Trivelle, ennesimo volta faccia gialloverde
Raggiunto il compromesso tra Lega e Movimento Cinque Stelle sulla questione trivelle dopo giorni di attrito e la minaccia del Ministro dell’Ambiente Costa di dimettersi.
L’accordo tra i due partiti prevede la sospensione delle ricerche in mare per 18 mesi di idrocarburi e un aumento dei canoni di concessione di 25 volte rispetto a quello corrente. Al di là dei litigi interni alla maggioranza, la questione trivelle è l’ennesimo volta faccia compiuto dai due partiti, che tre anni fa si erano espressi a favore dell’abrogazione, mediante referendum, della legge che estendeva le concessioni petrolifere fino all’esaurimento dei giacimenti stessi, approvata dal governo PD guidato da Renzi.
Nel dibattito per raggiungere l’accordo non è stata mai presa minimamente in considerazione la volontà espressasi in quell’occasione di fermare l’ennesimo scempio ambientale ai danni dei territori, infatti il tutto si è articolato unicamente attorno alla quota di aumento dei canoni di concessione per lo sfruttamento degli idrocarburi e la successiva raffinazione sul suolo della penisola. La terra, evidentemente, si vende.
Dopo il Tap, il Terzo Valico e i continui tentennamenti sul TAV Torino-Lione ancora una volta i “partiti del cambiamento” mantengono la linea dei precedenti governi, dimostrando una volta di più l’ipocrisia di una politica, a cui dei territori e della qualità della vita delle persone non interessa minimamente niente. Il cambio di posizione della Lega non sorprende, visto il suo bacino elettorale e gli interessi economici di cui è stata voce negli ultimi anni. Altro discorso invece riguarda il M5S che per raggiungere gli scranni di governo ha attinto a piene mani dalle lotte per la difesa contro gli stupri ambientali e che ha sempre millantato il lancio di un nuovo paradigma di sviluppo armonioso fondato sulla valorizzazione del territorio.
La sospensione delle trivellazioni per 18 mesi è fumo negli occhi per non presentarsi alle elezioni europee con un ulteriore punto del precedente programma elettorale non attuato, ovvero la cancellazione del programma di sfruttamento dei giacimenti fossili. Le forze di governo, come per altre questioni, rimandano la decisione a un prossimo momento post-elettorale, a rappresentazione plastica di un governo che, prendendo tempo, palesa senza ritegno la mancanza di volontà di opporsi frontalmente ai potentati economici italiani mentre vagheggia senza ritegno di quelli francesi. Ancora una volta emerge la subalternità dei cinque stelle alla componente leghista, che i suoi risultati li porta a casa in maniera definitiva mentre i grillini guadagnano al massimo temporanei rinvii e promesse, tra eterne analisi sui costi per la collettività e benefici per le imprese della devastazione dei territori.
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