La caparbietà di Ilaria, la codardia dei Carabinieri
Il fisico palestrato immortalato in spiaggia, degna di una foto per pubblicizzare una casa produttrice di costumi da bagno, era evidentemente sul profilo dello stesso aspirante modello. Il carabiniere, vistosi rimbalzato su ogni testata giornalistica, si è precipitato a toglierla e nello stesso tempo tramite il suo legale ha formalizzato una denuncia nei riguardi di Ilaria Cucchi ”per le sue affermazioni e per le numerose e gravissime ingiurie che sono state rivolte a lui e ai suoi familiari a seguito e a causa della Signora Cucchi”.
Forse è l’immagine che più ci si attendeva e che meglio si addiceva, quanto meno per uno di loro, quella dello sbirro tutto muscoli e niente cervello. Sul fatto che ci fosse stato un abuso da parte dei CC non vi era dubbio e le parole all’interno delle intercettazioni emerse negli ultimi giorni hanno fatto capire che cosa sono stati capaci di fare sul corpo di Stefano e come si fossero studiati anche un piano per tirare a campare (“ci diamo alle rapine”).
Al di là della valanga di commenti (alcuni del tutto condivisibili) apparsi in seguito alla pubblicazione, la questione di fondo rimane la pochezza di questi individui che continuano ad essere in servizio, spalleggiati dai loro colleghi nei secoli fedeli, mentre tra i comuni mortali basta molto meno per perdere il posto di lavoro. E’ stata la stessa Ilaria Cucchi a sottolineare poi che se si fosse trattato di un comune mortale a quest’ora non solo sarebbero usciti i nomi e le foto delle persone coinvolte, ma sicuramente si sarebbe anche concluso il processo con tanto di condanna. Invece a distanza di anni per il caso Cucchi ci troviamo ancora a parlare di soli indagati, personaggi senza arte né parte pronti ad indossare una divisa per poter accomunare lo stipendio con qualche potere in più, in questo caso sperando che quella divisa li protegga per quel pestaggio che in quella tragica notte ha spento la vita di Stefano.
Incapaci di assumersi le proprie responsabilità rispetto a quello che hanno fatto, tentano di rimanere il più possibile anonimi, salvo poi scandalizzarsi di fronte a quella che è una semplice foto di una persona con un nome ed un cognome. Ma si sa che ci sono persone che si prestano più alla vita nell’ombra che alla luce del sole e che agiscono e si sentono forti solo in branco.
Di seguito riportiamo i messaggi postati da Ilaria Cucchi sulla sua pagina Facebook, da quello che accompagnava la foto del carabiniere a quelli in cui spiega il senso della propria scelta di fronte alla polemica che ne è seguita:
“Volevo farmi del male, volevo vedere le facce di coloro che si sono vantati di aver pestato mio fratello, coloro che si sono divertiti a farlo. Le facce di coloro che lo hanno ucciso”.
Dopo una serie di commenti pesanti indirizzati verso il carabiniere la sorella scrive: “Non tollero la violenza, sotto qualunque forma – precisa – Ho pubblicato questa foto solo per far capire la fisicità e la mentalità di chi gli ha fatto del male, ma se volete bene a Stefano vi prego di non usare gli stessi toni che sono stati usati per lui. Noi crediamo nella giustizia e non rispondiamo alla violenza con la violenza”.
A chi le chiede se avesse senso pubblicare la foto lei risponde:”Il senso è che Stefano era la metà di questa persona”.
In serata, decide di rompere ancora una volta il silenzio: “Sto ricevendo numerose telefonate anche di giornalisti su questa fotografia – scrive – La prima domanda che mi pongo è: se fosse stato un comune mortale, cioè non una persona in divisa, non ci si sarebbe posto alcun problema. Ho pubblicato questa foto perché la ritengo e la vedo perfettamente coerente col contenuto dei dialoghi intercettati e con gli atteggiamenti tenuti fino ad oggi dai protagonisti. Il maresciallo Mandolini (il primo indagato tra i militari, ndr) incurante di quanto riferito sotto giuramento ai giudici sei anni fa e non curandosi nemmeno della incoerente scelta di non rispondere ai magistrati ha avviato un nuovo processo a Stefano e a noi, che abilmente sarà di una violenza direttamente proporzionale alla quantità di prove raccolte contro di loro dai magistrati. E quindi io credo che non mi debba sentire in imbarazzo se diventeranno pubblici anche i volti e le personalità di coloro che non solo hanno pestato Stefano ma pare se ne siamo addirittura vantati ed abbia.o addirittura detto di essersi divertiti”. “Di fronte al possibile imbarazzo che qualcuno possa provare pensando che persone come queste possano ancora indossare la prestigiosa divisa dell’arma dei carabinieri io rispondo che sono assolutamente d’accordo e condivido assolutamente questo imbarazzo” scrive ancora la Cucchi.
Concludendo poi: “Quella di avere pestato Stefano è stata una scelta degli autori del pestaggio. Quella di nascondere questo pestaggio e di lasciare che venissero processato altri al loro posto è stata una scelta di altri. Così come quella di farsi fotografare in quelle condizioni e di pubblicarla sulla propria pagina Facebook è stata una scelta del soggetto ritratto. Io credo che sia ora che ciascuno sia chiamato ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Accollandosene anche le conseguenze. E il fatto che questo qualcuno indossi una divisa lo considero un’aggravante non certo un’attenuante o tantomeno una giustificazione”.
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