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La strana storia del finanziere notav

da: notav.info

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Qui sotto, l’articolo sulLa Stampa del giornalista-questurino Massimo Numa:

Aiutava la moglie No Tav. Finanziere spia per amore

Maresciallo sotto accusa:passava informazioni ai comitati

TORINO – Era un maresciallo della Guardia di finanza, ora immediatamente trasferito nel Nord-Est dai suoi comandanti, la (presunta) spia dell’ala più estremista del movimento No Tav. Più volte, con un telefono cellulare e forse anche attraverso contatti diretti (sono ancora in corso indagini), avrebbe informato alcuni soggetti del movimento di ogni dettaglio utile per contrastare l’azione delle forze dell’ordine, sia per quanto riguarda l’operazione di sgombero del presidio della Maddalena, il 27 giugno, sia soprattutto quella per difendere il cantiere della Torino-Lione dal tentativo – fallito – di riconquistarlo, il 3 luglio scorso, dove sono rimasti feriti centinaia di poliziotti, carabinieri e anche molti Baschi Verdi, colleghi dello stesso maresciallo. A spingerlo a fare la spia sarebbe stato l’amore per la moglie contraria alla Tav.

Una squadra di detective inter-forze ha perquisito la sua abitazione, sono stati acquisiti telefoni e anche un pc. I vertici della Finanza non hanno perso un solo istante e ne hanno deciso il trasferimento dalla caserma della cintura torinese dove, sino a pochi giorni fa, aveva un ruolo di responsabilità. Tanto da partecipare alle riunioni preliminari in questura, in cui venivano discussi i particolari non solo dell’ordinanza del prefetto in cui erano tracciate le linee guida dei vari interventi ma anche quelle più strategiche, dove venivano decisi movimenti e dislocazione delle forze dell’ordine sul terreno.

Il maresciallo avrebbe così messo in condizione i capi dell’ala violenta dei No Tav, compresi i 300 black bloc arrivati da ogni parte d’Italia e anche da Paesi europei, di guidare i manifestanti nei settori meno difesi del cantiere. Si spiegherebbe così, o almeno in parte, il flusso di estremisti, protetti da caschi e maschere anti-gas, armati di spranghe, fionde, bombe molotov e ordigni esplosivi, nelle aree di Giaglione e della Ramats. Da quest’ultima area, proprio quella degli insediamenti preistorici, i Black Bloc avevano tentato l’assalto più violento e distruttivo. Il movente del sottufficiale, sino a ieri assai stimato, appare per il momento incerto. L’ipotesi è che avrebbe voluto compiacere, in qualche modo, la moglie, a quanto pare militante No Tav, ma l’autore delle comunicazioni proibite sarebbe proprio lui. E non la consorte.

I primi sospetti erano arrivati grazie a un preciso report relativo a un’assemblea, avvenuta durante i 45 giorni della ex Libera Repubblica della Maddalena. Uno degli esponenti più autorevoli del movimento aveva comunicato «di avere appena ricevuto da un “amico” notizie sui piani degli sbirri». Poi aveva elencato una serie di dati precisi, il numero esatto di poliziotti, carabinieri e finanzieri, gli orari dei cambi-turni, la dislocazione dei reparti all’interno del cantiere, su tempi e modi delle operazioni. Così era partita la caccia alla talpa, in cui tutte le forze dell’ordine, in primo luogo la Digos, hanno collaborato senza risparmiare energie, in un clima di grande collaborazione. E senza sconti per nessuno.

 

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