Ferguson, migliaia al funerale di Mike Brown
L’ultimo saluto al giovane coincideva ieri con la riapertura delle scuole ma la chiesa in cui si è tenuta la cerimonia era ugualmente strapiena, tanto che migliaia di persone sono dovute rimanere all’esterno. Familiari, amici, ma anche registi, rapper, e le famiglie di Sean Bell e Trayvon Martin, anche loro vittime della violenza della polizia. Assente invece il governatore Jay Nixon, che nei giorni scorsi aveva imposto il coprifuoco e inviato la guardia civile a reprimere duramente la rivolta esplosa a Ferguson in seguito alla notizia dell’uccisione del ragazzo. A chiedere che il governatore non si facesse vedere al funerale del figlio sono stati gli stessi genitori di Mike Brown, comprensibilmente contrari all’idea che Nixon o altre autorità si presentassero a versare lacrime di coccodrillo dopo aver usato il pugno di ferro contro la popolazione di St. Louis e aver di fatto difeso l’operato della polizia.
La giornata di ieri non ha visto scontri per le strade della città, così come richiesto dal padre di Mike, ma la rabbia era tanta e la si leggeva nei volti dei tanti presenti, nelle magliette con stampato il volto del giovane e la scritta “RIP Mike Brown” e “Don’t Shoot”, così come nelle mani alzate che si levavano all’esterno della chiesa, il gesto diffusosi nelle proteste delle scorse settimane contro la violenza della polizia.
Nel frattempo, nonostante l’autopsia abbia confermato che il ragazzo è morto per il proiettile sparato alla testa, l’agente che l’ha ucciso è stato semplicemente sospeso dal servizio e poi svanito nel nulla per tenerlo lontano dai riflettori e dalle proteste, e ci vorranno mesi prima che si giunga ad una sua eventuale incriminazione. Non solo: la macchina del fango messasi in moto dopo l’ennesima vicenda di abuso e violenza da parte delle forze dell’ordine sulla popolazione afroamericana non si è arrestata nemmeno nel giorno del funerale di Mike. Un articolo apparso ieri sul New York Times ha tentato ancora una volta il solito infame gioco di ribaltare le parti, affermando che la giovane vittima “non fosse un angelo” e che avesse avuto problemi con droga e alcol (come se questo, peraltro, potesse giustificare il fatto di averlo freddato in mezzo a una strada), insistendo sulla vita privata del ragazzo piuttosto che sulle responsabilità del suo assassino e della polizia tutta.
Dopo il funerale, gli studenti dell’università di St. Louis hanno lasciato le classi per radunarsi all’esterno del campus e partire in corteo aderendo all’iniziativa lanciata con l’hashtag #HandsUpWalkOut, che nei prossimi giorni dovrebbe coinvolgere altre facoltà in giro per il paese.
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