 inviata dall’allora Procuratore generale Marcello Maddalena al pm Andrea Padalino, in merito a un’istanza di avocazione avanzata dalle storiche attiviste No Tav Dana Lauriola e Nicoletta Dosio. Che avevano sporto querela, ma senza vederne le sorti: «Con la presente, scriveva il Pg, prego di voler fornire informazioni, il più sollecito possibile, circa lo stato del procedimento in oggetto indicato e la presumibile conclusione delle indagini preliminari: conclusione che era stata più volte oralmente preannunciata, però senza che poi alle promesse seguissero i fatti».

O ad esempio vogliamo parlare della  gestione “singolare” della Procura dell’Operazione Hunter? O forse dei 4357 Lacrimogeni lanciati nella giornata del 3 luglio?

Insomma la velocità dei processi e dei procedimenti nei nostri confronti è sempre stata ben pianificata da chi ci ha sempre accusato e condannato e forse sarebbe ora di prenderne atto pubblicamente, anche in quelle aule dove ci vengono comminati anni di galera come se piovesse.

La storia sicuramente ci darà ragione, ma intanto, è necessario darle una spinta, e se veramente gli atti saranno trasmessi alla procura di Milano come chiesto, allora ci sarà la possibilità di entrare nello specifico delle modalità e della velocità dei processi contro i notav, riparlando magari anche delle numerose archiviazioni delle denunce sporte dai manifestanti (vedi il video Archiviato).

Da notav.info

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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