“Non so dove abbia trovato la forza, dopo 32 giorni di sciopero della fame. E’ uscito alla finestra e ha urlato: “Fino alla Vittoria. Fino alla Fine. I compagni da sotto hanno ricambiato: “Fino alla vittoria, Kostas. Fino alla fine”.
Mi è venuto un nodo allo stomaco. Kostas quando dice fino alla fine intende fino alla morte. E la morte per la libertà è vittoria. Non ho potuto urlarlo però. Lo voglio al nostro fianco vivo.
Libertà per Kostas Sakkàs.
G.K “
Un ragazzo giovane, detenuto per due anni e mezzo, con delle accuse pesanti per partecipazione ad un’organizzazione terrorista, ma senza un processo e una condanna, con la presunzione di innocenza che lampeggia sopra la sua testa, come l’insegna di un neon. Un ragazzo in sciopero della fame da trenta giorni. Sciopero vero, che ha portato alla perdita di 13 kili, che secondo i medici dell’ospedale Statale di Nikea può provocare in qualsiasi momento un arresto cardiaco. E allora, tutto questo non fa notizia per i media del sistema, né tanto meno appare tra le notizie di carattere medico: non gli hanno dedicato nemmeno un centesimo del tempo che hanno dedicato al malfunzionamento gastrointestinale di Antonis Samaras [qui il rapporto del medico di Sakkas, n.d.t.].
Il responsabile più probabile del silenzio dei media è l’ESR [Consiglio Nazionale Radiotelevisivo della Grecia, n.d.t], che chiede di non trasmettere notizie negative, perché una cosa del genere nuocerebbe all’immagine della Grecia all’estero. Comunque sia, la morte lenta di un ragazzo di ventinove anni, per fame, è un fatto triste. Se esce fuori può cacciare via gli investitori, perfino Captain Jiafu della Cosco [la Cosco è la più grande società marittima statale della Cina, che ha comprato il molo numero II del porto di Pireo, n.d.t]. Ah, scusate, dimenticavo, quello là lo aveva già cacciato via il Partito Comunista cinese e credo che non lo rivedremo. Né noi, né nessun altro.
E no! Per nessun motivo gli stranieri devono venire a sapere che nella Grecia del “success story” un giovane sta morendo lentamente dalla fame. Soprattutto, nessuno deve sapere che Sakkas rifiuta il cibo, perché è in carcere preventivo da 30 mesi, senza un processo, e perché hanno trasformato la sua detenzione preventiva in una pena. Soprattutto non devono sapere che il partito che governa, Nea Dimokratia, ha già emesso una sentenza, condannandolo per il reato speciale dell’anarchia. Cosa dicono su Sakkas gli altri due ex e attuali soci Pasok e Dimar? Per il momento tacciono. Ho paura, però, che se parlassero, direbbero qualcosa riguardo alla “teoria degli opposti estremismi”.
Questo succede nel paese del diritto e di Solonas. Ma non vi preoccupate compatrioti, gli stranieri non verranno a sapere nulla, né voi verrete a sapere qualcosa, niente agiterà il vostro sonno. A meno che non leggiate il Guardian, quell’organo inglese del diavolo che una volta rivela le torture dei detenuti e l’altra gli scioperi della fame: “Behind the anarchist’s hunger strike is the tale of his illegal detention. It would have sounded unbelievable in the recent past” (Dietro lo sciopero della fame dell’anarchico, c’è la storia della sua detenzione illegale. Nel passato recente una cosa del genere sarebbe sembrata incredibile”).
Non so perché, sarà forse per motivi psicologici, ma quando leggo in inglese che “nel passato recente una cosa del genere sarebbe sembrata incredibile” mi ferisce di più che se lo leggessi in greco. Abisso dell’anima umana.
Yorgos Anadranistakis
Fonte: avgi
Traduzione di Atene Calling